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Scultura lignea russa

In mostra a Vicenza fino al 5 novembre.

La Galleria di Palazzo Leoni-Montanari a Vicenza possiede una collezione di oltre 130 icone russe, fortemente evocative della sacralità ortodossa. Non è quindi un caso che in tale sede espositiva, custode tra l’altro di una significativa galleria di pittura veneta, si sia allestita una mostra volta alla scoperta della scultura lignea russa dall’età del bronzo all’Ottocento. Sessanta gli oggetti provenienti dai più importanti musei moscoviti, dal Museo Rublev al Museo del Cremlino. Manufatti quasi esclusivamente riferibili alla religiosità, a iniziare dal primitivo tema dell’Albero della Vita, legato alla conoscenza del Bene e del Male, fino a giungere al tema salvifico della Croce, vissuto sia in una forma liturgico-monumentale che privata, intimamente devozionale.

San Nil (prima metà dell’Ottocento).

Tra le figure dei santi, un posto di primissimo piano spetta a San Nicola, invocato dai fedeli per una vasta casistica di problematiche, dalle eresie ai viaggi in mare, dalle infermità alle incarcerazioni. La sua immagine compare in moltissime tavolette votive, con una popolarità replicata solo da Santa Parasceve la Giovane (un’eremita la cui vita è strettamente legata al tema della Passione) e dai santi guerrieri Michele Arcangelo e Giorgio, quest’ultimo raffigurato quasi sempre nella classica iconografia che lo coglie in lotta col drago. Nelle edicole disseminate anche nelle più remote delle terre russe si possono rintracciare altre popolari figure, da quella ascetica del monaco Nil, a quella patetica del Cristo incarcerato, fino alla Madonna con Bambino, presente in una ricca casistica di sottili varianti iconografiche.

A differenza dell’arte religiosa occidentale, dove anche se l’opera veniva realizzata all’interno di una bottega essa era comunque riconducibile a un singolo - più o meno affermato - artista, nelle antiche terre russe l’opera d’arte assumeva una valenza spiccatamente popolare, corale, e dunque anonima, non riconducibile alla mano di un singolo nome. Di più, come la storia delle icone ci insegna, un’opera era tanto più apprezzata quanto più questa si rifaceva alla tradizione, diventando così copia di copia, assolutamente spersonalizzata, al punto che un occhio non esperto difficilmente può distinguere un esemplare novecentesco da uno di molti secoli fa. Caratteri dunque arcaicizzanti, a tratti primitivi, per molti più materiale etnografico che da museo d’arte. La qualità qui però non c’entra, il parametro è un altro, quello della devozione e del patetismo che tali opere potevano e possono ancora oggi suscitare. Oggetti che oltre a raffigurare il divino, sembrano incarnarlo, diventando così quasi delle reliquie.

Il percorso espositivo si apre con le origini pagane della scultura lignea russa. Il più antico oggetto esposto è infatti una testa di idolo risalente all’età del bronzo, ovvero verso la fine del terzo millennio avanti Cristo; una piccola scultura dalle forme sintetiche, essenziali, che ritornano anche in esemplari relativamente più recenti, come in una maschera antropomorfa del XIII secolo o in una coppia di piccoli idoli dell’Ottocento. Questi ultimi due, legati al paganesimo diffuso tra i contadini e inerenti le divinità della terra, sorprendono per l’arcaismo universale che li caratterizza, tanto che manufatti simili si possono ritrovare anche in Europa, Africa e perfino Oceania.

La mostra ha anche il merito di sottolineare come l’utilizzo della scultura lignea in Russia non abbia toccato solo la sfera magico-religiosa dell’individuo, ma anche innumerevoli aspetti della vita quotidiana, a sottolineare l’importanza del legno nell’economia, nell’estetica e nell’immaginario di un territorio. Tra i più curiosi oggetti esposti, segnaliamo ad esempio un settecentesco albero di una barca per la navigazione fluviale, raffigurante il sole e una trave di raccordo di un tetto, a foggia di cavallo, uno degli animali più ricorrenti nelle leggende russe.

Tra gli oggetti devozionali più sentiti e diffusi, un posto di primo piano spetta per frequenza e simbologia indubbiamente alla croce, documentata nel percorso in numerosi esemplari, da quelli più classici e statici (in mostra un esemplare del ‘600 proveniente dal Museo Statale di Polech) a quelli utilizzati nel corso delle processioni, come la cinquecentesca croce processionale dipinta a tempera, fino a varianti iconograficamente più complesse, come la croce devozionale della Galleria Statale Tret’jakov di Mosca.

Non meno ricco il nucleo di opere dedicato alla statuaria sacra, testimoniata sia da esemplari a tutto tondo – da San Nicola a Santa Parasceve, da San Giorgio a San Nil - che da numerosi icone scolpite a bassorilievo, altrettanto diffusa variante dei più noti esemplari bidimensionali. Tra gli oggetti più insoliti legati alla religiosità ortodossa, segnaliamo una coppia di corone nuziali, delle “porte regali” intagliate sei-settecentesche (si tratta di porte a due battenti inserite al centro dell’iconostasi che separa il presbiterio dal resto della chiesa) e una “chiesa da viaggio” tardo-cinquecentesca, utilizzata per il trasporto delle icone e degli oggetti legati alla liturgia.

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