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Isa: i buoni propositi del presidente

Giunto ai vertici, Massimo Tononi promette etica e trasparenza: avrà molto, molto da lavorare

Massimo Tononi

È Massimo Tononi, 47 anni, già enfant prodige della classe dirigente trentina (nel 2006 sottosegretario con Prodi) e oggi ai vertici della Borsa italiana come di quella londinese, il nuovo presidente di Isa, la finanziaria della Curia. Nelle interviste rilasciate per l’occasione si prodiga in ottimi propositi: “eticità” “trasparenza” e naturalmente “attaccamento al territorio”. Gli intervistatori (abbiamo più volte sottolineato le magagne delle pagine economiche dei quotidiani locali di fronte ai potentati) pongono domande (?) genuflessi e ascoltano le risposte adoranti. Il fondo lo raggiunge il Trentino, con un’incredibile “Affari ed eticità spesso sono termini che non vanno d’accordo. In Isa invece sono un caposaldo”, che non è una risposta di Tononi, ma una domanda-assist dell’intervistatore.

Che le cose non stiano proprio così lo rivela lo stesso amministratore delegato di Isa, Giorgio Franceschi, in un’intervista apripista (rispetto a Tononi) apparsa due settimane prima su Vita Trentina. “Riconoscete un problema di immagine?” chiede il direttore Marco Zeni. A domanda vera, risposta vera: “L’immaginario collettivo pennella cose turpi su Isa”. Evidentemente un immaginario che prescinde dalle sviolinate dei quotidiani.

Se la gente pensa “cose turpi”, evidentemente Isa il fianco a qualche critica lo presta. L’intervista non affronta temi antichi e strutturali (vedi l’inchiesta “Denaro, sterco del demonio?” su QT dell’ottobre 2009), tipo l’attività della banca di Isa Btb e del Gruppo Intesa nel traffico d’armi (e scusate se è poco, in quanto a eticità); si sofferma invece sulla partecipazione rientrata, in seguito alle indignate proteste, all’operazione Orocash, una speculazione sulle difficoltà economiche dei poveracci; approfondisce infine due punti dolenti portati alla ribalta da questo giornale: la speculazione all’ex-Michelin e il caso LaVis.

Sull’ex-Michelin, oggi Le Albere (ricordiamo: il terreno poteva acquistarlo il Comune di Trento per 25 milioni, ma l’allora sindaco Dellai preferì cedere la prelazione a una cordata di poteri forti, salvo poi, da presidente della Pat, riacquistarne pezzi di costruito a prezzi molto maggiorati), Franceschi, forse senza accorgersene, conferma l’intorto: degli edifici costruiti “è stato venduto il 45%, di cui il 35-40% all’Ente Pubblico”. Appunto: una speculazione non riuscita, cui è giunto in soccorso l’amico Dellai. Della serie: la finanziaria del vescovo la mantiene Pantalone.

Sulla LaVis l’intervistatore chiede lumi “sulla partecipazione a Casa Girelli, i contratti capestro che avreste fatto valere fino all’ultimo”. Franceschi risponde come può: “Altri avrebbero chiesto in tempi brevi un ritorno almeno del 20% (Isa invece si è “accontentata” del 50%, n.d.r.) Noi abbiamo capitale paziente (bella la definizione, che infatti Tononi riprenderà, che sia il loro nuovo slogan?) non cerchiamo rendimenti stratosferici (il 50% in 5 anni non basta? un rendimento annuo del 9% composto, superiore al tasso usuraio?) ma un percorso sano di crescita (come no, si è visto cosa è successo a Girelli e a LaVis) e ovviamente un ritorno (ovviamente). Se Casa Girelli fosse saltata prima avremmo perso tutti i soldi”. Ma questo è il rischio di qualsiasi banca, e non per questo si chiedono tassi al limite dell’usura o oltre!

Infine la “trasparenza”, su cui insiste Tononi, e che Franceschi rivendica. Alla domanda “In molti lamentano il vostro mancato sostegno ai piccoli imprenditori”, l’Ad di Isa replica: “Ci picchiamo di essere trasparenti e siamo anche abbastanza esigenti. Chiediamo che l’azienda (che andiamo a sostenere, n.d.r.) abbia un collegio sindacale e talvolta una società di certificazione di bilancio. Sono impianti costosi”, cioè non tutti se li possono permettere.

Ricordiamo allora a Franceschi che sia Casa Girelli che Ethica (la società di collegamento tra LaVis e Girelli) hanno collegi sindacali, guarda caso presieduti da personaggi (i commercialisti Alessandro Tonina e Gianpaolo Bortolotti) molto vicini a Isa, anzi, suoi uomini di fiducia, che però non si accorgono dei bilanci farlocchi, né dei milioni in svaniti in America. E Isa mai ha obiettato alcunché.

Anche perché, in fatto di trasparenza, su Casa Girelli è Isa stessa a zoppicare in prima persona, e vistosamente. Infatti l’accordo con LaVis per l’acquisto di Girelli è garantito da una fideiussione sottoscritta dall’allora presidente della Cantina Giacomoni, che però ben si guarda dal farla approvare e iscriverla nei libri sociali. Se Giacomoni si vergogna dei contenuti del patto sottoscritto, sono affari della LaVis; il punto è che anche Isa evidentemente se ne vergogna (per motivi speculari) e non comunica al cda né iscrive la fideiussione nei suoi libri: e questo è contro il Codice Civile (art. 2424). Insomma, di quale “trasparenza” stiamo parlando?

Vogliamo essere ingenui. E credere che Tononi, peraltro preso tra i suoi impegni a Londra (dove vive), Milano e Roma, voglia davvero che Isa operi secondo i principi che conclama. Avrà molto, molto da lavorare.