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QT n. 19, 10 novembre 2007 Servizi

“Fa’ la cosa giusta”: bello, ma un po’ caro…

A Trento, terza edizione della mostra-mercato dei prodotti, servizi, suggerimenti per passare a uno stile di vita eco-compatibile.

Chiara Girardi

I trentini, con famiglia al seguito, sono accorsi numerosi (per la precisione in 8.693) allo spazio fiere di via Briamasco: più dello scorso anno, e competenti, a detta degli espositori, preferendo lo spazio chiuso al tepore primaverile. Grande è stata la capacità di catalizzare l’interesse alla terza edizione di "Fa’ la cosa giusta", appuntamento regionale della fiera milanese nata nel 2004. Un nome che è già un programma, capace di toccare le corde più profonde del nostro essere. Il percorso parte però non dal cuore, ma dalla pancia, con un colorato mercato che spazia dall’alimentare – rigorosamente biologico - alla cosmesi naturale, all’abbigliamento, fino all’oggettistica. Miele, formaggi, pane, mele di varietà locali dimenticate, noci, conserve e confetture, castagne, vini e salumi: la varietà è tanta, ma – ti dicono –"non è che si entri nel merito di come sono fatti i prodotti e da dove vengono. Se lo sapessi, saresti disposto a pagare anche qualcosa in più".

Quasi il 60% degli espositori sono trentini, aiutati nell’offerta da altri fuori provincia per prodotti non locali, come ad esempio l’olio. Tra profumi, colori, odori e sapori, seguiamo il flusso dei visitatori. La curiosità è tanta, ma le sportine poche e non molto pesanti, la spesa, in media, si aggira sui 20 euro. Gli espositori però sono per lo più ugualmente contenti.

Il consumatore sceglie dopo un primo sguardo curioso tutt’attorno; si lascia affascinare, si avvicina, annusa, assaggia, chiede. Il cibo attira sempre e poi si sposa alla disponibilità del venditore. Qualcuno, tra la merce, ha la ricetta del pane, una magia da fare in casa riscoprendo il gusto e il sapore del tempo e dell’attesa. Colpisce la presenza di una poesia di Rodari, "Se io facessi il fornaio", tristemente d’attualità vista l’inflazione e il caro pane. Il desiderio di un ‘pane’ equo in grado di sfamare il mondo sembra svanire proprio qui.

La mappa degli acquisti parte dall’alimentare (ma con cautela: "La marmellata me la faccio in casa. Forse il prezzo è equo, ma mi pare ugualmente eccessivo" ), per passare alla cosmesi naturale e ai classici prodotti a base di propoli, e quindi ai pannolini lavabili, ma anche ai prodotti naturali per il ciclo mestruale, ai mattoncini di amido di mais dell’ecolo gioco, biodegradabile, colorato con colori per alimenti, che affascinano i più piccoli e tranquillizzano i grandi sull’eventuale tossicità. Gira e rigira, si ritorna alle calze di lana, certo più raffinate di quelle fatte a mano dalla nonna, e a tutto quello che pensavamo di aver abbandonato in nome del progresso. Qualcuno si compera i jeans: "Ne compero un paio, gli altri li prenderò al mercato".

La merce è bella, curata, assolutamente di moda, ma il refrain è sempre lo stesso: l’ostacolo è sempre il costo: "Mi sarei aspettato anche una qualche sensibilità nei prezzi, anche perché in questo modo la cosa giusta la fanno solo quelli che se lo possono permettere". D’altra parte, "alcuni prodotti costano meno qui che nell’angolino biologico e in quello equo-solidale del supermercato".

Si butta via poco se i noccioli di ciliegia servono per la terapia del caldo e del freddo nella versione "boule asciutta", e se la cacca di elefante, con una minima percentuale di cellulosa, si può trasformare in carta ("Più che comperare vengono tutti a toccare e ad annusare"), e i copertoni dell’auto si riciclano in borsette molto fashion: "Nonostante il prezzo, piuttosto caro, ne ho presa una. E’ bella: bella l’idea e bello il modello").

Fra riscoperte e nuove idee, anche la plastica rinasce tra le mani dei bambini nei laboratori delimitati da balle di fieno. Uno scenario suggestivo e un po’ pubblicitario, se non fosse per tante risate vivaci. Attorno a questo spazio molti altri stand, compreso quello dedicato al turismo sostenibile. Tra i libri, ecco "La piccola guida al consumo critico responsabile" (a cura dell’associazione Gaia, Edizioni ad est dell’Equatore), che rispolvera il vecchio formato delle edizioni "Mille lire", e la mini guida per telefonare gratis o quasi, senza trucchi né strani inganni, ma sfruttando le nuove tecnologie (P. L. Tolardo, Edizioni Terre di mezzo).

Un vero peccato: uno spazio di passaggio ma non molto frequentato per Linux e i software liberi (ai quali è stata dedicata una conferenza), con informazioni anche su come ridare nuova vita ai vecchi computer, tra donazioni ad associazioni di volontariato o progetti di cooperazione internazionale, e accessori personalizzati ed originali, dalla borsa rimordernata con una tastiera tutt’intorno, ad una moderna icona russa con componenti hardware. Un modo per ridurre i rifiuti immettendoli in un circuito di riuso.

La tensostruttura esterna ci riporta al problema della conoscenza e alla necessità della sua diffusione con Wikipedia, la libera enciclopedia multilingue on line, alla quale tutti possono contribuire mettendo il proprio sapere al servizio degli altri.

Il progetto "Asilo nel bosco" di due giovani laureate in Scienze dell’Educazione aiuta a cambiare prospettiva e stile di vita dei più piccoli, suscitando curiosità in molti genitori.

E se l’assunto di base pare semplice – i bambini e il bosco – l’effetto sembra sorprendente: la riscoperta di un rapporto con la natura e con se stessi, sporcandosi e calibrando l’abbigliamento alle situazioni, in grado di far dimenticare le azioni e i consumi consueti, dalle merendine della pubblicità al colorare, assaporando pienamente la natura. Tanti, insomma, sono gli spunti e i suggerimenti per costruire un mondo basato sui principi di fratellanza, cooperazione, solidarietà e rispetto della natura.

Cambiare stile di vita si può, ma non è semplice. Il costo di una scelta di vita alternativa può essere infatti piuttosto elevato. Ci sono delle strategie di sopravvivenza, fatte di tanti piccoli accorgimenti per liberarsi delle multinazionali e prendere coscienza dell’impatto ambientale delle nostre abitudini di consumo, senza spendere una fortuna. Lo insegnano i GAS, i gruppi di acquisto solidali, nati a Fidenza nel 1994 (www.retegas.org), generalmente composti da un minimo di 10 ad un massimo di 25 famiglie. Questi "consumatori critici" riescono da un lato ad aggirare la grande distribuzione e quindi gli intermediari, e dall’altro a concentrarsi sul prodotto, cercando di capirne le modalità di produzione, la qualità, il grado di equità e il percorso compiuto prima di arrivare nelle nostre case. E’ un vero e proprio lavoro quello che precede ogni acquisto del GAS. Serve organizzazione e disponibilità di tempo per informarsi sui singoli prodotti e soprattutto sui produttori, meglio se locali, per abbattere i costi di trasporto, aiutare lo sviluppo locale ed avere un maggior controllo sulle modalità di produzione, attente all’ambiente e rispettose della dignità umana.

Non è quindi solo una questione di prezzo, ma un interesse reale al modo di produzione della merce, sia essa un cespo di insalata o un paio di jeans. Dietro gli acquisti facili ed economici c’è infatti molto spesso uno sfruttamento che abbassa sì il prezzo della merce per la felicità del consumatore, ma che però si ripercuote negativamente altrove. Il prezzo dell’inquinamento e dello sfruttamento non si vedono infatti immediatamente sul cartellino.

Prescelti i fornitori, ognuno dà il suo contributo: dalla raccolta degli ordini e dei soldi sulla base del preventivo, all’accoglienza e stoccaggio della merce da ridistribuire poi negli orari concordati tra i membri del GAS.

Questa modalità di acquisto all’ingrosso con la forza di una rete nazionale permette di spuntare prezzi più convenienti del 10-30 % rispetto al supermercato, ed anche con un incremento della qualità. Con questa formula il cambiamento si può fare più vicino e diventa possibile anche il biologico: "Singolarmente non saremmo in grado di comperarlo, tramite il GAS sì".

A luci della fiera spente cosa succede? Dario Pedrotti di "Trentino Arcobaleno" ribadisce l’importanza della creazione di questa cittadella dell’altra economia per fornire ai consumatori un’alternativa praticabile tutti i giorni. Intanto un contributo lo dà la Provincia, imponendo l’installazione di pannelli solari nelle nuove abitazioni. Ma nessuno in fiera ne sapeva nulla.