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QT n. 5, 8 marzo 2003 Servizi

Il Trentino non recupera e cambia direttore

A un anno dal cambio del nome, l’Alto Adige congeda il direttore Visetti. Ma il suo progetto va avanti.

Neanche un anno fa l’Alto Adige cambiava nome, e diventava Trentino ( vedi Il Trentino in edicola). Oggi il propugnatore di quella scelta – che voleva significare una nuova filosofia del giornale – il direttore Giampaolo Visetti, fa le valige. Come mai?

Visetti nell’intervista a fianco porta il suo punto di vista. Il tam- tam che da settimane si sente nelle redazioni dava un’altra interpretazione, più brutale: il Trentino non è riuscito a recuperare lo svantaggio, in termini di vendite, nei confronti del concorrente L’Adige, e la proprietà ha deciso di rimuovere Visetti.

Anche perché il gruppo Espresso-Repubblica nel progetto Visetti aveva creduto, e nella redazione di Trento aveva fortemente investito: ampliamento della sede, tutta una serie di nuove assunzioni che avevano svecchiato la redazione, tante pagine (un giornale di 64 pagine, solo ultimamente calato a 56) con conseguenti costi di stampa, svariate iniziative editoriali di supporto, oltre alla generosa campagna pubblicitaria per il cambio del nome. Nonostante tutto questo, L’Adige è sempre davanti, e la distanza non diminuisce.

Essere o meno il primo giornale conta, soprattutto in termini di pubblicità; e il pur grande gruppo Espresso-Repubblica la situazione di Trento la tiene sotto controllo, come ha dimostrato calando qui con amministratore delegato e direttore editoriale al momento della presentazione del Trentino. Rimanere ancora indietro, e a distanza invariata dal concorrente, è stata giudicata missione fallita.

Ma quello di Visetti è proprio un fallimento?

Il progetto di Visetti era trasformare l’Alto Adige, giornale di Bolzano con due dépendence, a Trento e Belluno, in tre giornali provinciali dell’area dolomitica: ciascuno con una propria autonomia e un legame stretto con il proprio territorio, pur all’interno di una cornice generale unitaria, che dovrebbe permettere un approccio culturale omogeneo e anche economie di scala (basti pensare alle pagine nazionali e internazionali, ovviamente in comune).

Questo progetto non è sconfitto; anzi, andrà avanti, anche senza Visetti. Infatti a sostituire l’attuale direttore verrà a Bolzano Tiziano Marson, attuale direttore della Tribuna di Treviso, e a Trento verrà, come condirettore, Paolo Catella, oggi vicedirettore del Messaggero Veneto di Udine. Il Trentino, quindi, diventerà tale anche di fatto, con una propria caratterizzazione: la testa sarà a Trento, non più, come finora, a Bolzano. E nella redazione di Trento, l’apporto di Catella sarà aggiuntivo, un aumento netto di organico; a dimostrazione dell’interesse della proprietà a investire ancora in questo disegno.

Insomma, il progetto di Visetti viene riconfermato.

Ma proprio quando registriamo questo, si pone più pressante la domanda: perché finora non ci sono stati i risultati sperati? Perché L’Adige è sempre primo, senza problemi?

Dato a Cesare, quel che è di Cesare, e all’Adige quel che è dell’Adige, che di certo non è rimasto nel frattempo con le mani in mano ("Qui c’è una concorrenza forte, pronta e agguerrita" - riconobbe a suo tempo l’amministratore delegato del gruppo, Roberto Crespi) la domanda implica una valutazione della direzione di Visetti.

A dire il vero il punto più fragile del Trentino non è dipeso dal direttore, ma dal gruppo editoriale: è l’aspetto grafico, del tutto superato, che ne fa un giornale irrimediabilmente vecchio. Dal momento che il Trentino è integrato nel gruppo nazionale, che a cambiare grafica non ci pensa proprio, questo è un handicap di base, destinato a rimanere. E a pesare.

Poi ci sono i limiti della conduzione di Visetti. Che a nostro avviso si possono ricondurre a due. Il primo è l’alluvione di pagine. "Faremo un giornale più asciutto" - aveva proclamato il direttore. In realtà sono proseguiti i mega-servizi, le otto-dodici pagine per fatti di cronaca nera, con la vittima di un incidente stradale trasformata, per giustificare l’inusitato spazio, in un angelo/martire; e l’abitudine a dilatare le notizie, cercando di cavare il sangue dalle rape pur di aggiungere al pezzo altre righe (vedi Horror vacui), secondo le tecniche della "brodazza" che periodicamente fustighiamo nella rubrica Sfogliando s’impara (Teoria e pratica della brodazza).

Questo andazzo non è neanche apprezzato dai redattori, che per di più imputano al tempo perso nelle pratiche di pompaggio - come pure nell’organizzazione di dibattiti locali su questioni nazionali (per esempio, la riforma della giustizia) – la minor disponibilità di tempo per relazioni, rapporti con le fonti, ecc. Insomma, il famoso rapporto con il territorio.

Poi c’è la questione più generale della linea del giornale. Che ne L’Adige è chiara, e nel Trentino esitante. Con un direttore che prende raramente posizione e articoli che si contraddicono perfino all’interno dello stesso numero; in un contesto che non appare quello del confronto delle opinioni, ma viceversa, della loro labilità, inconsistenza. Della serie: "un giorno dicono una cosa, il giorno dopo l’opposto".

Ad esempio, le campagne-stampa. L’Adige porta avanti da mesi, con coerenza e tenacia, una campagna contro l’inceneritore che ha appassionato la cittadinanza e condizionato la vita politica; sul medesimo argomento il Trentino assume, da articolista ad articolista, posizioni diverse. E al contempo si è lanciato in alcune campagne boomerang, finite nel nulla: come quella su presunte emergenze per l’inquinamento dei terreni di Trento-nord (Lo scandalo dell'Alto Adige); o la sottoscrizione in favore dell’impossibile e demenziale acquisto della Primavera di Segantini per il Mart (Mart: sulla primavera si sbanda).

Tutto questo è probabilmente dovuto alla mancanza di un direttore a Trento: Visetti è attivissimo, vulcanico; ma è tornato in regione dopo un lungo periodo passato altrove, e ora sta a Bolzano. Il Trentino è una realtà non semplice, atipica, che deve essere conosciuta da vicino. "Un giornale che si vuole fortemente radicato nel Trentino, non può avere un direttore in pianta stabile a Bolzano" - dicevamo a suo tempo all’amministratore delegato Crespi. "Visetti dovrà stare di più a Trento" - ci rispose allora, e ci era sembrato un immotivato volontarismo. Oggi si rimedia assegnando a Trento un condirettore. Ci sembra una risposta giusta.