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I ceffoni che fanno male (anche a chi li dà)

Tarcisio Grandi vicepresidente dell'A22: motivi e conseguenze di una nomina scandalosa. Ma Dellai sta facendo bene i suoi calcoli?

A commento degli ultimi battibecchi nella maggioranza, come pure dei risultati, si è spesso sottolineato, e QT non si è certo sottratto, l’allarmante inconsistenza della sinistra, evidentemente priva di una linea credibile e condivisa. E per converso, l’emergere prepotente della figura di Dellai, presidente decisionista in mezzo ad alleati incerti, confusi e litigiosi.

Tarcisio Grandi.

Tutto giusto.

Però questa è solo una faccia della medaglia. Vediamo l’altra, partendo dal caso Grandi.

Tarcisio Grandi, ex presidente della Regione, dopo la vicenda Zaffi è – come è giusto - politicamente finito (per una decina di anni, dopo di che può sperare in una resurrezione alla Malossini). Nonostante questo Dellai lo infila nel cda dell’Autobrennero e poi lo fa eleggere vice-presidente. I Ds, silenti sulla nomina nel cda, quando si vedono soffiare la vicepresidenza (prima della diessina Bruschetti) scoprono la questione morale e si mettono a strillare. Naturalmente, come al solito, senza alcun risultato se non quello di rimbeccarsi tra di loro.

Quindi: Ds inconcludenti, patetici, affamati solo di poltrone ecc ecc. D’accordo.

Ma Dellai? Perché una mossa così plateale, rozza, impopolare? Perché quest’arroganza fine a se stessa?

C’è chi ne fornisce un’interpretazione dietrologica. Tarcisio Grandi non è mai stato uno stinco di santo, ed è stato uomo di potere, con la predilezione per l’azione nell’ombra e con la capacità di infilare suoi fedelissimi nei posti giusti per fare la fotocopia del documento delicato. Nessuna sorpresa quindi se avesse accumulato dossier. Pronti a saltar fuori, magari sulla scrivania della Procura della Repubblica che sta lungamente scavando attorno al marciume degli appalti. In fondo al quale non ci sono solo gli imprenditori privati, ma i massimi responsabili pubblici.

Insomma, secondo questa versione, la nomina di Grandi non sarebbe una prova di forza di Dellai, ma anzi una dimostrazione di grave debolezza da parte di un uomo ricattato.

Luciano Azzolini.

La seconda interpretazione è meno dietrologica. E considera l’insieme delle nomine fatte da Dellai ultimamente: Alberto Robol presidente della Campana dei Caduti, Tarcisio Andreolli presidente del Comitato per Degasperi, Pierluigi Angeli vice-presidente dell’aeroporto Catullo, cui possiamo aggiungere Luciano Azzolini candidato sindaco ad Ala. E’ il cimitero degli elefanti: tutti democristiani Doc, tutti ostili a Dellai, tutti da lui schiantati e poi recuperati in posizioni defilate. E’ uno stile di governo, che può non piacere, ma che ha la sua efficacia.

Qualunque delle due interpretazioni sia quella giusta, rimane però un dato: la sopraffazione nei confronti degli inetti alleati.

Cui si possono aggiungere altri fatti, altrettanto indicativi. Il continuo riaprire della questione PiRuBi, oggi fuori da ogni logica (vedi quanto scriviamo sopra, o nel servizio di pag. 12) e proprio per questo percepito dalla sinistra come ulteriore, gratuito sale sulle proprie ferite. O il disprezzo per le questioni ambientali, vedi l’ultimo strappo sulla questione della caccia.

Una serie infinita di schiaffoni alla sinistra rintronata, che ormai non riesce neanche ad abbozzare una reazione.

Ma con quale risultato?

Alcuni anni fa la sinistra giulivamente acclamava Dellai "nostro leader". Oggi, ogni diessino di base considera Dellai "nostro nemico". Per il Presidente è un bel risultato?

Come meravigliarsi se poi gli elettori di sinistra entrano in sciopero e gli trombano i candidati che lui impone (vedi Ballottaggi, la stangata)?

Un’alleanza può andare avanti in questi termini?