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QT n. 15, 15 settembre 2001 Servizi

Un insolito museo di valle

A Cavalese si apre un laboratorio artistico dedicato a Bruno Munari.

A inizio estate il Comune di Cavalese ha inaugurato il "Centro d’Arte moderna", con centinaia di lavori, dipinti, studi e proposte dell’artista Bruno Munari ospitati in uno dei palazzi più importanti del capoluogo fiemmese, palazzo Firmian

"Abitacolo", di Bruno Munari.

Il Trentino si arricchisce così di un nuovo riferimento museale d’arte moderna, questa volta situato nella periferia, un centro che vuole essere laboratorio, luogo che stimola interesse e crescita culturale, che diventa momento di apprendimento anche manuale, spazio di sperimentazione, raccogliendo in tal modo l’espressione più genuina della genialità di Munari.

Non stiamo parlando di un artista molto conosciuto. E’ un uomo che ha lavorato appartato, privo dei momenti di esibizione dei suoi contemporanei, una persona pacata, dotata di una comunicativa sottile, leggera. Anche per questo suo modo di porsi è stato definito un artista anomalo, che più che opere ha costruito un metodo, portando nell’arte il mondo della scienza grazie alla sua provenienza da studi tecnici, rompendo confini e consuetudini, modellando materiali e forme: la sua curiosità, il suo intuito, centinaia di prove lo hanno spinto sempre oltre confine, riuscendo a portare l’estetica nel mondo della macchine, nei tanti materiali usati fino allora ritenuti impraticabili per l’arte, nell’inventiva di colori. Solo attraverso la ricerca tecnica arrivava ad offrire il risultato finale, a costruire coerenza formale, a far vivere l’estetica. L’intera sua vita artistica è stata quindi un’esplorazione approfondita dell’espressività, un vagare da una disciplina ad un’altra, ma sempre con metodo. Più che investire nel bello ha voluto offrirci "l’opera giusta": così amava definire i suoi lavori.

Bruno Munari.

Nel convegno di inaugurazione del museo a Cavalese, Munari è stato definito "l’ultimo artista senza marchio". Certo, la sua presunta assenza di specifica identità, l’impossibilità di catalogarlo in un filone o in una corrente, lo priva del marchio. E questa è stata la sua grande invenzione, la sua creatura principale, mentre il marchio prendeva ovunque il sopravvento (si guardi a Depero per rimanere in casa), Munari sviava e si liberava della pesante catena. Ha creato senza un riferimento ideale, seguendo la gioia infantile della scoperta, fino a leggere in ogni opera una forma sempre nuova. Un uomo senza regole, ieri e tanto meno oggi, non viene storicizzato. Ha così beffato gli artisti e, azione questa comunque meno difficile, i critici.

E’ ovvio come la critica si sia trovata a disagio davanti al personaggio. Accuse di semplicismo e faciloneria, equivoci, invidie, hanno tenuto lontano per lunghi anni Munari dall’attenzione dell’opinione pubblica più vasta. Allora, e forse anche oggi, non era consentito fare arte esplorando e specialmente divertendosi.

Il centro di Cavalese ci permette, grazie alla quantità di materiale esposto e alla qualità, di leggere il suo metodo nascosto, cosa che la critica poche volte è riuscita ad afferrare, e si entra così in un viaggio che ti fa volare in una infinità di sollecitazioni e di pratiche.

Accanto alle opere di Munari, inoltre, troviamo importanti lavori di altri artisti nazionali, da Depero a Fontana.

E’ importante leggere queste pagine dalla periferia trentina, stupefacente per tanti versi. Vediamo dunque come siamo arrivati ad avere il museo a Cavalese.

Il prof. Giancarlo Baccoli per tutta la vita ha tessuto rapporti con le avanguardie artistiche italiane e specialmente milanesi; ha avuto quindi la possibilità di conoscere direttamente Munari e di seguirlo in tanti passi della vita. Nel frattempo ha collezionato opere, le ha raccolte e portate nel paese che ha scelto come luogo di ferie e riposo, Cavalese appunto. Lasciare questo materiale rinchiuso in magazzini rappresentava un’oscenità e certamente un’offesa per Baccoli: fin dal 1994 egli ha quindi contattato l’amministrazione comunale proponendo una collaborazione per aprire una sorta di museo-laboratorio.

Quell’anno il Comune lavorava nel preparare la mostra su Unterpergher con l’intenzione di affermare turisticamente il paese attraverso una serie di esposizioni che riscoprissero i fasti dell’unica scuola pittorica del Tirolo, quella di Fiemme. Il tutto veniva letto certo come investimento turistico, ma anche come opportunità culturale per la popolazione locale nel ricercare radici autentiche, passione verso l’arte e la propria storia.

L’area ambientalista, nell’incontro con il prof. Baccoli, aveva quindi l’intenzione di costruire un percorso che riportasse in vita la storia pittorica della valle per camminare fino all’arte moderna e, attraverso le intuizioni di Munari, suscitare interesse nei giovani, nei ragazzi della scuola d’arte di Pozza o della Val Gardena.

Caduta quella giunta, il percorso si è interrotto e come è stato più volte sottolineato dal sindaco nel corso dell’inaugurazione, il museo è ora solo attrattiva turistica, certo spazio di ricerca, certo laboratorio, ma specialmente investimento turistico. Il tutto è quindi stato privato della radice storica.

Sono stati cancellati lavori di ricerca fondamentale. In Comune è andata perso il catalogo delle opere di pittori fiemmesi presenti in valle, i collezionisti privati contattati tra il 1994 e il ‘96 sono stati dimenticati. Eppure, nelle case di Fiemme sono distribuite circa 300 opere storiche, duecento in una sola collezione che nessuno può visitare. Alcuni di questi privati, specialmente chi dispone della collezione più importante, se contattati dall’amministrazione erano disponibili a collaborare per ricostruire l’intera storia artista della valle. C’è il patrimonio della Comunità di Fiemme, che troverà spazio dopo la ristrutturazione del palazzo, c’è una biblioteca, un tesoro di tremila volumi, la biblioteca Muratori (lo straordinario illuminista che lavorò alla corte di Vienna), sconosciuta perfino agli abitanti del paese.

Non sarebbe stato complicato costruire un percorso che dal 1600 arrivasse all’arte moderna, alla proposta Munari. E’ anche semplice comprendere come una persona della qualità e della saggezza di Munari si sarebbe solo sentita onorata di far parte di una simile traccia. Ed era questo il modo più genuino che poteva giustificare un impegno finanziario e logistico del Comune, la costruzione di uno spazio artistico che ora sembra imposto alla collettività, che il residente non capisce e non frequenta, che sente lontano dalla sua cultura.

Il museo dunque, per come è stato istituito, corre il grave rischio dello scollamento dalla realtà culturale presente e probabilmente in tempi anche brevi dovrà essere rivisto nella collocazione e nella funzione, anche perché, dal punto di vista turistico, difficilmente porterà quei vantaggi che il sindaco si attende.

Certo, chi sperava che nell’edificio delle vecchie scuole superiori si aprissero spazi sociali fondamentali per la collettività, dall’asilo nido alla sede delle associazioni, ha subito un’ulteriore delusione. Non esce deluso invece chi aveva bisogno di trovare spazi adeguati per esporre il suo patrimonio artistico, chi, comunque in buona fede, ha lavorato per anni per recuperare il significato più autentico dell’essere artista, significato ben leggibile nell’opera di Munari.

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