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QT n. 10, 17 maggio 2008 Monitor

“Futuropresente”: arte e nuove tecnologie

Pubblico non numerosissimo ma coinvolto e appassionato, in un festival che è riuscito a indagare con competenza e qualche spettacolarità sulle frontiere tecnologiche dell'esperienza artistica.

Si è conclusa con un evento collettivo - quello che nelle intenzioni degli organizzatori doveva essere un grande party a suon di musica elettronica sotto la cupola del Mart- la quarta edizione del festival "Futuropresente", teso quest’anno a indagare il rapporto fra arte e nuove tecnologie. Nonostante il pubblico danzante non fosse proprio numerosissimo, si è trattato comunque di un degno finale per una manifestazione in cui il coinvolgimento attivo degli spettatori, più o meno riuscito a seconda delle occasioni, è apparso fin dal principio come una delle principali prerogative della rassegna. Un pubblico di appassionati del genere digitale, composto per la gran parte da giovani di tutte le età, ha infatti seguito fedelmente i numerosi appuntamenti in calendario; proprio la capacità di attrarre un’audience solitamente restia a rinchiudersi anche solo per un’ora nel buio di un teatro sembra essere, a nostro avviso, uno dei successi maggiori di questa edizione del festival, premiata, più che dai grandi numeri, dall’attenzione di un pubblico attento e selezionato.

Joshua Davis

Decisamente più straniante, invece, l’effetto sul pubblico dei non giovanissimi, un po’ restii ad accostarsi a forme di creazione artistica sulla cui comprensione pesa la carenza di chiavi interpretative univoche e rassicuranti.

Una certa apertura e curiosità mentale sembra infatti costituire un requisito necessario per accostarsi a un’arte che trova base e fondamento nel rapporto quotidiano e creativo con le nuove tecnologie, spazio d’azione privilegiato della Net Generation.

Futuropresente" ha infatti aperto i battenti con una performance molto partecipata, "Random Assistant", di Joshua Davis, il quale ha posizionato nella piazza del Mart una decina di grandi stampe digitali in bianco e nero, che nel corso del pomeriggio sono state pazientemente dipinte con colori a pastello da un pubblico vario ed eterogeneo: famiglie con bambini, utenti della biblioteca civica, visitatori del Mart e primi spettatori del festival in attesa dell’imbrunire per l’inaugurazione ufficiale delle installazioni che hanno ridisegnato gli esterni dei principali edifici di corso Bettini.

William Forsythe
Chris Haring in “D.A.V.E. digital amplified video engine”.

Durante la settimana i passanti hanno infatti potuto assistere alle fugaci apparizioni di frasi e corpi proiettati sulla strada stessa e sulle pareti del Palazzo dell’Istruzione, videoinstallazione urbana progettata da Studio Azzurro. Una telecamera puntata sul corridoio d’accesso alla piazza del Mart e collegata in differita con uno schermo ha trasformato invece gli incauti passanti nei protagonisti di "City of Abstracts", divertente installazione interattiva del coreografo statunitense William Forsythe, che con questa operazione tenta di catturare quel po’ di danza che, a suo parere, vive inconsciamente in ognuno di noi.

Tra gli appuntamenti più interessanti del festival, a proposito del rapporto tra movimento umano e sua trasposizione in chiave tecnologica, segnaliamo "D.A.V.E. digital amplified video engine", spettacolo di danza multimediale nato da un’idea di Klaus Obermaier e sviluppato in collaborazione con il coreografo Chris Haring, protagonista danzante - e mutante - della messa in scena.

E’ infatti il corpo stesso del danzatore a diventare lo schermo interattivo su cui vengono proiettate svariate immagini video che ne modificano continuamente l’aspetto attraverso la distorsione e la dilatazione degli arti, l’inversione spazio-temporale e perfino il cambio di genere che, sul finire dello spettacolo, trasformano il performer addirittura in una donna incinta. Per la naturalezza con cui sono avvenute tali insolite mutazioni genetiche, lo spettacolo è stato vissuto con un senso di magia e stupore, sebbene non siano mancati momenti esilaranti e perfino dissacranti, come quando il di dietro del ballerino si è trasformato in una bocca parlante e rumoreggiante…

Più minimale l’ultima creazione di Ryoji Ikeda, guru indiscusso dell’elettronica mondiale, che in "Datamatics" spinge la sua ricerca fino all’origine delle costruzioni sonore di natura digitale, giungendo a coglierne solo i dati essenziali, ovvero i codici binari e le strutture matematiche che stanno alla base della creazione tecnologica, rielaborate in un flusso continuo di immagini, dati e sonorità stridenti (quando non assordanti) che hanno invaso la platea, costringendo i più sensibili a munirsi di tappi per le orecchie, come hanno avvertito prudentemente le assistenti di scena.

Altro invito sui generis, quello di bendarsi gli occhi utilizzando gli appositi drappi neri disseminati sulle poltroncine dell’Auditorium Melotti, è stato quello che ha introdotto "Untitled 0508" di Francisco Lopez, la cui produzione di performance multisensoriali si aggira attualmente intorno alle 180 creazioni. L’intento dell’insolito espediente era quello di far immergere l’ascoltatore nell’intensità del suono puro, senza alcuna mediazione visiva o concettuale, conducendolo così in un viaggio intenso e a tratti anche angosciante - soprattutto nel fragore delle ondate devastanti che riportano alla mente le numerose tragedie climatiche dell’età contemporanea - nato dall’assemblaggio di sonorità raccolte direttamente sul campo, il cosiddetto field recordings, e rielaborate in un mix altamente suggestivo.

Fra gli eventi maggiormente apprezzati dagli appassionati di live media, si segnala inoltre l’esibizione dei Pfadfinderei & Modeselektor, i quali, oltre all’evento di chiusura del festival, hanno proposto uno spettacolo in cui musica elettronica e performance visiva si sono fuse in ambientazioni di visual music graficamente evolute, accattivanti, vicine ai ritmi vorticosi della techno dance.

I Mouse on Mars.

Infine, un plauso anche alla coppia Koan 01- Ootchio (il primo, trentino, è stato intervistato su QT n. 21, 2003, vedi 01.org: arte, rete, attivismo), che ha offerto un blob di immagini polarizzate, accompagnate da musiche ipnotiche, tratte da celebri film di fantascienza come "Blade Runner", "2001 Odissea nello Spazio" e "Metropolis".

Il connubio tra musica elettronica e cinema è stata un’altra costante del festival, una sorta di minirassegna destinata a colmare lo spazio della seconda serata; tra gli eventi più attesi va sicuramente annoverato quello inaugurale (disturbato purtroppo da qualche difficoltà tecnica), che ha visto proiettati sui tre megaschermi appesi alla cupola le immagini visionarie tratte dal lungometraggio di Werner Herzog "Fata Morgana", "miraggi" accompagnati dalla colonna sonora live dei Mouse on Mars: finalmente, come vantava una delle prime pubblicità del museo, c’è vita su Mart!