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Comunità di valle: un fallimento?

Con poche eccezioni, la nuova istituzione segna il passo. Perché non impegnarsi, invece, nell’accorpamento dei piccoli comuni?

La Comunità di valle di Fiemme si è denominata “Comunità territoriale”, pensando che quel “territoriale” rappresenti un rafforzamento positivo dell’ente. I fatti dimostrano l’esatto contrario. Siamo nell’unico territorio dove aveva vinto il centro-destra con un insieme di liste civiche e personaggi di miope visione storica, relegata alla conservazione e alla lettura del passato.

Fiemme, con incresciosi ritardi, ha avviato il percorso di realizzazione del piano territoriale urbanistico, lo ricordiamo, la competenza primaria affidata a questi anomali enti. Ma la partenza mostra subito delle difficoltà: la prima riunione dell’ente viene convocata via mail, mentre per alcuni soggetti, privilegiati, la comunicazione avviene con il documento scritto. Alcune associazioni ed enti non riescono quindi ad essere presenti. Alla seconda riunione diversi interventi, non solo degli ambientalisti, ma anche della locale APT e degli artigiani, lamentano vistose carenze, mancanza di dati, sia sociali che economici, del documento preliminare. Il documento viene definito un banale copia-incolla di atti provinciali che giustificano e banalizzano gli errori urbanistici del passato, sia provinciali che comunali (le seconde case sono state imposte dalla Provincia...). Pochi giorni dopo i componenti del “tavolo” si ritrovano e viene loro consegnato un verbale della riunione precedente riassunto in poche righe, la maggioranza delle quali dedicate al presidente. Ogni aspetto critico è omesso.

Mario Gilmozzi

Fatti rilevare questi limiti, il presidente prima si giustifica dicendo che il suo “facilitatore” (un geometra della Comunità) non è in grado di redigere un verbale, per poi chiedere al rappresentante degli ambientalisti di sostituirsi ad eventuali dipendenti. E accade l’inevitabile: il rappresentante delle associazioni abbandona il tavolo di confronto. E ad oggi tutto procede secretato, probabilmente seguendo le tracce del documento preliminare, cioè avallando scelte provinciali che rasentano il ridicolo, come la circonvallazione di Passo Lavazè.

Fassa invece, la Comunità nata con una specifica legge sulla peculiarità della minoranza ladina, ha avviato il suo iter da poco più di un mese. Nessuno però ne conosce il percorso: tutto si svolge all’interno delle liti fra sindaci e il percorso partecipativo ad oggi è inesistente. Ma Fassa si era premurata di approvare il piano stralcio della mobilità: un insieme di proposte che parlano solo di impianti e circonvallazioni stradali. In questo caso i sindaci si sono mostrati particolarmente attivi nello scendere a Trento in gran segreto e smentire i contenuti del documento per cercare di portare a casa le loro presunte priorità.

Oggi i sindaci tengono tutto in stallo: ognuno guarda al suo orticello. Moena cerca di imporre la follia del collegamento verso Carezza, mentre Campitello vuole ulteriori piste e la costosissima circonvallazione verso Pordoi e Fedaia.

Nel vicino Primiero tutto era partito in modo efficiente. Ma in questo caso la fretta ha portato i sindaci a inasprire i conflitti fra di loro.

Siamo nell’inerzia più assoluta, anche perché non c’è il coraggio di decidere se fare o meno la costosissima cremagliera verso Rolle, o se sostituirla con una più leggera cabinovia, o se investire in qualcosa che migliori la qualità del turismo locale.

Questa è la situazione, che descrive la responsabilità politica degli amministratori del Trentino orientale, il feudo - va ricordato - dell’assessore Mauro Gilmozzi, l’autorevole amministratore che ha voluto e ancora oggi difende le Comunità di valle.

Altrove la situazione è migliore? Sappiamo che l’unica zona dove si sta elaborando una pianificazione veramente partecipata è la valle di Non. Altre note positive provengono dalla Vallagarina; e, a chi piace il governo dal pugno duro, dalle Giudicarie. In questo caso la presidente Patrizia Ballardini, poco dedita alla ricerca del consenso partecipato, ha imposto la sua linea, appoggiata dal fido assessore PD Luigi Olivieri e dal silenzio di tutte le componenti sedute al tavolo e all’assemblea.

Se le Comunità di valle dovevano assumersi delle responsabilità nella pianificazione del loro futuro non c’è dubbio che questi esempi dimostrano un fallimento quasi totale. Nel frattempo,decine di municipalità non riescono più ad offrire servizi di qualità ai cittadini. Invece di creare ulteriori carrozzoni non era il caso di procedere, con emergenza, all’unione dei tanti comuni-polvere del Trentino?