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QT n. 7, 5 aprile 2003 Servizi

Sì alla guerra senza se e senza ma

Dall’America alla destra italiana: le poche, curiose voci apertamente favorevoli alla guerra.

L’arcipelago delle voci contrarie alla guerra di Bush contro l’Iraq è noto, e va dalla sinistra antagonista alla destra radicale (unica, aperta frangia antiamericana), passando dall’universo cattolico ad un vasto settore dell’opinione pubblica. Ma quali sono le voci di chi, a guerra iniziata, sostiene ancora apertamente questa posizione e la sua legittimità?

Negli States si trovano ovviamente le voci più forti tra chi è apertamente sostenitore del conflitto. Ma se la maggior parte dei media è moderatamente schierata dalla parte del Presidente, e si "limita" a censurare la drammaticità del conflitto per la popolazione civile, mentre una risicata maggioranza pubblica si stringe, come è d’uso ad ogni scoppio d’evento bellico, attorno alla bandiera, c’è chi il suo "iuessei iuessei!" lo pone come un dogma, tra l’investitura divina della lotta del Bene contro il Male e il senso d’onnipotenza di un supereroe della Marvel. E’ il caso dell’associazione AVOT (Americans for victory over terrorism: un nome, un programma) www.avot.org, che, citando Lincoln, esprime a proposito della guerra in corso la propria concezione di libertà: "Il mondo non ha mai avuto una buona definizione della parola libertà (…) Il pastore allontana il lupo dal cammino delle pecore, perciò le pecore ringraziano il pastore come un liberatore, mentre il lupo lo accusa come distruttore della libertà". E poi ancora: "Ci sono tiranni e fanatici che non vogliono altro che la nostra morte. E a questa osservazione occorre rispondere con l’azione del coraggio, l’azione di chi non è mai ringraziato, l’azione della libertà".

La figura di Saddam Hussein sembra, tra i fautori della guerra, aver sostituito da tempo quella di Bin Laden, nascosto chissà dove, dimenticato, per ora, dal mondo. E così, nella scala del male, un dittatore sanguinario come tanti altri viene eletto all’occorrenza leader terrorista.

Ecco l’apertura del sito www. studentsforwar.org (Studenti per la guerra): "Siamo risoluti ad assicurare che nessuna città americana sia attaccata da armi chimiche, nucleari o batteriologiche. A tal fine, supportiamo l’azione militare volta a rimuovere il più presto possibile Saddam Hussein dal potere e ad assicurare il disarmo dell’Iraq. Per favore, unitevi a noi in quest’importante sforzo".

Si è parlato molto dell’aspetto religioso (fanatico) di Bush, e di quanto l’amministrazione americana sia sostenuta dalle destre radicali ebraica e cristiana, insolitamente alleate in una versione antislamica. Un caso significativo è il giornale on line www.debka. com, nella versione bilingue ebraico-inglese. Presunto scopo è un’informazione corretta ed indipendente su terrorismo internazionale, intelligence, conflitti internazionali, Islam, affari militari e sicurezza, ma basta leggere qualche news per capire la correttezza e indipendenza dei pezzi.

Ma il vero leit motiv dell’America che sta con Bush è la certezza di vivere nel migliore dei mondi possibili, e che questo modello debba essere esportato con la forza. Queste le parole del sito www.defenseofamerica.org, associazione patriottica nata in risposta all’11 settembre: "La sponsorizzazione del terrorismo da parte di Stati non è un fenomeno nuovo, è una tecnica di guerra degli Stati con un odio profondo nei confronti dell’America. Essi odiano i forti valori della nostra grande nazione. Essi detestano il nostro individualismo, la nostra produttività, il nostro orgoglio, ma soprattutto odiano ciò per cui i nostri Padri Fondatori combatterono: libertà, garantita dai diritti alla vita e all’inseguimento della felicità. Le nazioni terroristiche odiano l’America perché sono basate su principi opposti (…) La guerra contro il terrorismo non è una guerra nuova; è solamente il nuovo capitolo d’una guerra vecchia di secoli, quella delle nazioni libere contro le dittature C’è solo un modo per terminare questa guerra: fermare il terrorismo. Il mondo civile deve esportare libertà in ogni angolo del globo".

Toni non molto dissimili li troviamo su www.defendame rica. mil, un sito governativo nel quale si possono trovare ulteriori link, tanto militari quanto governativi, dei fautori della guerra.

Infine, è da segnalare il sito www.giveitback.net, che raccoglie firme per restituire alla Francia, ormai considerata un’amica di Saddam e del terrorismo, niente meno che la Statua della Libertà…

L’interventismo in Italia non poteva essere che all’italiana, con un Berlusconi mai così macchietta nel voler salvare capra e cavoli, combattuto tra la voce suadente del "my friend George" e un’opinione pubblica compattamente schierata contro la guerra. Così da noi l’interventismo appare per lo più velato, affidato a qualche Vespa, incapace però di pungere, e a qualche voce più decisa, che però, nella solitudine e con argomentazioni alquanto singolari, appare più come la voce dell’eccentrico di turno che come un credibile punto di vista.

Dalle argomentazioni portate da questi ultimi, emerge, come negli States, l’idea di un’epica lotta tra Bene e Male, nella quale la Democrazia va esportata con le armi, e le nefandezze degli uni non si possono paragonare con quelle degli altri, perché chi lo fa è antiamericano, sta col Male. Così l’orrore per i prigionieri USA videoripresi non è comparabile con quello dei prigionieri afgani a Guantanamo, ripresi incappucciati, legati in catene, torturati. Così lo sterminio di Saddam sui curdi è da condannare, mentre quello della Turchia, secondo esercito Nato e prossima all’Europa, no. Eccetera eccetera.

Due pesi e due misure, quindi, situazione che il sito di Forza Italia (www.forza-italia.it) ribalta completamente: "Due pesi e due misure. Anche la crisi irachena mostra il solito coro a senso unico dei maestri del pensiero unico e della disinformazione. Per cercare di riequilibrare la situazione, ti proponiamo venti domande sulla guerra contro Saddam". Nei venti punti a favore della guerra che seguono, si risente il ritornello dell’antiamericanismo della sinistra, si tenta di dare legittimità giuridica alla guerra con la risoluzione 687 dell’aprile ‘91, si torna a ribadire quanto il popolo iracheno non possa che essere favorevole alla guerra, nonostante che le immagini e le interviste ai civili che ci giungono da Baghdad rivelino quanto i bombardamenti siano sgraditi al popolo iracheno; insomma, per dirla con le loro parole, "Iraq libero senza se e senza ma!".

Gli altri partiti del centrodestra sulla questione sembrano tacere; solo qualche accenno sul sito della Lega (www.leganord.it), che riporta l’umanitarismo di Bossi nei confronti dei futuri profughi.

Decisamente più schierati con la guerra di Bush alcuni quotidiani, in primis il Giornale, Il Foglio e Libero; quest’ultimo, con l’inconfondibile stile da fanzine di gruppo ultras, giunge perfino, per sostenere la guerra, ad allegare come gadget la bandiera degli USA; una mossa poco felice, perché tra i milioni di vessilli della pace che colorano le nostre città, le bandiere USA, ma anche i tricolori che AN ha invitato ad apporre, appaiono come un ago nel pagliaio. I sopracitati quotidiani, assieme al settimanale Panorama, hanno promosso, a data da destinarsi, una manifestazione pro guerra (USA day II); siamo tutti curiosi di vedere quante persone riusciranno a portare in piazza.

A favore della guerra - e come poteva non esserlo?- anche la parte peggiore del ricco nord-est, quello delle percentuali bulgare alla Lega e dell’intolleranza verso gli immigrati. Ce lo conferma indirettamente il simpatico Mario Zwirner, quello che durante una sua trasmissione su Telenuovo ha assistito all’aggressione da parte di alcuni militanti di Forza Nuova al fenomeno Adel Smith; nella sua rubrica "L’opinione", sostenendo che certo, moltissime sono le bandiere della pace ma che forse c’è una maggioranza silenziosa favorevole alla guerra, dichiara a riprova di ciò che durante una trasmissione di Telelombardia, "Iceberg", si è fatto un sondaggio tra i telespettatori e che l’89% di questi era favorevole alla guerra. Il campione era certamente rappresentativo, ma di cosa?

Apertamente a favore della guerra sono poi due siti delladestra israeliana in lingua italiana, www.honestreporting.it e www. informazionecorretta.com (curioso il fatto che più si è faziosi, più ci si voglia parare nel nome).

Nell’accurata rassegna stampa, come pure negli editoriali, è palese la volontà di accomunare la battaglia di Bush contro il terrorista Saddam con la guerra di Israele contro il terrorista Arafat; e se chi è contro la guerra è antiamericano, allora chi è contro la politica di Sharon è antisemita.

Così in un editoriale:"A Parigi i pacifascisti hanno messo in atto la solita caccia all’ebreo durante un corteo di centomila persone avvolte nella bandiera della pace alternata con bandiere palestinesi e irachene. ‘Eccoli, laggiù ci sono degli ebrei’ pare abbia urlato qualcuno del corteo indicando quattro ragazzi con la kippà in testa; erano proprio ebrei, di sinistra, che sfilavano anch’essi per la pace: sono stati pestati e uno è finito all’ospedale.

Forse, spero, avranno capito che la Pace non ha niente a che vedere coi cortei pacifisti. In Italia i soliti hanno bruciato automobili con targa americana. A Ramallah (…) i nuovi nati si chiamano tutti Saddam, una strada di Betlemme è stata denominata ‘Paris Street’ in onore dell’amica Francia, sempre devotamente vicina a tutto quello che odora di terrorismo arabo.

La brutalità dei movimenti pacifisti si sta sfogando nelle strade d’Europa, , sempre più antisemita e antiamericana".

Il principio secondo cui tutto può essere trasformato in business neanche con la guerra è stato smentito; i più scontati sono stati i videogames per playstation e simili, che hanno dato vita a repliche modernizzate di "War on Gulf I". Più originali le uova di Pasqua messe in vendita dall’americana Kmart & Walgreens: la sorpresa è un soldato in assetto da combattimento (www. villagevoice. com). Da segnalare poi gli adesivi prodotti da un’azienda italiana acquistabili nelle edicole: adesivi con i colori della pace per i pacifisti e, per i sostenitori della guerra, adesivi con la bandiera a stelle e strisce.

Ma la cosa più sorprendente è stata la presa di posizione del mondo della moda: non parliamo del gruppo di fotomodelle in passerella con i colori della pace, ma della moda primavera-estate 2003 presente nelle collezioni di moltissime firme, che chiunque può osservare nelle vetrine dei centri commerciali; così ce la presenta il sito www.spaziodonna.com: "A fare shopping, ma anche a teatro o in discoteca, come in trincea. Ovvero, con la tuta mimetica. Non arriva dalle passerelle la nuova moda femminile dell’army look, che sta spopolando in questo freddo inverno. Ma direttamente dalla strada. E la conferma arriva dai negozi: più di duemila paia di pantaloni militari venduti, da settembre ad oggi, da Fiorucci, in San Babila a Milano. Per non parlare delle bancarelle del mercato o dei negozi specializzati". Una moda che, nonostante sia imposta da un gran numero di vetrine, viene però rifiutata dalle visitatrici dello stesso sito, che non pensiamo sia una voce del movimento pacifista: ben il 92% delle intervistate hanno risposto no al quesito: ‘Ti piace la moda militare’?.

Dal mondo della musica nessuna voce si è schierata per la guerra, come sempre del resto. Anzi, dagli States all’Inghilterra, ove il gruppo Massive Attack ha coniato una canzone di successo contro Blair, moltissimi gruppi e cantanti hanno dichiarato la loro contrarietà a questa guerra preventiva. Tant’è che i paladini della libertà sono ricorsi alla censura, come in Inghilterra (ce lo racconta Repubblica), ove l’ITC, istituto che vigila sulle telecomunicazioni in Gran Bretagna, ha bandito la messa in onda di tutte quelle canzoni e videoclip che, in qualsiasi contesto, parlino di soldati, guerra e bombe, costringendo network come MTV a rivedere l’intero palinsesto. Tra le canzoni censurate, l’intero repertorio dei B52’s, pezzi degli Aerosmith, di Bon Jovi, Iggy Pop, Radiohead, Cranberries, U2 e Billy Idol, per citare solo i più famosi, giungendo a risultati ridicoli come la censura della canzone "Sex bomb", che non parla certo di guerra…