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QT n. 8, settembre 2010 Trentagiorni

Inceneritore, 90 milioni di danni

L’estate ha visto la questione inceneritore tornare a movimentarsi, dopo mesi di preoccupante silenzio. Merito di Nimby trentino, che si è giocato la carta del ricorso alla Commissione Europea: una puntualissima segnalazione di tutte le ragioni per ritenere fuori legge la decisione di costruire l’inceneritore ad Ischia Podetti. Violazioni della normativa nazionale e comunitaria, oltre che dello stesso dettato normativo provinciale. Ad esempio, laddove il Terzo Aggiornamento del Piano Rifiuti chiede una politica unitaria in materia di gestione dei rifiuti, mentre ci sono una decina di gestori ognuno col suo sistema di raccolta. O la mancanza di autonomia nella gestione della frazione organica (che oggi va quasi tutta in Veneto).

Ma soprattutto Nimby batte sul tasto della questione sanitaria, accusando la Provincia di fronte alla Commissione Europea di non tenere in sufficiente considerazione la recente letteratura scientifica in fatto di impatto degli inceneritori sulla salute. E fa riferimento a uno studio, commissionato all’ing. Massimo Cerani (che aveva predisposto lo Studio di fattibilità rotaliano per un sistema di gestione alternativo all’incenerimento), basato su un modello che stima gli impatti sanitari e ambientali applicabile a diversi tipi di impianti. L’impatto è valutato in relazione alla salute umana, ai raccolti agricoli, oltre ai danni agli edifici e alla perdita della biodiversità dovuti ai cambiamenti climatici.

Al centro del modello è l’analisi dei costi che le emissioni dell’inceneritore avrebbero nei confronti dell’ecosistema in complesso, del riscaldamento globale (gli inceneritori producono grandi quantità di CO2) e della salute umana sotto forma di problemi ai bronchi e alla respirazione, patologie cardiache, tematiche oncologiche e fattori patologici ereditari.

Ebbene, dallo studio è emerso che il costo ambientale ed umano delle emissioni dell’inceneritore di Trento potrebbe sommare a 3,66 milioni di euro l’anno. Moltiplicati per i 25 anni di vita media dell’impianto, si arriverebbe a 90 milioni. Alla faccia dei principi di precauzione e di economicità dell’azione amministrativa. Entrambi violati. Anzi, inceneriti.