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Il Trentino in edicola

L'esordio dell'Alto Adige con il nuovo nome. Un evento frutto delle dure regole di un'aspra concorrenza, in Italia insolita nei giornali locali. Cosa cambia e perchè.

"Si dovrebbe cambiare il nome di una testata solo perché il suo significato è superato dai fatti? Il Corriere della sera esce la mattina, il Resto del Carlino si compra in euro, non in carlini, eppure nessuno si sogna di cambiarne le testate. E allora, perché noi cambiamo?" - si chiedeva Maurizio De Luca, il direttore editoriale di tutto il gruppo Espresso-Repubblica, giunto a Trento per lanciare il nuovo Trentino. Già, perché l’Alto Adige è diventato il Trentino?

Al di là delle parole alate con cui il nuovo corso è stato presentato, il motivo è brutale: il concorrente L’Adige è in vantaggio ("diecimila copie in più domenica 7 aprile" - ricorda proprio L’Adige, in un velenoso trafiletto di presentazione della nuova testata); la gara è dura e guai a chi resta indietro.

Per questo il direttore Visetti ha deciso quest’inusuale cambio in corsa: nuovo nome, nuovo progetto.

Cosa non facile. Quando un mese fa (vedi QT, n° 6 di quest’anno) gli avevamo chiesto del progetto, Visetti aveva negato (quasi) tutto, ed erano mesi che i pubblicitari lavoravano al lancio. "Devi scusarmi per quelle risposte, ma sai, erano obbligate…" - ci ha ora detto. "Non potevamo far trapelare nulla - ha ribadito Roberto Crespi, amministratore delegato del gruppo editoriale - qui c’è una concorrenza forte, pronta e agguerrita, non potevamo far sapere in anticipo le nostre mosse".

Il fatto è indicativo delle difficoltà e dell’asprezza della competizione. La segretezza non è servita a nulla: i concorrenti sono comunque arrivati a saperlo e hanno subito allestito una contro-campagna: nel mese di lancio del Trentino, L’Adige, nel tentativo di tagliargli subito le gambe,si presenta in edicola con La Stampa come supplemento gratuito.

Anzi, il segreto è stato controproducente: QT non se ne è adontato (il nostro piccolo scoop l’abbiamo comunque fatto), ma i redattori dell’Alto Adige, messi di fronte al fatto compiuto, sì. Al punto da bloccare per un giorno l’uscita del giornale, con un sacrosanto sciopero di protesta per non essere stati coinvolti nella ridefinizione del proprio lavoro.

E Visetti ha dovuto faticare per recuperarne il consenso a un progetto che, a questo punto, non poteva che essere solo debolmente condiviso.

Appunto, il progetto. Con l’estinzione della Regione da una parte, e con l’avanzare di Europa e globalizzazione dall’altra, la società trentina deve contare di più sulle proprie forze: "Ridefinire la propria identità, chiarire i propri obiettivi, tornare a percepirsi come un vero e unito soggetto sociale". Di qui il compito di un giornale oggi: essere legati al concreto dei problemi del territorio, ma con una grande apertura al mondo. (Detto per inciso, questa impostazione è la stessa che ci demmo ormai ventidue anni fa, quando fondammo un giornale dal non casuale nome di Questotrentino).

"Però - dice Visetti - per chiamarsi Trentino, bisogna esserlo davvero. Cioè essere veramente vicino alla gente." E quindi? Più cronaca delle valli e, per non morire di localismo, dei territori alpini circostanti, da Belluno a Innsbruck. E poi "meno parole e più fatti": cioè testi più brevi, meno commenti e più sintetici, un solo approfondimento al giorno, una cronaca più fredda, con i fatti separati dalle opinioni.

Per dare gambe a questo progetto, il gruppo editoriale ha investito parecchio: grande campagna promozionale, ampliamento della redazione trentina con l’acquisizione di nuove stanze e incremento dei giornalisti.

Due i punti invece deboli. La grafica anzitutto, che resta quella (antidiluviana) di sempre: cambiare solo al Trentino, integrato in un sistema nazionale, non si può; di cambiare in tutto il gruppo, non se ne parla, nelle altre province prosperano giornali senza concorrenti locali, e di aggiornarli nessuno sente il bisogno.

Il secondo punto critico è il direttore stesso: un giornale che si vuole fortemente radicato nel Trentino, non può avere un direttore in pianta stabile a Bolzano; e a nostro avviso già nell’Alto Adige del pur dinamico Visetti si notava l’assenza di una guida che – alla Scalfari per intenderci - imprimesse un omogeneo orientamento di fondo; e ora, a maggior ragione, il problema si propone per il Trentino.

Come lo si risolve? "Visetti dovrà stare di più a Trento" - ci ha risposto l’amministratore delegato Crespi.

Ed ecco quindi il giornale alla prova dei fatti. L’assenza di cambiamenti nella grafica può deludere le aspettative: "E’ lo stesso giornale con un altro titolo!" - è il primo commento.

In realtà ci sono mutamenti di sostanza. La prima pagina è più razionale e ordinata; anche perché più (troppo?) "trentina". Scomparsi - almeno in questi primi numeri, ma la cosa dovrebbe essere la regola - i commentatori nazionali, sembra scomparso il mondo fuori dalla provincia. Gli aggiustamenti nei giorni successivi calibreranno meglio le gerarchie tra le notizie: comunque un dato sembra evidente: il declassamento degli eventi extra-regionali. Secondo il probabile assunto per cui il lettore evoluto si compra il giornale nazionale, quello più frettoloso, le notizie nazionali le apprende alla Tv.

Esemplare la notizia dello sciopero generale annunciato il 15 aprile: sciopero nazionale, su temi nazionali, ma che viene presentato nella sola valenza locale ("Sciopero, diecimila in piazza" il titolo, "Trento, martedì manifestazione e corteo" il sottotitolo. "Trento. Ci saranno almeno 8-10 mila persone…" l’incipit dell’articolo, che solo nell’ultima riga nomina Berlusconi, ma solo perché gli risponde il trentino Bruno Dorigatti).

Questa impostazione permette comunque una coerenza d’impaginazione che l’Alto Adige non aveva. Infatti, dopo una seconda pagina di pubblicità, si prosegue da pagina tre in avanti con le cronache da Trento, Rovereto, Riva ecc, in cui ogni sezione è introdotta da una testatina con l’indirizzo della redazione locale, trentina, roveretana ecc: a indicare - in contrapposizione al più tradizionale tamburino con i dati del giornale, nascosto in qualche posizione residuale - il contatto diretto che la redazione sollecita con il lettore; quasi a dire noi siamo qui, vieni a trovarci.

Proseguendo a scorrere il giornale, solo alla fine delle cronache delle valli si trovano le notizie nazionali e internazionali, spostate molto in avanti in poche pagine prima di sport e spettacoli.

Sulla promessa di cronache più asciutte e notizie concise, è ancora presto per dire. Ci sembra ottima l’intenzione di rinnegare le alluvioni di pagine che in questi ultimi anni ci si è sentiti in dovere di riempire per descrivere i più svariati "eventi" memorabili, come un incidente stradale con quattro morti. Nella rubrica "Sfogliando s’impara" abbiamo più volte ironizzato su questo andazzo; che per di più porta a una perdita del buon senso: se si dedicano dodici pagine ai funerali di quattro ragazzi, per forza si deve descriverli come angeli e martiri, se si dedicano altrettante a Lucio Battisti, per forza se ne deve fare un novello Beethoven.

Quindi ottima l’intenzione di fermare questa incontinenza (della cui efficacia commerciale peraltro dubitano vari operatori). Però, ahimé, fin dalla prima occasione queste buone intenzione sembrano smentite dai fatti. Ci riferiamo alla stessa presentazione del nuovo giornale, corredata da un’alluvione di articoli, con i pareri di una smisurata serie di persone, politici, industriali, l’immancabile vescovo, il rettore, i sindaci tutti o quasi, ecc ecc. E poi un supplemento di ben 56 pagine, l’ultimo con la testata Alto Adige, che racconta la storia del Trentino e dei suoi rapporti con l’Alto Adige (inteso come giornale) dal 1886 ad oggi, e che in realtà è solo un lungo, narcisistico autoelogio, senza il minimo cenno di giudizio autocritico, senza alcuna citazione del resto della stampa. Con il che si dimostra una volta di più come la quantità sia destinata ad andare a scapito della qualità (esemplare un’intervista di Piero Agostini ad Aldo Gorfer, presentata in prima pagina come "il documento" "indimenticabile e profetico", e poi orrendamente tagliata per poterla impaginare, con le risposte che in alcuni casi non corrispondono alle domande).

Siamo troppo cattivi?

Al contrario. Il progetto di Visetti è interessante, è una sfida vera; l’Alto Adige ieri, il Trentino oggi è una realtà importantissima. Cui facciamo i migliori auguri di successo.

Ma proprio per questo è giusto essere esigenti; come poi, in fin dei conti, finiscono con l’essere anche i lettori.