Luigi Penasa
Una mostra sugli sguardi, vividi, trasparenti e interroganti, il tema della ricerca dell'identità: una mostra intensa allo Studio Andromeda.
I dipinti di Luigi Penasa che abbiamo visto in questi giorni (“Sguardi”, allo Studio Andromeda di Trento) sono un altro passo nella direzione e per certi versi nella svolta che egli aveva imboccato qualche anno fa. Il tema della ricerca d’identità e del peso dei legami sociali sull’individuo, pur restando sempre al centro della sua ricerca, venne da quel momento totalmente affidato alla levità dei puri mezzi pittorici.
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Fu lì che prese avvio questo suo lavoro sul frammento e sulle relazioni figura-decorazione, in cui viene sì in piena luce la suadente sensibilità cromatica e l’attitudine a giocare e far interagire diversi registri pittorici, ma soprattutto il fatto di proporci queste gratificazioni percettive come aspetti di un pensiero che si/ci interroga.
Oggi sono soprattutto gli sguardi, gli occhi di personaggi ritratti a memoria, a focalizzare l’attenzione. Ma tutto avviene all’interno di un lessico del frammento, sia della figura – anche le mani vi svolgono una parte non secondaria – sia dei fondi decorati a stampino, una carta da parati “fatta in casa” e applicata a collages in cui affiora tra l’altro il piacere, forse terapeutico, di qualcosa che ricorda la continuità del ricamo e crea un deposito di variazioni sempre disponibili per nuovi lavori.
L’opera per accostamento di pezzi rimanda a un difficile ma anche ironico lavoro di ricomposizione, di ricerca di identità. E lo stesso rapporto tra (pezzi di) figura e (pezzi di) tappezzeria è allusivo: uno smarrimento non è necessariamente un dramma, ci si può elaborare una filosofia di vita, in cui far tesoro, per sé e per altri, di tentativi parziali di dare un qualche ordine (un qualche “cosmos”) al caos.
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Niente di definitivo, s’intende. La figura è una presenza leggera, il dettaglio dello sguardo sorprendentemente vivo e trasparente entro un volto volutamente esposto a slittamenti, a sensazioni di sfocatura e instabilità, talvolta sormontato da corna che aggiungono altre stratificazioni simboliche e lontane mitologie.
Il catalogo è un elemento non esornativo della mostra: nessun testo critico, ma vari brani scelti da Penasa tra gli autori che ama, messi lì a interagire con i suoi dipinti. Forse non risposte, ma aperture di senso, per quegli sguardi interroganti.