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E tu da che parte stai?

Con Bush o con Saddam? Contro entrambi.

La guerra è scoppiata ed infuria tra il Tigri e l’Eufrate, nei luoghi dove è cominciata la storia. Noi siamo "non belligeranti", anche se dal Veneto sono partiti mille parà in assetto da combattimento per recarsi nel nord dell’Irak a impantanarsi nel caotico ed intricato groviglio fatto di rivendicazioni curde, di "cose turche", di improvvide strategie anglo-americane, di mirabolanti giacimenti petroliferi.

Intanto i nostri parà in pantofole non belligeranti si scatenano contro i pacifisti sfidandoli a rispondere ad una domanda che ritengono decisiva: "Ora che la guerra è iniziata con chi state, con Bush o con Saddam? Chi volete che vinca, la coalizione anglo-americana o il dittatore irakeno?". Epifani ha risposto che non si schiera né con l’uno né con l’altro, ed è stato lapidato come amico del nemico. Eppure Epifani ha ragione. E, posto che è ragionevole prevedere che la vittoria militare toccherà a Bush, fin da ora è tuttavia evidente che in realtà siamo tutti politicamente sconfitti, intendo come occidentali, con i nostri valori, proprio a cominciare dagli Stati Uniti d’America.

Vediamo le due questioni con doverosa pacatezza.

Può accadere che sia impossibile schierarsi con l’una o l’altra parte in conflitto. Prendiamo il caso di una cosca mafiosa che faccia strage della famiglia rivale. E’ uno scenario ricorrente nella Detroit degli anni del proibizionismo. L’orrore provocato da simili faide non comporta alcun sentimento di solidarietà o simpatia per la vittima o per l’aggressore. Entrambe le parti suscitano eguale riprovazione, perché estranee al vivere civile ed ostili al principio di legalità che ne costituisce il fondamento.

So bene che il governo degli Stati Uniti d’America non è una cosca mafiosa, come non lo è del resto nemmeno il regime di Saddam. I paragoni non sono mai perfetti, e solo si giustificano purché l’essenza delle due situazioni confrontate sia coincidente. E’ questo il caso nostro. Saddam è un dittatore e non un leader democratico. Ha represso il suo popolo, ha violato le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E’ dunque un fuorilegge, un insulto alla legalità internazionale. Bush ed il suo fido compare Blair hanno a loro volta calpestato i principi e le procedure della nascente legalità internazionale. Anche ammesso, in ipotesi, che Saddam Hussein meritasse la pena di morte, certamente non la meritano gli incolpevoli sudditi del suo regime, vittime degli effetti collaterali dei bombardamenti, né i soldati irakeni e tanto meno quelli delle truppe anglo-americane periti in combattimento.

Disegno di Toti Buratti.

L’oltraggio alla legalità internazionale è reso anche più intollerabile dall’inettitudine tecnica e politica che caratterizza la conduzione della guerra. Le vittime del "fuoco amico" e la resistenza irakena che ha un’evidente carattere popolare sono sintomi di errori operativi e di distorte valutazioni del campo avversario che hanno del clamoroso. Dunque oltre che responsabili di un crimine contro l’umanità Bush ed i suoi consiglieri sono anche così maldestri da moltiplicare gli effetti disastrosi immediati della loro abominevole iniziativa. E tuttavia è ragionevole la previsione che conseguiranno la vittoria sul terreno militare.

Ma che vittoria sarà? A quale prezzo sarà stata conquistata? Sarà stato disarmato Saddam Hussein e distrutto il suo regime, ma con il bel risultato di aver contemporaneamente consegnato a moltitudini immense di islamici l’arma dell’odio vendicativo da consegnare a Bin Laden per potenziare la sua guerra santa. Sarà stata dimostrata l’efficienza distruttiva della grande potenza imperiale, ma sarà stata anche contemporaneamente vanificata la speranza di poter organizzare l’intera umanità secondo un civile modello di legalità internazionale. Sarà il trionfo militare dello stato guida dell’Occidente, ma eretto sulle macerie dei valori che hanno reso l’Occidente civile.

Con quale America abbiamo a che fare?

Quella dei presidenti Woodrow Wilson e Franklin Delano Roosvelt o quella che ha assassinato Abramo Lincoln e John F. Kennedy? Quella dei diritti civili e di Martin Luther King o quella del Ku Klux Klan? Quella dello sbarco in Normandia o quella di Hiroshima e Nagasaki?

Quando malvagio è un estraneo ci prende l’indignazione. Ma quando lo è un amico o un fratello la rabbia è anche maggiore e si accompagna allo sconforto e quasi alla disperazione. Tu quoque Brute, fili mi?!