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QT n. 6, 25 marzo 2005 Cover story

Separati, ma sempre papà

Gli uomini iniziano a curarsi dei figli. Ma quelli separati rimangono discriminati. Ora forse è in arrivo l’istituto dell’affido condiviso: i vantaggi e i rischi.

"In ombra", "freddi", "latitanti" e via dicendo. Così qualche decennio fa si definivano i padri nel loro ruolo. Con timidi passi, la letteratura psicoanalitica iniziava a considerarli come oggetto d’indagine. Nascevano i primi movimenti, che raccoglievano papà desiderosi di cambiare, condividendo esperienze e paure. Insomma, gli uomini iniziavano i primi approcci con il lavoro di cura. Faccende che, fino a poco tempo prima, erano state considerate appannaggio delle donne, con la scusa del loro naturale istinto materno.

Oggi, basta dare un’occhiata al boom nell’utilizzo dei congedi di paternità (le richieste sono aumentate quasi del 40%, rispetto al 2003), per capire quanto i maschi siano cambiati. Anche quelli in carriera scoprono che è bello passare più tempo con i pargoli, alle prese con giochi, pappe e pannolini. Lasciano libero sfogo alle emozioni e se ne fregano di essere bollati come "mammo". E’ chiaro, quindi, come la suddivisione dei ruoli nella coppia, benché asimmetrica, sia sempre più interscambiabile.

Partendo da questi presupposti, molte associazioni, quali ad esempio, "Padri separati" e "Crescere insieme", hanno posto l’attenzione su un nervo scoperto: se i padri sono più partecipi che in passato, perché le norme giuridiche, in caso di separazione, li confinano in un ruolo marginale?

E’ risaputo, infatti, che con la rottura del matrimonio, il compito di badare ai figli è affidato nell’85% dei casi alla madre, salvo sia lei stessa a rifiutarlo o risulti inadeguata a svolgerlo. Il padre, invece, non ha di che rallegrarsi, dovendo sottostare alle regole che il giudice emana in materia di visite ai bimbi, pagamento degli assegni di mantenimento e quant’altro. Non a caso dopo la separazione, i legami con i figli si allentano, anche perché manca quella quotidianità che facilita il ruolo di papà. Ma nella latitanza affettiva ed economica dei padri, si sa, agiscono molti altri fattori: non conoscere i reali costi del mantenimento dei figli, la sfiducia verso la moglie, la voglia di utilizzare sotterfugi per vendetta, e via discorrendo.

Bufere di coppia a parte, non c’è dubbio che le norme sull’affido mettano in un angolo anche i padri più motivati. E l’Italia, a questo proposito, è fanalino di coda: in altri paesi, infatti, non esiste un affido così esclusivo. E’ in attesa di discussione, in Parlamento, un disegno di legge (vedi scheda) che propone un deciso cambio di rotta. Vediamo di capire meglio.

Di primo acchito, la legge ci offre un quadretto felice. Basta con dispetti e scaramucce: i compiti saranno divisi equamente fra gli ex coniugi. Così, i "bravi" padri, potranno continuare ad esserlo, mentre quelli "cattivi," saranno stimolati a migliorarsi. Le madri, non avranno da ridire di fronte a papà che si daranno un gran daffare nel portare i figli a scuola, dal medico, di qua e di là. Insomma, un toccasana per ridurre il loro fardello di lavoro familiare. Ma la cosa -a nostro parere - non è affatto semplice da realizzare. Per dirla in breve, siamo sicuri che quest’affido condiviso possa placare, d’un colpo, i venti di guerra che soffiano fra genitori separati? Abbiamo sentito, a questo proposito, le voci di due esperti in materia che esprimono pareri decisamente contrastanti: Chiara Saraceno, docente di Sociologia della famiglia all’Università di Torino e Maurizio Quilici, presidente dell’ISP.

La nuova normativa, in caso d’approvazione, potrebbe invogliare i papà "lavativi" ad un ruolo più attivo?

Quilici: "Non dimentichiamo che è una legge fortemente voluta dai padri. Chiaramente la norma non riuscirà a creare una responsabilità affettiva ma oggettiva, ossia: se tu hai una sanzione sei tenuto a rispettare la cosa. Poi, che tu lo faccia con slancio o controvoglia, quello la legge non lo può stabilire".

Saraceno: "Io partirei dalla critica fatta dai movimenti femminili. Insomma, come mai all’improvviso c’è tutta quest’agitazione per chiedere l’affido condiviso, quando abbiamo già in vigore quello congiunto, che è simile, e non è utilizzato? Certo, forse molti non sanno che esiste. Nasce però il sospetto, che dietro questa nuova richiesta, ci sia l’intento di togliere quello che è definito un privilegio materno. Il tutto, senza interrogarsi sul fatto che questo privilegio, nasce dall’assenteismo paterno nella cura dei figli, sia durante l’unionematrimoniale, sia dopo la rottura. Faccio un esempio: presso il Tribunale di Roma, sono solo il 17% i padri che chiedano l’affido dei figli. Dunque, sono pochi quelli che davvero vogliono vederli tutti i giorni. I padri vogliono solo avere più forza nelle negoziazioni con le ex-mogli. Per cui alla fine è una questione per regolare i conti con lei".

La collaborazione paritaria dei genitori, che il progetto impone, potrà risolvere i loro conflitti?

Quilici: "Se i due genitori hanno gli stessi diritti e doveri, hanno anche la stessa importanza e responsabilità di fronte alla legge e di fronte ai figli. E questo automaticamente riduce la conflittualità. Anche perché non ci sarà più un genitore di serie A o B, uno premiato e uno punito, uno che vince e uno che perde".

Saraceno: "La collaborazione forzata può aumentare senz’altro la conflittualità. Soprattutto, l’idea che questo tipo d’affido possa avvenire su deliberazione del giudice, anche quando i due non sono in grado di cooperare fra loro, mi sembra pesantissimo. Anche se non hanno voglia di condividere niente e si pigliano per i capelli, devono farlo per il cosiddetto bene del bambino. La collaborazione, poi, non sarebbe così paritaria come sembra. Il testo della normativa, dice precisamente, a proposito dei compiti di cura, che "sarebbero a carico di entrambi i genitori e ripartiti in funzione delle precedenti abitudini e funzioni famigliari". Stante il fatto, che nella maggior parte dei casi, sono distribuiti in modo asimmetrico, cosa cambia? Poco o nulla".

I

l disegno è molto osteggiato dalle deputate di diversi partiti politici. A suo parere, quali sono i punti critici?

Quilici: "Io sono d’accordo con il principio ispiratore della legge, ma ho qualche riserva. Sono contrario ad eliminare l’obbligatorietà della mediazione famigliare. Io la sostituirei almeno con l’obbligo della seduta informativa. Insomma, le persone dovrebbero sapere cosa significa separarsi da un punto di vista sia legale sia psicologico. E’ spaventosa l’ignoranza della gente in questi casi".

Saraceno: "Sono assolutamente favorevole al fatto che padri e madri continuino ad esserlo anche quando si separano. Penso che il modello ideale sia quello dell’affido condiviso. Ritengo, però, che non siamo ancora pronti per questa normativa. Se dietro non c’è un modello culturale che la sostiene, si rischia di peggiorare la situazione presente. Intanto si potrebbe favorire, laddove c’è un effettivo consenso fra le parti, l’affido già in vigore, ossia quello congiunto. Non dimentichiamo che deve cambiare anche la mentalità degli avvocati e dei giudici: loro stessi, spesso, lo scoraggiano. Per quanto riguarda la mediazione famigliare, sono contenta che sia caduta la sua obbligatorietà. Certo, deve essere resa disponibile, però non si può subordinare, com’era nella versione precedente della legge, all’inizio della procedura, perché vincola fortemente le libertà individuali".