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Un’immensa autobiografia

Le Memorie di Angelo Michele Negrellia

Quinto Antonelli

Dopo quasi dieci anni di gestazione è ora disponibile in volume l’immensa autobiografia di Angelo Michele Negrelli, padre del più noto Luigi: 915 pagine, più altre 95 tra presentazioni (una di Gigi Corazzol, l’altra del curatore Ugo Pistoia), note, glossario, indici dei nomi e dei luoghi. Il volume esce per i tipi dell’editrice Agorà di Feltre con il sostegno della Biblioteca intercomunale di Primiero, della Comunità di Primiero e della Fondazione Museo storico del Trentino.

Angelo Michele nasce a Pieve nel 1764 e muore a Fiera di Primiero 87 anni più tardi, nel 1851. È figlio di Nicolò, un commerciante di legname che proveniva da Valstagna, e di Anna Ceccato, proprietaria di una locanda. Impara anche lui l’arte del commercio (del legname innanzitutto) che esercita in proprio o per conto di altri più facoltosi imprenditori di Primiero e di Venezia. Ma coltiva per tutta la vita anche una passione intellettuale per i libri, per la lettura, per la poesia, per il teatro e, appunto, per la scrittura.

Nel 1787 sposa Elisabetta Würtemberg (1763-1851). Dal matrimonio nascono dieci figli, sei femmine e quattro maschi, tra questi è il celebre Luigi, l’ingegnere progettista del taglio di Suez.

Nel frattempo Angelo Michele s’inserisce nella stretta cerchia dei notabili locali e quando nel 1809 la guerra tra francesi ed austriaci lambisce anche la valle, sarà lui ad organizzare la difesa locale. Per questo e per altro negli anni successivi è preso di mira dall’amministrazione filo-francese ed internato per otto mesi sull’isola di Pallanza.

Con il ritorno degli austriaci, Angelo Michele rientra in patria, ma non più al vertice della gestione locale. Cura i propri affari affrontando con disagio crescente i rovesci economici e un rapido declino fisico.

Angelo Michele Nardelli ed Elisabetta Würtemberg in tarda età.

Nel 1844, a ottant’anni esatti, intraprende il progetto ambizioso e commovente di scrivere la propria autobiografia, cui pone un titolo riassuntivo: Memorie Di Angelo Michele Negrelli che servono alla Storia della sua vita, ed in parte a quella de’ suoi tempi, scritte da lui medesimo, con difficoltà per l’abbreviata sua vista, negli ultimi anni del suo vivere, divise in 14 Capitoli.

In sette anni riempie 740 pagine. Angelo Michele scrive in una condizione di grande solitudine, innanzitutto generazionale: è la condizione del sopravvissuto che ogni giorno deve constatare la scomparsa di un mondo fatto di legami, di amicizie, e di solidarietà. E poi il disgusto riguarda i tempi nuovi e “turbolenti”: gli eventi rivoluzionari del 1848 lo turbano e lo angustiano in modo così prepotente da sconvolgere il filo della rimemorazione. L’esito comunque di quest’impresa eroica è quello promesso dal titolo: un’ampia, complessa storia della sua vita e insieme una testimonianza storica dei suoi tempi.

E che tempi! Angelo Michele vive da protagonista, e lo rivive da testimone, un cruciale passaggio d’epoca, con la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche a segnare in modo indelebile un prima e un dopo.

Sul fondale della storia collettiva Angelo Michele traccia la propria storia personale iniziando dall’infanzia e poi su su descrivendo il proprio ingresso nella maturità, nel mondo del commercio ed in quello del notabilato locale come un’ascesa sociale progressiva ed inarrestabile. E viceversa descrive come altrettanto inarrestabile il declino economico e fisico che caratterizzerà la seconda parte della sua vita.

Un affascinante racconto d’avventura

Carlo Lutterotti, Pieve di Primiero (1829 ca.).

Questa dinamica, che ha a che fare con il classico intreccio romanzesco, è ciò che trasforma le memorie di Angelo Michele in un racconto d’avventura affascinante e straordinario. Perché a differenza delle autobiografie tipiche della seconda metà dell’Ottocento, dominate dall’etica del lavoro e dove l’uomo è il risultato unicamente delle sue intenzioni e della sua volontà, nelle memorie di Angelo Michele come in quelle scritte tra Sette ed Ottocento, troviamo una maggiore libertà, una grande versatilità del percorso di vita, l’apertura ad esperienze diverse.

Per altro verso l’autobiografia di Negrelli condivide con quelle coeve dell’Ottocento molti altri aspetti. A partire dal fatto che Angelo Michele si concepisce solo come uomo pubblico: ciò che è degno di racconto è solo ciò che si svolge nella sfera pubblica. E quindi nessuna introspezione, nessun vissuto interiore, nessuna confessione intima. Così come c’è poca vita privata, quasi nessun cenno ai rapporti coniugali e alla vita familiare. E quando la famiglia c’è e viene rappresentata, è piuttosto quella di provenienza, dove Angelo Michele è bambino, che non quella d’elezione, dove vive da adulto. Il calendario del racconto è invece segnato dagli eventi pubblici, dal suo ruolo pubblico e sociale: i lavori, i viaggi, i commerci, le imprese, le relazioni, le cariche pubbliche, la politica, la guerra, le avventure, le disavventure.

Alcune figure del racconto vanno ricordate: la “scena primaria” della storia individuale, con le pagine dedicate all’infanzia e all’adolescenza. La dimensione solitaria e individualistica della lettura.

I tanti viaggi, occasione di incontri e di avventure (memorabile il viaggio in Lombardia, nel 1799, insieme al compadre Codemo per vedere gli austro-russi all’assedio di Mantova - memorabile per noi, ma anche per Angelo Michele che lo racconta due volte -). Avventurosi ed esplorativi sono anche i viaggi legati alla guerra ed alla prigionia.

E poi troviamo il bisogno di riconoscimento pubblico, forse il vero impulso vitale alla scrittura autobiografica.

Pietro Marchioretto (1772-1728), Veduta di Trento, particolare

Infine la Storia, spettacolo straordinario che sfila sotto gli occhi di Negrelli, come di conseguenza sotto i nostri occhi. La Storia come incontro con i grandi personaggi. Nel 1851, a Verona, in casa del figlio Luigi, incontra il maresciallo Radetzky.

“Entrato ch’io fui cogli altri due nella camera istessa l’acclamato [Maresciallo Radetzchij] si alzò dal sedere e venne graziosamente ad incontrarmi, e prendendomi ambe le mani nelle sue mi disse, che si compiaceva di venire a fare la mia conoscenza personale giacché sentito mi aveva tante volte a nominare. Istupidito, confuso, e quasi fuori di me stesso, io non seppi altro rispondere, se nonché la mia conoscenza era troppo meschina perché gli avesse a darsi un si grave incomodo quando per sopra più in quel giorno si erano aggravati i suoi dolori, per le riportate gloriose ferite. Esso mi ordinò di sedere in faccia Sua, e mia moglie sedeva presso la Marescialla. Entrammo  in vari discorsi reciproci [...]”

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