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QT n. 13, 26 giugno 2004 Servizi

Un Trentino piccolo e solo

Il voto per le europee nella nostra regione. In Sudtirolo: la sconfitta della Svp come superamento (finalmente!) del voto etnico? In Trentino niente alleanze, nessuna idea guida: il peso della mancanza di strategia.

I risultati delle recenti elezioni europee nella nostra regione presentano molti elementi interessanti che consentono alcune importanti valutazioni politiche.

Come a livello nazionale i dati sono stati letti attraverso molteplici e spesso contrastanti chiavi di lettura, così anche da noi le osservazioni da fare presentano alcune sfumature su cui prestare molta attenzione. Partiamo dai dati certi: come da tradizione, l’Alto Adige riesce a portare in Europa suoi rappresentanti, mentre il Trentino resta a bocca asciutta. Ma questa volta il dato altoatesino presenta alcuni elementi di novità: la Svp per la prima volta sotto il 50%, la grande affermazione dei Verdi e l’ottimo risultato di Lilli Gruber, che riesce a portare la lista di Uniti nell’Ulivo ad un buon 13%. E così l’Alto Adige può contare addirittura su tre eurodeputati.

In Trentino il listone ottiene una percentuale di voti superiore, com’era prevedibile, al resto d’Italia, ma fallisce l’obiettivo di portare un trentino a Strasburgo scontando l’illusione della Margherita della possibile vittoria del "candidato territoriale" Giuseppe Detomas.

Giacomo Santini

Coltivando l’idea che il Trentino avesse solo con le proprie forze (senza cercare voti e alleanze nel resto della circoscrizione del nord-est) la possibilità di eleggere un eurodeputato, si è corso il rischio di avere come nostro rappresentante il leghista Boso. Neppure il primatista per presenze a Strasburgo Giacomo Santini è riuscito ad essere riconfermato; comunque non lo rimpiangeremo, vista la sua quasi totale assenza sui più importanti temi programmatici, a cominciare dai trasporti.

Le due Province autonome sono ancora una volta molto diverse tra di loro e sono unite in questo frangente dalla personalità della Gruber, vero elemento di novità in un quadro peraltro privo di grande entusiasmo e di progetti per il futuro capaci di coinvolgere in profondità i cittadini. Resta anche l’incapacità dei trentini di guardare fuori dai propri confini, tessendo quelle alleanze necessarie per poter contare qualcosa soprattutto in quelle decisioni sulle infrastrutture e sull’ambiente che davvero condizioneranno in futuro le scelte strategiche per il nostro territorio.

La sconfitta della SVP. Uno dei dati più significativi del voto in Alto Adige è certamente rappresentato dal significativo arretramento della Svp, per la prima volta al di sotto del 50%, erosa dal successo dei Verdi e della Gruber. Ebner, già giunto alla candidatura dopo un defatigante e incerto dibattito all’interno del partito di raccolta, esce molto indebolito dalle elezioni: vincitore certo (ci mancherebbe altro), ma non più certamente in quella posizione da protagonista che aveva cercato di ritagliarsi del partito.

Michl Ebner

Il voto dato ai Verdi, partito tenacemente interetnico, va letto però come un successo personale di Kusstatscher (che come voti di preferenza ha preso ben l’87% dei voti di lista), raccogliendo il consenso soprattutto nel gruppo tedesco e raggranellando i voti dei cittadini interessati più a tematiche trasversali, ma molto significative (ambiente e infrastrutture) piuttosto che all’appartenenza al gruppo linguistico. Questo voto può quindi essere interpretato come un chiaro segnale di potenziali elettori della Svp al padre-padrone Durnwalder, che in ambito di traffico, cemento e trasporti si sta comportando come un Grisenti altoatesino. In questi ultimi tempi, come abbiamo visto nell’articolo da Innsbruck dello scorso numero di Questotrentino, il potente Landeshauptmann non vuole (o non riesce) a intavolare dialoghi permanenti né con il Tirolo, né con il Trentino: si preferiscono invece alleanze variabili basate sugli interessi economici del momento piuttosto che su una visione complessiva. Per esempio, per citare problemi che ci riguardano direttamente, Durnwalder ha implicitamente avallato la terza corsia dinamica del tratto trentino della A 22, ed ha opposto solo una blanda contrarietà al completamento della Valdastico, vista come il fumo negli occhi fino a pochi anni fa.

In questo quadro è significativo sottolineare che proprio su questi temi che influenzeranno i prossimi decenni, primo fra tutti l’eurotunnel, la Svp perde il suo granitico consenso, quasi che non riesca più a disegnare un futuro condiviso e positivo per i propri concittadini. Non è un caso che la figura di Lilli Gruber abbia riscosso anche in Alto Adige un largo successo specie tra i più giovani: al di là della sua indiscutibile popolarità televisiva, la Gruber rappresenta un tipo di cittadino sudtirolese capace di sviluppare appieno la propria specificità, il proprio naturale bilinguismo e l’appartenenza ad una terra di confine e di cerniera tra le due culture che formano l’Europa. A fronte di un partito di raccolta stanco, burocratico e attentissimo soprattutto all’economia e agli affari, ma incapace di entusiasmo, assistiamo al rafforzarsi di chiare alternative sui temi ambientali e su modelli di un Alto Adige di successo capace di non chiudersi nella propria Heimat.

Il Trentino senza europarlamentari. Si era parlato molto, nei mesi precedenti alle elezioni, della possibilità di eleggere al Parlamento europeo un candidato trentino che andasse a Strasburgo come espressione delle nostre istanze territoriali. Grazie all’auspicato successo della lista unitaria del centro sinistra, per la prima volta - si era detto - il Trentino da solo sarebbe riuscito a portare un suo rappresentante in Europa. In realtà il progetto di "candidatura territoriale" si è rivelato un sogno e un’illusione impossibili da realizzare: occorreva infatti raggranellare circa novantamila voti, una cifra enorme per una terra così piccola e senza un partito di raccolta stile Svp. La lista Uniti nell’Ulivo ha riscosso un buon successo, ma la candidatura di Detomas, presentata dalla Margherita come quella su cui far convergere i voti trentini, si è rivelata un flop.

Giuseppe Detomas

Le cause di questo fallimento, peraltro ampiamente prevedibile, non vanno tanto ricercate nella freddezza dei DS (che avrebbero votato i loro candidati disinteressandosi del progetto territoriale) o nel grande successo della Gruber (che ha intercettato ben il 50% dei voti della lista), quanto nell’inconsistenza politica e nella totale afasia programmatica della candidatura Detomas, incapace di raccogliere consensi od entusiasmi in Trentino, figuriamoci in altre zone della circoscrizione Nord-Est. Per citare due cifre, l’onorevole ladino raccoglie 361 preferenze nella provincia di Belluno e 1883 in tutto il Friuli Venezia Giulia: un po’ poco per sperare di essere eletto.

Infatti, non solo Detomas non ha rappresentato una sintesi credibile del progetto unitario (e come poteva essere altrimenti viste le modalità con cui è avvenuta la candidatura e le note posizioni dell’onorevole ladino sui temi ambientali?, vedi I ceffoni che fanno male (anche a chi li dà)), ma non è riuscito neppure a raccogliere consenso fra gli stessi elettori della Margherita, che si sono riconosciuti con più facilità in altre candidature non territoriali. Per fare un esempio concreto, nella città di Trento la lista Uniti nell’Ulivo ha conquistato 23961 voti, mentre Detomas si è fermato a 5248 (solo un elettore su 5 ha scritto il suo nome sulla scheda): segno che molti del suo stesso partito si sono completamente disinteressati della retorica della territorialità.

Al di là di questo però emerge un dato di fondo che non riguarda l’episodio di una candidatura sbagliata o di una campagna elettorale insipida e senza contenuti, ma investe una tendenza più profonda che interessa tutta la politica trentina: la chiusura nei nostri piccoli confini e l’incapacità di stringere alleanze con i nostri vicini, a cominciare dall’Alto Adige e non solo. Il coma quasi irreversibile in cui versa da mesi, se non da anni, la Regione, le diatribe e i dispetti fra Trentino e Sudtirolo sul problema del tunnel di base del Brennero e quest’ultima vicenda delle europee, testimoniano il rischio di una politica senza grandi progetti. Dal Trentino laboratorio politico per l’Italia e per l’Europa stiamo passando a un Trentino piccolo e solo, attento a difendere i propri privilegi e le proprie posizioni.

Si vedrà in futuro se le riforme (alcune da valutare positivamente) della giunta Dellai serviranno a dare una scrollata alla situazione: certo che ad ogni piccolo segnale di rinnovamento, incontriamo segni di doroteismo e conservazione, come nel caso del ritorno di Grandi come vicepresidente dell’A22.

Potrà essere la sinistra trentina a sollevare questo clima di bonaccia diffusa e sostenere il rinnovamento? Lasciamo ai lettori la risposta: certo è che se la sinistra vuole vivere e continuare a contare qualcosa al di là del sottobosco di potere, non può non sostenere o guidare progetti riformisti. Parlare di più di contenuti sarebbe un primo grande passo in questa direzione.