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QT n. 6, 25 marzo 2005 Servizi

Confesercenti: l’associazione che si vuole diversa

La diversità sociologica, la rivalità con l’Unione Commercio, il boicottaggio delle altre associazioni. I problemi, le battaglie, la crescita della Confesercenti, nei giorni della corsa alla presidenza.

Un tempo c’erano le associazioni di categoria, con confini e competenze ben precisi: la Confindustria per gli Industriali, l’Unione per i commercianti, l’Associazione degli Artigiani, la Confesercenti per il commercio marginale, ambulanti e benzinai. Poi è tutto cambiato: con la dilatazione delle imprese del terziario, più o meno avanzato, le classificazioni hanno iniziato a perdere di senso; una società di software dove può iscriversi? In ciascuna delle quattro categorie. E così una parrucchiera, che apre un centro benessere e vende cosmetici, non è più inquadrabile, e pure una società di pulizie, ecc.

Il palazzo sede della Confesercenti.

Ecco quindi che le associazioni "di categoria" non sono più in realtà tali: tutte rappresentano tutti, e l’associato si sente libero di accasarsi dove meglio crede. Si apre quindi tra le associazioni una forte concorrenzialità, che non esclude colpi bassi: e ognuna cerca di definirsi al meglio, come capacità di rispondere alle esigenze dell’associato, di fornire servizi, di contare nelle sedi decisionali e nei rapporti con la politica.

E’ in questo contesto che si ha la crescita, impetuosa, proprio dell’associazione più marginale: la Confesercenti; la quale, un tempo rifugio dei (pochissimi) piccoli imprenditori di sinistra, e veramente rappresentativa solo nel ramo del commercio ambulante, è in pochi anni passata da 1.000 a 3.200 associati.

Come mai? Di quali cambiamenti è specchio questa situazione, e quali altri sono all’orizzonte? Ne parliamo in questo servizio, confrontando le due candidature (vedi scheda Gli antagonisti) che in questo momento si stanno sfidando per la presidenza dell’associazione.

E’ vero, Confesercenti è nata trent’anni fa come espressione della sinistra, in contrapposizione all’Ascom democristiana - afferma il presidente uscente Salvatore Bottari - Ma adesso non è più così: nel nostro gruppo dirigente le opinioni politiche abbracciano tutto il ventaglio dei partiti".

Questo è un punto che ci tengono tutti a rimarcare, "Il tale è di Forza Italia, l’altro di An, l’altro ancora ha candidato con la Lega… a Roma uno dei nostri esponenti più significativi è parlamentare con Berlusconi…". Sembra quasi un corteggiamento del centro-destra, ma non lo è: si tratta invece della rivendicazione, talora puntigliosa, di essere un sindacato non collaterale a nessuno.

Ma allora, qualè la specificità attuale di Confesercenti? "Siamo un gruppo di imprenditori che lavora nell’associazione da volontari; spinti dalla passione - ribadisce Bottari - Anche se ora siamo cresciuti e diventati più importanti, non siamo certo sinonimo di occupazione di posti di potere".

Non sono parole di routine, e soprattutto a Trento. dove, nella concorrente Unione Commercio si è creato un ceto di "rappresentanti degli imprenditori" che imprenditori non sono e alcuni nemmeno lo sono mai stati: i famosi "culi di pietra" che Questotrentino ha tanto spesso sbeffeggiato. Un’anomalia vistosa: Pedri e Zobele, di Confindustria, sono industriali veri, e così Tosi e Uez sono artigiani; come pure, a livello nazionale, Montezemolo o D’Amato, che le loro imprese le hanno, e che imprese!

A Trento invece il presidente dell’Unione Gianni Bort ha, come paravento, l’1% di un alberghetto, mentre l’altro boss, Mario Oss, ha sempre solo trafficato in politica, e il presidente degli esercenti Buratti gestisce il baretto interno dell’associazione. Il fatto è che l’Unione Commercio è ricchissima: proprietaria della Seac, società di software con il vento in poppa, guadagna euro a milioni, buona parte dei quali finiscono nelle tasche dei dirigenti. Ed ecco quindi la caratteristica sociologica dei dirigenti dell’Unione: non imprenditori con la passione dell’impegno sindacale, ma bande di bucanieri della politica all’assalto della cassaforte.

Con il risultato che poi il rapporto con gli associati, i loro problemi, sono l’ultimo dei pensieri di siffatti dirigenti: "Da noi un associato imbufalito può venire qui a pestare i pugni sulle nostre scrivanie, e lo stiamo a sentire; - dicono alla Confesercenti - all’Unione invece…" neanche lo fanno salire ai piani alti.

Salvatore Bottari, presidente uscente di Confesercenti.

Questa differenza sociologica è l’orgoglio dell’associazione: "Il presidente Bottari era ed è un ambulante, tutti i giorni va al lavoro ai mercatini".

"Le associazioni di categoria - scrive nel suo programma il candidato alla presidenza Cavosi, barista - tendono a perdere il ruolo di fattori di sviluppo per diventare inutili organismi, finanziati dai cittadini produttivi, con i quali una classe dirigente vecchia e asfittica alimenta se stessa in modo miope e autoreferenziale spartendo, sempre tra i soliti noti, posti di potere, sottogoverno e prebende": un (esplicito) atto di accusa all’Unione.

Altrettanto netto l’altro candidato Lombardini: "Con il metodo di fare sindacato dell’Unione non ho niente a che spartire".

Il rimo punto che caratterizza Confesercenti è quindi il rapporto con gli associati, evidenziato dalla stessa storia dei candidati: "Mi sono avvicinato a Confesercenti per motivi professionali - afferma Lombardini, che da pubblicitario cura l’immagine e le pubblicazioni dell’associazione – ed è subito nato un feeling e un apprezzamento sincero per quella maniera di essere categoria: ho finito col dedicarvi molto più tempo di quanto inizialmente pensassi".

"Dopo vent’anni all’Unione, perse le speranze di riformarla, sono passato a Confesercenti - racconta Cavosi - E qui è stato logico organizzare contatti continui con gli associati: abbiamo due persone sul territorio che seguono i vari esercenti, li ascoltano, ne raccolgono le esigenze, forniscono assistenza spicciola. Questo è il nostro rapporto".

Conseguente a questa impostazione è l’attività sindacale più immediata, su obiettivi molto concreti come il blocco dell’aumento della tassa sui rifiuti, la riduzione della Cosap (la tassa sull’occupazione di suolo pubblico) per gli esercizi della periferia, ecc.

Ma il punto più caratterizzante di Confesercenti è quello "di associazione che non sale preventivamente sulle barricate, che cerca il rapporto positivo con il resto della società, che si fa carico della complessità dei problemi" - come dice Bottari. Di qui il rifiuto della polemica preventiva con le Associazioni dei Consumatori, l’accettazione, anzi la promozione a livello provinciale, della legge sul fumo negli esercizi ("è un discorso di tutela della salute degli associati, dei clienti, come pure un fatto di cultura complessiva" - afferma Cavosi).

Anche qui subito si evidenzia la distanza siderale dall’Unione Commercio; i cui dirigenti - forse per la propria cultura, forse perché non hanno rinunciato alle velleità più strettamente politiche, nel centro-destra e quindi in contrasto con gli amministratori delle ultime legislature - si sono fatti riconoscere per le polemiche astiose, spesso strumentali, sempre grettamente corporative.

Rimarrà nella storia di Trento la contestazione degli anni ‘80 dei commercianti del centro storico, organizzati dall’Unione, arrivati a consegnare al sindaco simboliche chiavi della città, contro i lavori per lo splendido arredo urbano, che una volta finiti avrebbero di molto valorizzato i loro negozi, ma intanto disturbavano l’accesso ai clienti. Oppure, rimanendo alla cronaca di questi giorni l’episodio del rappresentante dell’Unione che, durante un articolato e propositivo dibattito sull’inquinamento da traffico e possibili rimedi, si esibiva in rabbiose richieste di aumento di strade e traffico, visto come elemento imprescindibile per il turismo e l’economia tutta; dopo di che se ne usciva dalla sala, indifferente a repliche o opinioni difformi.

Di questa visione ristretta, bottegaia nel senso più misero, in Confesercenti non c’è traccia. Anzi, c’è l’orgoglio di proclamarvisi estranei: "Con la politica noi dobbiamo e vogliamo rapportarci: ma non come lobby, bensì come parte della società, che si confronta, solleva problemi e porta idee" - ci dicono sia Cavosi che Lombardini.

Tutto bene quindi? Calma. Confesercenti ha anche collezionato brucianti sconfitte. Forse proprio per la sua crescita, che ha dato molto fastidio all’Unione, ma non solo; forse perché al numero delle imprese non corrisponde un adeguato peso economico; forse perché non ha saputo tessere alleanze ed è stata percepita come il Pierino della situazione, che è meglio tener fuori dalle stanze dei bottoni. Per alcuni o per tutti questi motivi, sta di fatto che le altre associazioni hanno finito con l’appoggiare i niet dell’Unione, ed hanno prima escluso Confesercenti dal Coordinamento Imprenditori, e poi la hanno cacciata dalla Giunta della Camera di Commercio.

Siamo quindi al paradosso che un’associazione in forte crescita, che raggruppa oltre 3.000 imprese, viene tenuta fuori dai momenti di discussione e decisione. Un evidente atto di arroganza, assolutamente antidemocratico, che evidenzia il carattere oligarchico, da club di burocrati amici degli amici, delle strutture imprenditoriali locali.

Ma al contempo evidenzia la debolezza di Confesercenti: se i gradassi ti prendono a sberle, devi attrezzarti.

"Dobbiamo adeguare l’associazione alla sua stessa impetuosa crescita: dal punto di vista della struttura e da quello della rappresentatività politica" - affermano sia Cavosi che Lombardini.

"Dobbiamo avere una rappresentanza forte, riconosciuta e riconoscibile" - aggiunge Cavosi.

"Bisogna portare in Confesercenti imprese adeguate, come dimensioni ed ambito d’intervento (i settori innovativi) per avere una rappresentatività imprenditoriale più significativa - sottolinea Lombardini - E questo lo otteniamo se riusciamo a proporci come il sindacato d’impresa che dà risposte complessive".

Per intanto la furbata dei marpioni, di tenere Confesercenti fuori dalla porta, non si è rivelata pienamente produttiva. Infatti l’associazione, esclusa dalla Giunta ma presente nel Consiglio della Camera di Commercio, ha iniziato a chiedere un minimo di trasparenza, "essere messi a conoscenza delle cose su cui andiamo a votare": fatto inusitato in via Calepina, dove tutto si decide tra le ovattate stanze, e che ha portato su tali posizioni anche altre rappresentanze. Insomma, Confesercenti ha cominciato a funzionare da cuneo nel muro delle conventicole dei locali poteri forti.

A questo punto forse faranno meglio a cooptare Confesercenti. Non è che l’associazione ridiventa buona buona con un paio di poltroncine?

"Io non voglio che Confesercenti diventi questo - afferma Cavosi nel suo programma - Voglio che conservi il suo spirito innovatore, non che assuma l’inutile ruolo degli intermediari del potere... nemici della crescita e dell’innovazione".

"Il senso del mio impegno è proprio questo - risponde Lombardini - Fare politica imprenditoriale alternativa a quella, asfittica, delle attuali oligarchie. Faccio un esempio, che i lettori di Questotrentino capiranno bene. Alla recente presentazione roveretana del libro di Zanin ‘Gli anni del ciclostile’ è intervenuto Mariano Volani, rivendicando i meriti della sua posizione di imprenditore in quegli anni. ‘Come fai ad essere così spudorato? - gli ho pubblicamente replicato - Tu non sei stato un imprenditore, ma un faccendiere! Hai rovinato tutti quelli che ti erano intorno’. La cosa ha creato scandalo, rompevo un tabù; ma poi sono venuti in diversi, e tanti erano del mondo imprenditoriale, a dirmi che avevo ragione. Ecco, l’imprenditoria trentina ha bisogno di guardarsi in faccia, di rompere le omertà, di innovarsi".