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L’inno della nazione tirolese

La Canzone di Andreas Hofer non si tocca. A rischio di galera.

"Tirol isch lei oans", recita un vecchio adagio. "Il Tirolo è unico". Meno male. Basta e avanza. Essendo unico, non solo ha un inno ufficiale, ma esiste anche una legge provinciale (la n. 23 del 2 giugno 1948) per proteggerne la dignità. La quale legge stabilisce che testo e melodia formano "un insieme inscindibile" (sic - art. 2). Chi altera la melodia o il testo o si ostina a cantare un testo diverso sulle note dell’inno rischia le patrie galere: un mese di arresto, come recita l’art. 4. A differenza di quanto accade in una democrazia civilizzata, come gli Stati Uniti (nonostante quel gran cornuto di George W.), dove la Corte Suprema ha ripetutamente sentenziato che il bruciare la bandiera nazionale è magari deplorevole e incivile, ma in fin dei conti, è un legittimo atto di protesta contro il governo, un atto coperto dalla garanzia costituzionale della libertà di opinione e di espressione. Del resto, puzza di anticostituzionale anche quella nostra legge provinciale, come hanno affermato eminenti costituzionalisti.

L’inno è la Canzone di Andreas Hofer, testo di Julius Mosen e melodia di Leopold Knebelsberger (art. 1 della legge 23/48). Il che, purtroppo, è una bugia, perché la melodia è stata evidentemente copiata a Ludwig van Beethoven (concerto per pianoforte n. 1, 3° movimento, secondo tema). Quanto al testo, il Mosen, come poeta, non era un gran che: era più che altro un militante pangermanico della seconda metà dell’Ottocento.

Con ciò, incominciano i guai di questo benedetto inno. La melodia, per tutto l’Ottocento e i primi decenni del Novecento, è stato usata nei più diversi contesti. Una ricerca universitaria è riuscita a documentare ben sette diverse versioni, fra cui una vecchia canzone del movimento operaio (popolarissima nella "rossa" Vienna degli anni venti del secolo scorso come inno della gioventù socialista: "Noi siamo la giovane avanguardia del proletariato". Un’altra versione ("Voi fratelli nelle città…") - e lo si ricordava benissimo nel 1948 - veniva usata dai partigiani sui monti della Carinzia nella lotta antinazista.

Da queste aberrazioni bisognava proteggere l’inno di Andreas Hofer quando, nel 1948, divenne inno ufficiale del Tirolo, con Hofer culmine della "tirolesità" (che nessuno sa cosa sia, ma pazienza). Così, chi non si riconosce nel pomposo (e pangermanico) linguaggio di "guerra santa di liberazione", "morte eroica", "tutta la Germania in agonia e vergogna" (per la morte di Hofer causata dal tradimento dell’imperatore absburgico a danno dell’impero germanico…), stia zitto, altrimenti un mese di galera.

Nel febbraio di quest’anno,durante una commemorazione dei fatti del 1934 (quando il governo fascista di Dollfuss soffocò nel sangue la rivolta del movimento operaio, iniziando con questa tragedia la fine della prima repubblica che quattro anni dopo, indifesa, sarebbe diventata vittima dell’aggressione di Hitler), un coro del partito socialdemocratico cantò la versione "proletaria" dell’inno.

Successe il finimondo: il comandante degli Schützen gridò all’oltraggio all’inno e chiese misure punitive. Anche se la competente direzione generale della polizia federale di Innsbruck non aveva alcun interesse a crearne un caso giuridico, si seppe allora che, almeno in teoria, poteva finire in galera perfino il vicecapitano socialdemocratico, reo di aver assistito all’oltraggio all’inno.

I verdi, dunque, pronti come sempre a dare una mano agli oppressi della terra (ivi incluso il vicecapitano e capo dei socialdemocratici), in Consiglio hanno presentato una proposta di legge che chiedeva l’abolizione delle sanzioni penali per oltraggio all’inno. Successe di nuovo il finimondo. Ma questa volta, sul serio. La coalizione governativa, compresi i socialdemocratici, presentò un contro-emendamento chiedendo una "riforma" con sanzioni "più adeguate allo spirito dei nostri tempi" (che ne so, magari una multa al posto dell’arresto, o magari tre avemaria e cinque paternoster.) E quando i verdi si rifiutarono di ritirare la loro proposta, lo stesso Capitano insorse in aula per smascherare, una volta per tutte, i traditori della patria, i sovversivi pronti a distruggere tutte le sante tradizioni della patria, ivi compreso il culto di Andreas Hofer.

Il capogruppo popolare voleva nientemeno che "schiaffeggiare a destra e a sinistra" i mascalzoni verdi. Ad un certo punto, il Capitano chiese perfino al Presidente di interrompere la seduta perché tutta la gente brava e buona potesse cantare l’inno; richiesta fortunatamente respinta dal Presidente, che probabilmente aveva capito che si stava sfiorando il ridicolo.

Bisogna aggiungere a questo punto qualche precisazione storica. La rivolta di Andreas Hofer non fu una guerra di liberazione nazionale. Hofer ed i suoi volevano difendere una cultura ed una società sostanzialmente medioevale, contadina, cattolico-clericale contro le idee della Rivoluzione francese, contro la democrazia, contro il codice civile di Napoleone. La borghesia di Innsbruck, sindaco in testa, arrivò a sottoscrivere contro la "guerra santa di liberazione". E l’armata di liberazione nazionale di Hofer si vendicò instaurando a Innsbruck un regime degno dei Talebani (vietando anche certi costumi "indecorosi" delle donne della borghesia).

Per quarant’anni dopo la sconfitta della rivolta reazionaria, nessuno, proprio nessuno voleva ricordarsi di questa triste storia. Soltanto dopo la mancata rivoluzione liberale del 1848, iniziò una rivalutazione di Andreas Hofer. Il cui culto fu quindi fomentato, con un’efficientissima macchina propagandistica, dai nazionalisti pan-germanici verso la fine dell’Ottocento.

Hofer come simbolo iconografico della "tirolesità" è una costruzione tutta ideologica che serviva a collegare idealmente i nazionalisti pan-germanici e l’ala destra dei social-cristiani. Da questo incontro sarebbero poi nati, negli anni Venti del secolo scorso, gli "Heimwehren", le squadre del fascismo nostrano.

Indubbiamente, tutto questo fa parte del patrimonio della nostra storia, risuscitato poi, sfortunatamente, per un’altra volta, in funzione anti-italiana nella (giusta) lotta per l’autonomia sudtirolese.

Ma sarebbe questo lo "sfondo culturale" della nostra identità nell’Europa del duemila?

Dio protegga il Tirolo da questo tipo di tirolesità.

Ovviamente ci vuole lo spauracchio della galera per imporre il rispetto nei confronti di questa iconografia!

Ma apparentemente c’è chi crede di rastrellare voti, a destra, con l’iconografia di Hofer. Il 5 giugno dell’anno del Signore 2004, in un inserto pubblicitario per le elezioni europee, firmato dal Capitano van Staa e dal Presidente del Consiglio Provinciale prof. Mader, si legge testualmente: "Difenderemo il nostro inno".

Il Tirolo è unico. Meno male.