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Paolo Poli e Corrado Guzzanti

I trasgressivi

Paolo Poli è fisiologicamente trasgressivo. Tutta la sua comicità è costruita sullo stravolgimento delle convenzioni, anzi sulla loro irrisione, talora così cinica da risultare imbarazzante, quando arriva a deridere gli stessi principi etici di cui le convenzioni malamente si presentano come baluardo. Di lui in particolare ricordiamo uno struggente “Relazioni pericolose” dall’omonimo romanzo epistolare di fine ‘700 di Choderlos de Laclos, di cui Poli forniva un’interpretazione estremista, con i due protagonisti, una coppia di libertini eterei e malvagi, descritti con cinica, leggiadra complicità, a sottolineare il primato di intelligenza e sfrontatezza sulle noiose pastoie dell’etica. Struggente, dicevamo: perchè l’amoralità esibita da Poli ti colpiva duro, e uscito di teatro non potevi buttartela dietro le spalle.

Di tutto questo praticamente nulla è rimasto nei “Sillabari” recentemente passati al Sociale di Trento. Si tratta di tenui scritti di Goffredo Parise, esili raccontini ambientati tra gli anni ‘40 e ‘60, dove tutto, a iniziare dalla guerra, è un vago sfondo di color pastello. Alle prese con un tale testo (ma perché questa scelta?) Poli non lo reinterpreta stravolgendolo, ma vi si adegua; cerca di lavorare sulla leggerezza, ma approda all’inconsistenza. Il trasgressivo, tagliatesi le unghie, rimessosi in riga, diventa banale, quando non noioso.

Tutt’altra storia Corrado Guzzanti, approdato anch’egli a Trento con il suo ultimo recital. Epurato dalla Tv (d’accordo, il regime non c’è, però...) in teatro e nei palazzetti dello sport (da noi al vergognoso Palaghiaie, concepito per la pallavolo e non per il teatro, con l’acustica che uccide le modulazioni della voce) non risulta confinato, anzi: senza più alcuna delle remore che comunque la Tv impone, il nostro può esprimersi in tutta la sua caustica irriverenza. Quindi non più solo i politici (con un Tremonti peraltro centrato al cento per cento nella sua volgare e spocchiosa vacuità), ma in un irresistibile crescendo anche il clero, la religione, Dio, il senso stesso della vita. Un sarcasmo che tutto dissacra ma che al fondo, non è cinismo, bensì ironica amarezza nel disvelare il gioco incrociato di imbrogli e credulità. Mirabile la figura del cardinale cinico e disincantato, che ridicolizza fede e religione: “Dio? Ma per favore! Lo si sa, lo si sa che gli uomini se lo sono inventato per darsi un supporto alla bestemmia”.

Alcuni spettatori non reggono e escono prima della fine, i più invece si scompisciano dalle risate. E in effetti si ride anche smodatamente, ma al contempo si aziona il cervello. E questa è la funzione dei veri trasgressivi.