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QT n. 16, 29 settembre 2001 Monitor

Una bugia, cioè una mancata verità

Una convincente messa in scena del GAD di Trento: "Sinceramente bugiardi" di Alan Ayckbourn.

"Voglio una pièce che faccia ridere la gente quando le vacanze estive sulla spiaggia sono guastate dalla pioggia" - sentenziò Stephen Joseph; e Alan Ayckbourn proprio non se la sentì di contrariare il facoltoso proprietario del teatro di Scarborough, che portava (e porta), guarda caso, il suo nome. Nasceva così, nel ’65, "Meet My Father - Relatively Speaking", la più celebre commedia degli equivoci del drammaturgo inglese, che dopo repliche su repliche col bello e cattivo tempo, approdò in Italia divenendo un sibillino "Sinceramente bugiardi". Il titolo originale è intraducibile: "relatively" significa "a proposito di", ma anche, con un gioco di parole, "dal punto di vista dei parenti". Azzeccatissimo, dato che Greg, il protagonista, crede fino all’ultimo che l’amante della fidanzata sia invece suo padre, mentre il presunto "padre" scambia lui per un fantomatico amante della moglie… il tutto con annessi e connessi.

Se la trama promette bene, gli attori del G.A.D. mantengono meglio.

Maria Bruna Fait è una Sheila formidabile. Fresca e innocente, femminile e matura, eppure ancora adolescente in certi tratti del carattere, proprio come Ayckbourn l’aveva immaginata. Accanto a lei il marito Philip, ironico, coi piedi per terra. Riccardo Gadotti è perfetto nel suo personaggio lontano anni-luce da sentimentalismi e facili sogni di gioventù. Bravo anche Mauro Gaddo nei panni d’un simpatico quanto ingenuo Greg, mentre Veronica Vianini è un’ambigua e innamorata Ginny, sebbene non sempre in forma.

Il dramma si regge sulla recitazione e la scenografia è ridotta all’osso, a sottolineare l’importanza del gesto, della parola, rispetto a ciò che li circonda. Alberto Uez, come sempre regista e sceneggiatore, ha voluto sul palco solo un tavolo, delle sedie e alle spalle le bianche e "vetrate" costruzioni in legno di Fabio Giuliani. Un accenno di facciata, ma più che sufficiente a evocare un posto senza tempo: case di città e di campagna... luoghi del cuore e degli inganni. Ma non ci avrebbero rapiti senza l’ efficace traduzione di Luigi Lunari. Allusioni e doppi sensi scorrono limpidi, senza nulla togliere al garbo e all’ironia del miglior Ayckbourn, nonostante il testo inglese presenti già dal titolo non poche difficoltà.

Serio, scrupoloso il G.A.D., e alla mano. Alla fine dello spettacolo (e di "Viktor e Viktoria", di cui parliamo a fianco) la compagnia ha offerto al pubblico un bicchiere di spumante, nell’atrio dello Sperimentale.

Come resistere all’invito? Alla voce calda e familiare di Gadotti? Impossibile.

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