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Corbin, l’anti Blair

Chi è il nuovo leader laburista inglese. Da “L’Altrapagina”, mensile di Città di Castello.

Carlo Svaluto Moreolo

I lettori del Guardian, il celebre quotidiano britannico orientato politicamente a sinistra, sono “generalmente contenti” del lavoro di Jeremy Corbyn, nuovo leader del partito laburista, durante i suoi primi cento giorni alla guida del partito. Lo dice un sondaggio raccolto proprio dal quotidiano e pubblicato poco prima di Natale. Tuttavia, secondo il sondaggio, i lettori ritengono che “Jez”, come qualcuno lo chiama affettuosamente, abbia ampio spazio per migliorare.

Jeremy Corbyn

Corbyn, rappresentante in parlamento del borough (area amministrativa) londinese di Islington North, eletto leader del Labour lo scorso settembre con il 59,5% dei voti, è un personaggio politicamente complesso, con ambiziosi obiettivi da leader. Attrae plausi e critiche da varie parti, avendo conquistato il consenso dei sostenitori del partito, ma fallendo, per adesso, a riunire i suoi colleghi laburisti in un fronte di opposizione compatto nella House of Commons, il parlamento britannico. Ma un obiettivo importante l’ha già raggiunto: rompere con la tradizione del New Labour, il nuovo corso del partito lanciato dall’ex primo ministro Tony Blair più di venti anni fa. Con il New Labour, che consisteva sia in un nuovo stile di politica sia in una maggiore apertura all’economia di mercato, Tony Blair aveva riconquistato l’elettorato britannico e riportato il partito al governo dal 1997 al 2010. Ma proprio il suo stile di politica machiavellico, l’appoggio incondizionato agli Stati Uniti che lo aveva portato all’intervento in Iraq e l’eccessiva apertura alla finanza speculativa avevano condannato Blair ad un’infelice uscita di scena. Per gli elettori Blair ha commesso errori che nessuno dei successivi leader è riuscito a farsi perdonare, né il suo successore Gordon Brown, né il giovane ex-leader laburista Ed Miliband, sconfitto pesantemente alle elezioni dello scorso maggio.

L’obiettivo principale di Corbyn, quello di guidare il paese dalle prossime elezioni nel 2020, sembra certamente più distante. Se la sinistra è in crisi in tutta Europa, lo è in particolare nel Regno Unito. Il messaggio pro-austerità, pro-mercato dei Tories, del partito Conservatore, ha ormai fatto presa su gran parte della classe media, mentre i voti della classe operaia sono preda di formazioni populiste come lo UK Independence Party (UKIP) di Nigel Farage.

Ancora più preoccupanti sono le divisioni all’interno del Labour stesso. Dopo il quasi-plebiscito degli elettori a favore del leader 66enne, sono emersi all’interno del partito forti contrasti tra i sostenitori di Corbyn e chi vede un pericolo nello spostamento politico a sinistra . A turno i leader storici laburisti, tra cui lo stesso Blair, hanno ritenuto opportuno avvertire l’elettorato che la leadership di Corbyn potrebbe portare ad un’altra sconfitta elettorale, per via delle sue idee troppo radicali e, come tali, antiquate. Eppure la sua elezione a leader del Labour è stata vista da molti, sia in patria che all’estero, come una ventata d’aria fresca. La sua linea politica, più vicina alla working class che all’ipertrofica e frammentata classe media britannica, nonché più votata alla costruzione di un’economia mista piuttosto che puramente di mercato, è stata accolta con sollievo da diversi intellettuali e politici europei.

Poco prima della sua elezione è comparsa una lettera firmata da quaranta economisti che lodavano l’impostazione keynesiana e anti-austerità del leader, nettamente più propensa all’espansione del budget e agli investimenti pubblici come ricetta per scongiurare la recessione e la deflazione. Tra gli economisti sostenitori del leader vi fu anche l’italiana Mariana Mazzucato, poi reclutata come consigliera da Corbyn stesso per contribuire a elaborare la “Corbynomics”, ovvero l’insieme delle politiche economiche proposte dal leader.

Il sostegno di un’importante fetta del mondo accademico è un fatto significativo, visti i ripetuti attacchi a Corbyn dall’esterno e dall’interno del partito proprio riguardo le sue linee di politica economica, giudicata “non credibile” e potenzialmente dannosa. Un’altra espressione di sostegno a Corbyn degna di nota è arrivata direttamente da Syriza, il partito del primo ministro greco Alexis Tsipras. Costas Lapavitsas, parlamentare di Syriza e docente di finanza alla School of Oriental and African Studies (SOAS), il college più di nicchia dell’università di Londra, ha dichiarato al Daily Telegraph che “Corbyn è la cosa migliore che potesse capitare al Regno Unito”.

Tony Blayr

Chi è in sostanza Jeremy Corbyn, pardon, Jez? Si descrive come un socialista democratico. Ha militato per anni in formazioni politiche come la Campagna per il Disarmo Nucleare e Stop the War, la coalizione nata per manifestare contro la guerra in Afghanistan e le azioni bellicose della “War on Terror” americana. È stato piazzato immediatamente dai media britannici nello stampo, ormai dimenticato, dei vecchi militanti di sinistra, portatori di idee inevitabilmente superate. I media non gli hanno risparmiato attacchi su vari fronti. Hanno posto l’accento proprio sulle sue idee di disarmo nucleare, in contrasto con l’attuale politica di difesa del Regno in cui Trident, operazione di sviluppo dell’arsenale nucleare, è un pilastro fondamentale

Altro motivo di critica verso il leader è il suo atteggiamento apparentemente sprezzante nei confronti della monarchia. È stato accusato in particolare di avere rifiutato di attenersi alle regole di comportamento nei confronti della famiglia reale . Ma Corbyn è un leader che, con la sua elezione, dimostra che l’Inghilterra può ancora essere luogo di innovazione ideologica e di spirito socialdemocratico, nonostante lo strapotere della finanza e delle lobby, e nonostante l’anima del paese sia culturalmente affetta da un individualismo convulso. Un leader che dimostra che una significativa porzione dell’elettorato europeo cerca una via alternativa alla risoluzione dei problemi di oggi e prova a spostare il dialogo su problemi diversi, più esistenziali. Forse Corbyn rifletterà sul sondaggio del Guardian che ha evidenziato una serie di aspetti non interamente graditi ai suoi supporter. Per esempio il suo aspetto, giudicato troppo umile per un aspirante primo ministro. I lettori tuttavia non hanno nominato la sua peculiare gestione delle Prime Minister Questions, i regolari momenti di confronto diretto con Cameron nella House of Commons. Corbyn pone domande insistenti al primo ministro, in particolare sui continui tagli al welfare, spesso riportando direttamente le parole dei suoi constituents, gli abitanti di Islington North.

I suggerimenti del Guardian gli saranno soprattutto utili in vista del potenziale dibattito televisivo tra lui e Cameron, che Corbyn stesso ha richiesto al primo ministro pochi giorni prima della fine dell’anno. Il 2016 di Corbyn e dei laburisti britannici si annuncia completamente diverso dallo scorso anno, in cui il partito ha vacillato a causa della mancanza di leadership. E la leadership attuale sarà sotto gli occhi attenti di molti altri partiti di sinistra europei.

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