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A proposito di “San” Simonino

Giorgio Jellici

Come scrive Ettore Paris, su QT del 6 maggio (La Chiesa trentina dal Simonino a Ratzinger), fu proprio mons. Rogger nel 1965 a promuovere l’abrogazione del culto di "San" Simonino. Ma i pregiudizi e le superstizioni sono duri a morire. Permangono subcutanei, nascosi nel linguaggio ed incisi nella pietra. Un esempio ne è la didascalia posta dal Comune di Trento ai piedi del palazzo Salvadori al n. 67 di Via Manci, edificato nel Cinquecento, dove sorgeva l’antica Sinagoga. Detta didascalia continua a spiegare imperterrita che le immagini dei due medaglioni in pietra fissati sulla facciata del palazzo – peraltro bellissime - "raffigurano il martirio e la gloria di Simonino".

Ora, è fuori discussione – salvo nelle paranoiche sortite del consigliere comunale di AN Antonio Coradello (vedi Il consigliere Coradello e l’autopsia del Simonino) - che non ci fu mai martirio di nessun Simonino. Al contrario: furono gli ebrei di Trento, nel 1476, ad esser massacrati ed i superstiti cacciati dalla città, accusati ingiustamente d’omicidio rituale d’un bambino. Con il ricavato dei beni confiscati agli ebrei si finanziò poi il processo di beatificazione del "martire" mai esistito. E per farla compita, nel 1588 la bolla di papa Sisto V decretò che "Simonino da Trento" era stato "martirizzato ed ucciso dai perfidi Giudei in dispregio della fede cristiana". Appena quattro secoli più tardi, nel 1965 appunto, la Chiesa cattolica romana riconobbe lo sbaglio e dichiarò fuori legge il culto di Simonino.

Alla luce di questi fatti la didascalia di palazzo Salvadori è ingannevole (anche se non intenzionalmente): essa parla di martirio, senza aggiungere altra spiegazione, senza virgolette, quindi come se il raccapricciante delitto fosse avvenuto.

A mio modesto avviso, Trento non può difettare di chiarezza di linguaggio quando parla del cosiddetto "martirio di Simonino". Quel testo dovrebbe quindi esser cambiato, migliorato con l’aggiunta d’una breve informazione storicamente vera e completa.

Detto per inciso, avevo fatto presente quanto sopra in una lettera "raccomandata" al sindaco di Trento, più d’un anno fa. Nessuna risposta. E non c’è da meravigliarsi: hanno ben altro per la testa a palazzo Geremia.