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La politica dov’è finita?

Marasma nei Ds: litigi ed abbandoni, guerre interne e riappacificazioni. Ma tutto solo per la poltrona.

Non era mai accaduto che il pacioso Giorgio Tonini, senatore diessino ma di cultura democristiana, abituato ai compromessi (intelligenti, se possibile) e al vivere del mondo, perdesse pubblicamente le staffe. “Il segretario Andreolli ha sbagliato: chieda pubblicamente scusa” ha tuonato sulle pagine dei quotidiani locali. Da noi raggiunto per telefono, è più pacato, ma la sua voce suona – insolitamente – desolata: “Non stiamo aggregando la gente, la stiamo allontanando”.

Il segretario dei DS, Remo Andreolli.

Risparmiamo ai lettori tutti i passaggi dell’ennesima baruffa in casa DS. In sintesi: c’è un congresso alle porte, e si ricandida l’attuale segretario Remo Andreolli. Andreolli ha tendenze autoritarie, da ras del partito: ricordiamo come alle ultime elezioni politiche abbia tentato di far candidare (e quindi eleggere) alla Camera una sua amica perfetta sconosciuta, tal Lucia Gatti, e poi si sia “accontentato” di rendere le primarie una burletta, di silurare il popolare on. Kessler, e di sostituirlo con un’altra, più credibile, sua amica, il sindaco di Borgo Laura Froner.

Contro Andreolli si candida Ferruccio Demadonna (che fa riferimento all’ala diessina contraria al Partito Democratico) e viene proposta Wanda Chiodi, sostenuta da alcuni consiglieri provinciali. Ma i due desistono. Cerca di presentarsi anche il sindaco di Lavis Graziano Tomasin, ma non trova 50 firme di sostegno. A questo punto il patatrac: in un’intervista al Corriere del Trentino, Andreolli ormai sicuramente riconfermato, elenca i dirigenti che costruiranno l’ossatura (diessina) del Partito Democratico, tutti suoi sostenitori. A precisa domanda ribadisce che quello è l’elenco. Insomma, chi ne è fuori, è emarginato: vale a dire, tra gli altri, l’assessore Bressanini, il capogruppo Barbacovi, l’ex-segretario Bondi, tutti rei di aver appoggiato candidature alternative alla sua. Barbacovi non ci sta: pubblicamente manda tutti a quel paese e restituisce la tessera.

I DS entrano nel marasma.

Nella descrizione di questo teatrino potremmo continuare a lungo, con i vari figuranti che si alleano, combattono, si riappacificano, tornano a litigare, ecc. Una serie di giri di valzer desolante, una commediola grottesca e anche scritta male.

Il punto di fondo però è un altro. Ed è che in tutto questo c’è un grande assente: la politica. Le baruffe diessine sono evidentemente mosse – lo capisce anche un cieco – dagli interessi personali. E’ fisiologico in organismi in cui la carica ideale è da tempo appannata, e tali sono i partiti odierni. Il grave è che questi interessi non si intrecciano più con la politica: di progetti, contenuti, azioni di governo, non si discute proprio, si discute solo di poltrone. Per capirci: anche il centro-sinistra nazionale litiga. E non c’è dubbio che dietro a questi scontri ci siano interessi individuali e di gruppo. Ma ci si confronta sui temi veri: la politica estera, le pensioni, la laicità, ecc. E allora, su un tema reale, il confronto diventa dialettica, coinvolge i cittadini, si misura con le loro risposte; e può portare a mediazioni che siano sintesi di culture e di interessi.

E nei DS trentini? Mah, il tema più politico che viene dibattuto è se Remo Andreolli può fare contemporaneamente il segretario e l’assessore…

I problemi politici che ha di fronte la sinistra (e il centrosinistra) sono a nostro avviso tre, intrecciati tra loro: come sta governando la Giunta Dellai; qual è il ruolo della sinistra al suo interno; quale percorso verso il Partito Democratico.

Sul primo punto Questotrentino ha scritto (come doveroso) fiumi d’inchiostro; anche in questo numero vi dedichiamo un preoccupato servizio d’apertura (Nuovo PUP: il Trentino frantumato e La sussidiarietà che fa male). E’ un tema che solleva lo stesso Dellai. E in fin dei conti, sia pur in modi confusi, attorno ad esso è ruotato l’intero congresso della Margherita (Il partito del Presidente). Ma non quello dei DS, per i quali “tutto va ben, madama la marchesa”. Salvo qualche improvvisa, estemporanea impuntatura che lascia il tempo che trova, come quando alla vigilia di Natale Andreolli abbandonò la seduta della Giunta Provinciale in polemica con l’assessore Grisenti, salvo farvi ritorno dieci giorni dopo come se nulla fosse successo.

E qui si arriva al secondo punto: il ruolo della sinistra nel governo della Provincia. Ininfluente. Ridotto a qualche no ad alcuni strampalati progetti che non stanno in piedi (PiRuBi), e praticamente niente altro: nessun ruolo propositivo, né di interdizione.

E’ quella che abbiamo chiamato la “sindrome della Jumela”, risalente alla ormai lontana battaglia contro l’ampliamento (super-assistito) di un’area sciistica poco vocata; persa quella battaglia – per pavidità, ossia per non aver voluto rischiare le poltrone – la linea diessina è stata quella di non avere né progetti né bandiere, per evitare gli scontri e quindi le sconfitte (Una generazione che non ha più niente da dire).

Il caso più eclatante è di questi giorni, sugli asili nido. Bandiera storica della sinistra e in sintonia con l’evoluzione della società, ormai proiettata verso il lavoro femminile come valore. Bene, su questo tema si è impegnata la vicepresidente Margherita Cogo; ma è stata lasciata desolatamente sola dal suo partito, all’insegna del “chissenefrega degli asili-nido”, fratello più giovane del ben noto “chissenefrega della Jumela”. Risultato: in Giunta è passata senza problemi la linea Salvaterra, aumento delle rette degli asili-nido, la donna la piasa, la tasa, la staga in casa.

Ma il governo deve fare i conti con la realtà sociale: anche sollecitata dalla stampa (e QT non certo in seconda linea, vedi No agli asili nido: le donne stiano a casa! e Politica della famiglia: realtà o chiacchiere?), vi è stata un’autentica ribellione a quest’andazzo, e Dellai si è visto costretto a correre ai ripari. Riprendendo lui il tema lasciato perdere dai diessini.

Tutto questo dovrebbe sollecitare un interrogativo: come si sta al governo? Ma per i DS è un tabù. Come tabù è discutere cosa fa Andreolli come assessore a una sanità in clamorosa carenza di indirizzo politico (Sanità: la fallace ossessione del risparmio), al punto dal venire (anch’essa) saltuariamente commissariata dallo stesso Dellai.

Ma di questo i DS non parlano: si aggrovigliano in bizantine discussioni sul conflitto d’interessi della figura del segretario-assessore, tenendosi prudentemente alla larga dal tema vero, il fallimento dell’assessore.

Infine il Partito Democratico. E’ il tipo di argomento che forse non appassiona il cittadino, ma in genere di grande interesse per chi si occupa di politica. Ma non per i DS trentini. Presso i quali si assiste a una curiosissima commistione di alleanze tra chi è favorevole, contrario e tiepido: la Cogo e Tonini, tenacissimi per il PD, sono assieme ad Andreolli, notoriamente molto freddo; con la Chiodi (pro PD) c’era Demadonna (contrarissimo) e Bressanini (molto tiepido). Insomma, nel gioco delle alleanze, neanche questa discriminante conta qualcosa. Ci si allea e si litiga su altri temi: i rancori e le carriere.

Come finirà?

Dal punto di vista dell’esito congressuale, non ci sono dubbi: Remo for president.

Il nostro, infatti, se come assessore è meglio perderlo, se come segretario politico è nullo, come segretario organizzativo è molto capace ed efficiente. E avrà fatto anche tante tessere in stile doroteo, però la gente, le sezioni, è capace di organizzarli.

E anche il suo carattere aiuta: inqualificabile nei rapporti con chi lo contrasta (in un paio di riunioni, pubbliche o di partito, ha dato sfogo ad escandescenze imbarazzanti, da arrogante che non percepisce i limiti del proprio potere), è invece avvolgente, compagnone quando serve, in ispecie nei rapporti con i compagni di base; e questo è apprezzato; e il mix dei due aspetti fa convergere i voti degli amiconi come quelli degli intimoriti.

Questo il quadro, tutt’altro che esaltante. In cui però sarebbe sommamente sbagliato individuare uno specifico responsabile, ossia il segretario. Il difetto infatti, a nostro avviso sta nel manico: è un decennio infatti in cui alla segreteria diessina si sono succeduti prima Stefano Albergoni e il suo demenziale “riconosco in Lorenzo Dellai il nostro leader”, poi Mauro Bondi con la resa sulla Jumela, infine Remo Andreolli; il problema non sta nei singoli, ma nel partito. Nella cultura di governo, che non si vede proprio.

O, meglio, non si vede più. Infatti erano giusto dieci anni fa, nel ’97, che la sinistra, con la Giunta Andreotti 2, dava il via a una stagione di serie riforme: quella della scuola con assessore Vincenzo Passerini, e quella istituzionale con Mauro Bondi. Poi le convulsioni della politica fecero prematuramente finire quell’esperienza (ma ne sortì alcuni anni dopo la riforma elettorale di Margherita Cogo, che oggi permette a Dellai di governare con tranquillità, e al centro-destra di coltivare progetti per batterlo al prossimo turno).

Ma dopo di allora, più nulla. In questi giorni un gruppo di personalità, del sindacato e due ex di prestigio come Sandro Schmid e Walter Micheli, hanno sottoscritto un Manifesto (lo riportiamo tra gli Interventi) per rivendicare “il valore della politica, le ragioni della sinistra”.

Il punto ci sembra proprio questo: in Trentino la sinistra ha perso le proprie ragioni. Se non le ritrova, se non torna a pensare alla politica come progetto e non come sedie, sarà condannata all’irrilevanza, che ci sia o meno il Partito Democratico.