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QT n. 20, 24 novembre 2001 Monitor

Irresistibile Romanovsky

Incanta l'esibizione del premio Busoni 2001, il diciassettenne Alex Romanovsky.

Il giovane Romanovsky incanta il pubblico della Società Filarmonica con un recital di brani talmente conosciuti da essere ricordati a memoria. Questo genere di situazioni getta una luce particolare sull’esibizione di Alexander Romanovsky. Quando si eseguono opere così famose, ogni minima incertezza viene registrata anche dagli ascoltatori più ingenui; inoltre molti ne ricordano versioni famose o possiedono cd in cui il pezzo in questione è eseguito da artisti del calibro di Pollini, Ashkenazy o Gould.

Romanov ne esce vincente. Per il primo premio 2001 del Busoni la sala è gremita e in attesa. Ancora una volta si riconferma la netta preferenza dei trentini per il pianoforte.

Alexander Romanovsky entra formalmente vestito del classico frack, una versione decisamente più elegante della mise che aveva indossato in occasione della breve performance a conclusione del concorso Pedrotti tenutosi in settembre. Sicuro, non esita nel cesellare le prime note della sonata Clair de lune di Beethoven, con studiata lentezza.

Propone i primi voli sulla tastiera con tanta pensosa ritrosia da creare un contrasto assolutamente irresistibile con le cascate di note che si succedono poco dopo. Questa è infatti la specialità del nostro. Forse anche dovuta alla tenera età (appena diciassette anni), la velocità delle dita di Alexander Romanovsky è impressionante. I due scherzi di Chopin (n. 1 op. 20 in si minore e n. 2 op. 31 in Si bemolle maggiore) invece riescono un poco meno convincenti, per alcune sbavature che, lo ripetiamo, sarebbero passate inosservate se si fosse trattato di composizioni meno note.

Nella seconda parte del concerto Romanov scatena tutta la sua potenza. Commovente e intenso nei passaggi lenti, picchia sui tasti con tanta forza da far tremare il parquet e competere con i rumori che, insopportabili, giungono dalla strada (quando non sono le campane del Duomo, si tratta degli schiamazzi di qualche studente; in questa occasione poi sembrava addirittura che ci fosse un camion della nettezza urbana).

Nei creativi arzigogoli che il cervellotico Liszt ( Sonata in si minore) ha creato, non perde nemmeno una semibreve, dimostrando inoltre l’assoluta indipendenza delle due mani, che sembrano a tratti appartenere a due pianisti diversi.

Nel finale, sorridente e silenzioso, Romanovsky concede due bis senza farsi pregare troppo e sono due perle da Chopin, forse per riparare alle piccole sbavature commesse durante il programma regolare.

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