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QT n. 4, 26 febbraio 2005 Servizi

Con la scusa dell’ecologia…

Gli indigeni, tra liberalizzazione forzata e idilliaca musealizzazione. Eppure gli esempi della cosidetta "democrazia interculturale" ci dicono che...

Salvatore Poier

Un po’ scettici per i frequenti affreschi di questi indigeni, dipinti spesso come realtà da proteggere ad oltranza, in assurdo conflitto con le dinamiche della storia, abbiamo sentito anche Alessandro Cagossi, sociologo e studioso nell’ambito degli studi internazionali. Per approfondire la realtà sudamericana e in particolare la relazione tra accordi economici, espansione dello sviluppo, e loro incidenza su condizioni di vita e cultura degli indigeni.

La nostra conversazione ha finito con l’affrontare non solo gli aspetti economici del "problema" sudamericano, ma anche gli aspetti culturali e - non impressioni la parola - giuridici, di una realtà che è decisamente più complessa e viva di quanto i canali di informazione facciano capire.

Come valuta l’Alca, l’Area di libero Commercio delle Americhe?

"L’Alca, che sarebbe poi - idealmente - un allargamento e perfezionamento del Nafta (area di libero commercio relativo a Usa, Canada e Messico), in realtà non funzionerà mai, perché mettere assieme 34 paesi dalle economie molto differenziate è impresa praticamente impossibile; ci sarà sempre la necessità di accordi tra stato e stato costantemente rivisti, e quindi in deroga al patto generale. Il risultato sarà che l’accordo generale diventa un semplice canovaccio per una serie di accordi particolari, sempre diversi e comuni solo nominalmente. Questo lascerà i singoli stati in balia del più forte".

C’è chi teme esiti pesanti sulle condizioni di vita degli indigeni.

"Infatti. La difficoltà che l’Alca incontrerà sarà soprattutto legata alla sua natura: è imposto dall’alto. Si sentono sempre più spesso discorsi a tutela degli indigeni, ma sono sempre discorsi fatti dai governi mentre si accordano - spesso commercialmente - con altri governi. E’ un ‘indigenismo’ strumentale, gli interessi in gioco non sono certo quelli degli indigeni".

Prendiamo ad esempio il progetto del Corridoio Biologico Mesoamericano…

"Appunto. Il Corridoio Biologico viene veicolato e pubblicizzato come tutela della biodiversità sia dal punto di vista umano che dal punto di vista vegetale. In realtà sappiamo benissimo - e la particolare attenzione degli attori del ‘Corridoio’ dedicata al golfo del Messico lo dimostra - che ci sono mire economiche ben precise; gli interessi sono altri. Basti pensare al parallelo progetto del Plan Puebla Panamà, che si ripropone di attraversare tutto il Centro America con mega-infrastrutture, tra cui un’autostrada a dieci corsie. E’ chiaro che l’obiettivo non è l’ecologia, ma l’approvvigionamento delle materie prime".

Però non si può nemmeno pensare di musealizzare gli indigeni…

"Ma nemmeno trattare le loro terre come il giardino di casa propria. Così come l’Alca, il Corridoio si rivela essere uno strumento efficiente sulla carta, ma ben poco efficace nella realtà dei fatti: chi ha potere economico in realtà fa ciò che vuole, e in America Latina questo vuol dire derubare i poverissimi anche di quello che non è loro, ossia delle materie prime. Invece gli indigeni possono emanciparsi, entrare in maniera non traumatica in relazione con la civiltà occidentale. La dimostrazione che gli indigeni saprebbero partecipare alla vita politica e prendere decisioni a tutela della propria terra, c’è: ci sono attivisti, intellettuali e parlamentari indigeni. Voglio ricordare l’esperimento di democrazia interculturale di Rigoberta Menciù, che è una prova considerevole: una classe dirigente indigena formata con tempo e pazienza che ha portato ad approvare revisioni costituzionali che inseriscono, ad esempio, il diritto consuetudinario tra le fonti del diritto. Questo significa che il giudice potrà risolvere i casi a lui sottoposti facendo anche appello a tutta una serie di regole non scritte che però vigono nella realtà dei fatti e sono fortemente sentite dalla popolazione. E questo può avvenire solo se c’è una classe politica e dirigenziale indigena, formata in maniera consapevole dei propri diritti. Difficilmente saranno accordati diritti agli indigeni in Messico, ad esempio, dove il presidente della repubblica federale è l’ex presidente della Coca Cola Inc..."