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Comune unico di Ledro: arriverà il commissario?

Rolando Mora, consigliere dell’Unione
Ledro

Quando circa vent’anni fa in Valle di Ledro iniziò il percorso per giungere al Comune unico, si sapeva che le cose non sarebbero state semplici; ma mai si sarebbe pensato di incontrare l’ostacolo dell’impugnazione davanti alla Corte Costituzionale di una parte, sebben secondaria, della legge costitutiva del Comune. Le difficoltà dovevano essere quelle di convincere la popolazione della bontà del progetto, non quelle cavillose delle interpretazioni giuridiche da parte di istituzioni che, a parole, dicono di tutelare le autonomie locali e i loro percorsi di riforma all’insegna della semplificazione e dei risparmi di spesa, ma nei fatti agiscono in senso contrario.

Questo è quello che ha fatto il Governo Berlusconi impugnando la legge regionale n.1/2009. Impugnazione che, se da un lato non mette in discussione la nascita del Comune unico voluta dai ledrensi con la maggioranza del 74,39% al referendum del 30 novembre, dall’altro lascia l’amaro in bocca e viva preoccupazione per le argomentazioni speciose addotte.

Ciò che viene messo in discussione dal Governo è la gestione provvisoria del nuovo Comune affidata dall’art. 6 della L.R. n. 1 dd. 13.3.22009 agli organi dell’Unione per il periodo gennaio-maggio 2010 e cioè fino all’elezione degli organi del nuovo Comune in concomitanza col rinnovo degli organi di gran parte dei comuni trentini. Scelta, questa, condivisa da tutti gli enti (Regione, Provincia, Comuni ed Unione) partecipanti alla complessa procedura istituzionale, tanto che il disegno di legge è stato allegato alle delibere consiliari per la richiesta di indizione del referendum in modo da spiegare alla cittadinanza le modalità di gestione del nuovo ente di cui si voleva garantire la funzionalità fin dalla nascita.

Chi meglio degli organi dell’Unione, composti da amministratori di tutta la valle, che hanno lavorato per oltre un decennio al progetto, poteva rappresentarlo democraticamente nella fase iniziale? Certo non un commissario che, raggruppando in una sola persona tutti i poteri, richiamava alla mente il periodo dei podestà.

Ebbene, la soluzione che prospetta il governo è proprio la nomina del commissario, limitandola, a quanto sembra e per fortuna, alle sole funzioni che riguardano i Sindaci quali ufficiali di governo, sia in materia di ordine pubblico e sicurezza, che di cittadinanza, stato civile, anagrafe ed elettorale.

Sul piano giuridico la delibera afferma che le disposizioni dell’art. 6 della legge regionale eccedono la competenza dello Statuto di Autonomia, il cui art. 54, comma 5, attribuisce alla Giunta Provinciale la nomina di commissari straordinari “quando le Amministrazioni non siano in grado per qualsiasi motivo di funzionare”, e sembra non rispettare anche l’art. 83 del D.P.Reg. 1.2.2005 n. 3/L sull’Ordinamento dei Comuni trentini che, in caso di scioglimento e sospensione dei consigli comunali, prevede sempre l’intervento della Giunta provinciale per la nomina di un Commissario che esercita le funzioni di sindaco, giunta e consiglio.

Riferimenti, questi, che non si attagliano alla situazione della Val di Ledro, dove non esistono “Amministrazioni non in grado di funzionare”, né forme di “scioglimento o sospensione dei consigli comunali”, bensì esiste la volontà popolare di sostituire a 6 Amministrazioni e a 6 consigli comunali un’unica Amministrazione e un unico consiglio.

Ai palazzi romani sembrerà impossibile, ma così è per volontà popolare. Per questo la Regione ha applicato per la prima volta l’art. 7 comma 1 dello statuto di autonomia il quale, in analogia all’art. 133 comma 2 della Costituzione, recita che “con leggi della Regione, sentite le popolazioni interessate, possono essere istituiti nuovi Comuni e modificate le loro circoscrizioni e denominazioni” così come richiamato anche dall’ art. 43 del D.P.Reg. 1.2.2005 n. 3/L sull’Ordinamento dei Comuni trentini. [...]

Ora si vedrà il da farsi. Certo che dal punto di vista politico pare appropriata la sintesi fatta dal Presidente Dellai: “La nostra scelta è stata ragionevole, la loro decisione molto discutibile”.

Per questo auspichiamo che la risposta politico-istituzionale alla provocazione del governo sia adeguata alla posta in gioco, quella di salvaguardare l’alto valore politico-istituzionale della nascita del Comune di Ledro dalla fusione di sei comuni. Caso unico in Trentino, ma anche a livello nazionale. Un obiettivo raggiunto attraverso un percorso maturato e gestito dal basso, a dimostrazione della presenza di una classe amministratrice e di una cittadinanza in grado di farsi carico del proprio futuro e di proporre soluzioni innovative al problema dell’eccessiva frammentazione delle istituzioni locali. In altre parole di essere in grado, dal basso, di proporre e realizzare quelle riforme di semplificazione del quadro istituzionale tanto sbandierate e pianificate nell’ultimo decennio a livello provinciale e nazionale, con scarsi risultati concreti.

Certi che la volontà popolare verrà rispettata, l’Unione proseguirà sul cammino intrapreso per giungere entro fine anno al nuovo statuto comunale, con la istituzione dei sei Municipi grazie alla stesura del regolamento per la elezione dei loro rappresentanti in concomitanza con le elezioni comunali. Il tutto nell’ambito di un percorso partecipato e condiviso. L’obiettivo è far approvare questi due fondamentali documenti dagli organi provvisori del Comune unico nei suoi primi mesi di vita, in modo da garantire regole precise di funzionamento e, ai Municipi, regole di partecipazione alla vita istituzionale.

Questo è un impegno politico, nel senso nobile del termine, preso nei confronti della popolazione e dev’essere rispettato, anche perché le censure del governo - a mio parere - limitandosi alle sole funzioni statali degli enti locali, non ne intaccano la validità sostanziale. Se così non fosse, saremo di fronte ad un’aggressione inaudita alla democrazia diretta dei referendum consultivi previsti dalla Costituzione e dallo Statuto d’Autonomia per la nascita dei nuovi Comuni e conseguentemente ad un attacco diretto alla nostra Autonomia.

In ogni modo serve una risposta adeguata e corale (Comuni, Unione dei Comuni, Provincia e Regione) all’impugnativa del Governo, in modo che l’esperienza della Val di Ledro non resti un fatto isolato, ma diventi un esempio virtuoso di democrazia dal basso sull’ostico versante delle riforme istituzionali.