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Gay pride: un’occasione persa

Perbenismo e pavidità del Comune di Rovereto.

Gay Pride", ovvero orgoglio gay, delle lesbiche dei/delle transgender. Sabato 9 giugno, cinquemila persone hanno rivendicato a Verona, (città dove la Lega non perde occasione per mostrare la propria intolleranza verso ogni tipo di diversità) la piena cittadinanza delle persone a prescindere dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Insomma, una manifestazione contro la discriminazione, contro gli atteggiamenti pregiudiziali, spesso latenti, che l’omosessuale subisce quotidianamente nella nostra società.

Il consigliere comunale roveretano di Rifondazione Comunista Donatello Baldo, gay dichiarato, ha chiesto al sindaco Maffei, tramite un documento sottoscritto da una quindicina di consiglieri di maggioranza, la fascia tricolore per rappresentare ufficialmente il Comune di Rovereto alla manifestazione di Verona. Maffei, margheritino cattolico, imbarazzato dalla richiesta in quanto lungi dal cogliere l’importanza civile e culturale che avrebbe assunto tale iniziativa per la città di Rovereto, ha creduto di cavarsela con una battuta dicendo che la fascia l’avrebbe adoperata lui al convegno del Rotary Club. Invece di affrontare con serietà la legittima richiesta di Baldo, il sindaco ha giocato a sminuirne e a mortificarne il significato, come si trattasse d’una provocatoria ragazzata.

La vice sindaco Donata Loss, di professione insegnante, ci mette del suo e, "scordatasi" di essere anche delegata alle pari opportunità per il Comune di Roveretononché membro della commissione provinciale per le pari opportunità, è a sua volta intervenuta sulla stampa locale dichiarando:"Ci sono problemi più importanti".

A tale lapidaria dichiarazione ha fatto eco un toccante intervento di un giovane, Cristian Padovan, il quale tra l’altro dice: "Non è un problema la questione dell’omosessualità. Non è un problema quando io, che sono gay dichiarato, giro per l’Italia e incontro ragazzi di Rovereto che di nascosto vanno via da casa per uno o due giorni per poter incontrare qualcuno dei compagni, per poter parlare, per incontrare degli amici con cui poter esprimere se stessi, dove nessuno li conosce."

Ma la ciliegina sulla torta ce la mette l’assessore al decentramento Giacomino Filippi dello stesso partito di Baldo: "Loro sono orgogliosi di essere gay e io sono orgoglioso di non esserlo". Per poi aggiungere una frase degna del peggior leghismo: "Si sostengono i gay, le lesbiche, gli extracomunitari e va bene. Ma chi sostiene chi lavora e i pensionati?" Già, gli extracomunitari non andranno mai in pensione e voi avete mai visto un gay che lavora?

Dopo questa figuraccia, la Giunta si è poi riunita in conclave, e ha negato sì senza una motivazione plausibile, la fascia tricolore di rappresentanza al consigliere Baldo, ma si è per lo meno espressa con un documento apprezzabile per l’apertura dell’istituzione comunale verso le differenze, siano esse razziali, culturali, etniche o di comportamento sessuale. Il documento inizia così: "Della vostra manifestazione abbiamo colto…" e si conclude: "Con i migliori auguri per la vostra manifestazione."

Quei due aggettivi possessivi racchiudono il documento ed emblematicamente stigmatizzano il nocciolo della questione, e ne fanno emergere la contraddizione. Il consigliere Baldo aveva chiesto di rappresentare ufficialmente Rovereto al Gay Pride affinché non fosse soltanto la manifestazione dei gay, bensì un incontro della società civile tutt’intera che si oppone alla discriminazione dei comportamenti sessuali. Questo era il senso della manifestazione cui Rovereto era stata chiamata ad aderire ufficialmente.

Per il momento accontentiamoci che la carta di Nizza (un’anticipazione della Costituzione Europea) sancisca la non discriminazione dei comportamenti sessuali tra i diritti civili del cittadino e che varie direttive europee invitino gli Stati membri a rimuovere ogni ostacolo affinché ognuno goda della piena cittadinanza. Forse l’Amministrazione di Rovereto, città della Pace e dei diritti dei Popoli, ha perso un’occasione per dimostrare nei fatti quella cultura del rispetto dei diritti della persona che enuncia nell’articolo 2 del proprio Statuto. Di occasioni comunque ce ne saranno ancora. Intanto accontentiamoci di averne parlato.