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Rifiuti: proposte di Capodanno

Se osserviamo con animo aperto, con attenzione per la salute e l’ambiente, ma soprattutto con onestà scientifica quanto succede nella nostra provincia nel campo dei rifiuti, si individuano due fatti nuovi e fondamentali.

Anzitutto, gli elevati livelli nella raccolta differenziata. La convinzione e l’entusiasmo di molti amministratori e tecnici e la coscienza civica dei cittadini hanno fatto raggiungere percentuali insperate, superiori al 57% in provincia, con probabile superamento entro il 2008 del 65% previsto come limite massimo dal Piano Provinciale di smaltimento dei rifiuti, con punte, già ora, del 79, del 76 e del 75% in Valle di Fiemme, nel Primiero e nell’Alta Valsugana, con percentuali anche superiori in alcuni comuni, e con un ottimo 58,6 e 51,4% a Rovereto e Trento, nonostante le difficoltà nella raccolta condominiale e nei centri storici. E’ per questo che l’obiettivo del 65% è da rivedere verso l’alto, incoraggiando la riduzione dei rifiuti e la raccolta dei materiali riutilizzabili. Perché quanto più si differenzia e quanto meno si brucia, tanta maggior quantità si recupera, sia di materie prime, che di energia. Infatti, il recupero dell’energia termica dalla combustione, se trasformata in energia elettrica, è assai basso, attorno al 15%, che però, in un bilancio energetico globale, sottraendo l’energia consumata per la costruzione e gestione dell’impianto, distribuita negli anni di funzionamento, si abbassa a circa il 10%.

Viceversa, se sommiamo l’energia risparmiata per l’evitata produzione di quelle materie prime recuperate nella raccolta differenziata, ovviamente detraendo l’energia necessaria per tutte le operazioni di raccolta, cernita e lavorazioni, si ottengono risultati assai interessanti.

Ad esempio dallo studio condotto da R. A. Denison si evince che la cosiddetta termovalorizzazione di una tonnellata di rifiuti di composizione simile a quella dei rifiuti urbani statunitensi permette il risparmio di 1,19 milioni di chilocalorie, mentre la stessa tonnellata di scarti, se avviata al riciclo, permette di risparmiarne 4,23 milioni. Dunque, l’incenerimento rappresenta una forma di smaltimento di rifiuti, non certo un sistema primario per produrre energia, penalizzato inoltre dalla diffusione di sostanze inquinanti e di gas serra. La termodistruzione è forse accettabile in una situazione critica come quella campana, non certo nella condizione del Trentino.

La combustione, peraltro, anche la più controllata, produce come minimo gas serra, in prevalenza anidride carbonica, ed è quindi negativa anche nei riguardi dei cambiamenti climatici. La strada della riduzione e del riuso è quindi la più logica, anche perché sono ormai ampiamente sperimentati, specie in Germania, sistemi di trattamento biologico e meccanico del residuo indifferenziato che deumidificano e stabilizzano la frazione organica e producono un ulteriore recupero di materiali ancora riutilizzabili (plastica, vetro, alluminio, acciaio, legno, carta e cartone e inerti), con definitiva raccolta di una frazione residua inerte minimale, da destinare a discarica senza problemi (ciò è provato nel Centro Riciclo di Vedelago, Treviso).

E’ evidente invece che assegnare il residuo del 35% all’inceneritore, come previsto dal Piano provinciale, comporta il blocco della politica del recupero, con perdita dissennata di materie prime e di energia.

E’ incredibile che i nostri amministratori vogliano testardamente perseguire la via della termodistruzione e non traggano insegnamento da quanto è successo in Germania, dove, per il sovradimensionamento degli impianti di incenerimento rispetto al senso civico dei cittadini che hanno recuperato più del previsto, si stanno disperatamente cercando rifiuti fuori nazione per alimentare queste rudimentali macchine.

Il secondo fatto che si è evidenziato negli ultimi tempi è il fallimento dell’impianto di compostaggio di Campiello di Levico, nonostante i numerosi tentativi di risistemazione e gli interventi dell’APPA.

Sono nate altre proposte, ma a nostro parere, sulla base anche di sopralluoghi effettuati ad impianti veneti, il problema si potrà risolvere solo con un grosso intervento industrializzato, realizzando un fabbricato a tenuta stagna, contenente gli apparati di triturazione e miscelazione, le biocelle a tenuta stagna per la bio-ossidazione accelerata, spazi per la maturazione spinta del materiale, apparecchiature per la separazione delle sostanze estranee, per la vagliatura, ecc.

La necessità di realizzare un impianto di compostaggio per trasformare l’organico e il verde in compost utilizzabile in agricoltura, è molto viva, in quanto la frazione organica è di tutto rispetto, rappresentando circa un terzo della quantità dei rifiuti prodotta. Non si possono inoltre fare altri tentativi fallimentari; l’impianto dovrebbe essere gestito dall’Ente Pubblico, senza fini di lucro, introitando direttamente eventuali utili per produzione di compost o recupero del gas di fermentazione.

In conclusione, il Trentino ha bisogno di uno spazio di grandi dimensioni adatto ad ospitare un polo integrato per la gestione dei rifiuti, con due linee, una per il trattamento del residuo, una per il compostaggio e possibilmente anche una zona per la cernita e il deposito dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata e per la predisposizione al loro riciclo. Un impianto di tale tipo è già in piena funzione in località Fusina di Marghera (VE). Esso dovrà essere in posizione baricentrica rispetto al territorio provinciale e vicino agli snodi della grande viabilità. Né vi è alcuna difficoltà nel reperimento di tale area, perché a ciò è sicuramente adatta l’area di Ischia Podetti, da decenni adibita a discarica e quindi ormai vocata a questo utilizzo. Nel 2008 i nostri amministratori ci sorprenderanno con uno scatto di intelligenza e di coraggio?

* presidente della sezione trentina di Italia Nostra