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QT n. 1, gennaio 2018 Seconda cover

Che facciamo col cippato?

Da qualche anno si produce calore ed energia elettrica dagli scarti del legno, di cui il Trentino è ricchissimo. Vediamo come.

La vocazione boscaiola del nostro territorio fa sì che vi sia una grande disponibilità di prodotti di scarto da taglio e lavorazione del legno, che se opportunamente sminuzzato dà origine al cosiddetto cippato; finora questo materiale di scarto, naturale al 100%, è stato utilizzato prevalentemente come fonte di riscaldamento in caldaie domestiche o in centrali di teleriscaldamento.

Ma da qualche anno, nei laboratori in cui si fa innovazione tecnologica, si è scoperto che sotto opportune condizioni, esso può essere utilizzato per produrre anche energia elettrica e non solo per il riscaldamento, valorizzando localmente la filiera della produzione del legno. Il cippato può essere ricavato anche sfruttando la biomassa derivante dall’attività di gestione del bosco, quali potatura e taglio delle piante, oppure come scarto industriale derivante dalle lavorazioni delle segherie.

Per saperne di più abbiamo conversato con l’ing. Francesco Righi, trentino ma da anni trasferitosi in Alto Adige, progettista di impianti di energia rinnovabile, specializzato in impianti a biomassa, che ci spiega alcuni dettagli sull’uso del cippato, di cui la nostra provincia è ricchissima.

Ing. Righi, cosa possiamo fare col cippato derivante dal taglio del legno?

Il cippato viene usato principalmente per la produzione di calore, ma si stanno sempre più diffondendo tecnologie che consentono di sfruttare il legno per la produzione combinata di calore ed energia elettrica. Per quanto riguarda il solo calore, stiamo parlando delle centrali di teleriscaldamento: il cippato viene bruciato all’interno di una o più caldaie a biomassa che riscaldano acqua da utilizzare per trasportare il calore attraverso tubazioni interrate fino alle utenze allacciate alla rete. Attraverso l’anello di distribuzione di calore, l’acqua calda, dopo aver ceduto il calore alle case allacciate torna alla centrale a una temperatura inferiore e viene nuovamente riscaldata nella caldaia a biomassa.

Queste applicazioni hanno il vantaggio di apportare una ridotta emissione di inquinanti, una maggiore sicurezza e sono più convenienti dal punto di vista gestionale. Raggiungono rendimenti molto alti, anche superiori al 90%. In Alto Adige ci sono ben 77 centrali di teleriscaldamento che producono circa 719GWh di energia termica da legno facendo risparmiare circa 65 milioni di litri di gasolio e circa 192.000 tonnellate di anidride carbonica”.

Differenza di perdite tra la produzione combinata di energia elettrica e calore e della produzione separata. Per la produzione della stessa quantità di elettricità e calore, i processi separati richiedono il 40% in più di combustibile.

Come funziona, invece, la produzione di energia elettrica?

Nelle centrali di teleriscaldamento si può sfruttare il calore non consumato dalle utenze per produrre elettricità mediante le cosiddette turbine ORC (Organic Rankine Cicle): un fluido organico, portato a 80°C passa allo stato gassoso e fa girare una turbina collegata a un generatore elettrico. I rendimenti di queste applicazioni solitamente sono molto bassi e di solito non superano il 18%; rimane comunque un utilizzo interessante del calore che diversamente andrebbe disperso.

Altre nuove tecnologie permettono di sfruttare le biomasse legnose in maniera più efficiente per produrre elettricità. Sono tecnologie derivate da tecniche normalmente usate nel trattamento dei rifiuti e applicate alla biomassa legnosa: la pirolisi o la gassificazione. L’impianto di gassificazione sfrutta un processo termochimico conosciuto da parecchio tempo. Il cippato non viene più bruciato completamente ma gassificato in un ambiente in difetto di ossigeno (l’apporto di aria viene controllato) così da poter produrre un gas di sintesi, il cosiddetto Syngas, una miscela gassosa di metano, monossido di carbonio, idrogeno, anidride carbonica e azoto. Questa miscela di gas ha un alto potere detonante, e quindi può essere fatta esplodere in motore a combustione interna, un po’ come i motori a gas delle automobili. A quel punto, basta collegare il motore a un alternatore per produrre energia elettrica”.

Le due tecnologie, riscaldamento e produzione di energia possono combinarsi?

“Certo. I motori a combustione interna di cui ho parlato prima sono meglio conosciuti col nome di cogeneratori proprio perché sono in grado di produrre contemporaneamente calore ed energia elettrica. Con la cogenerazione, però, il rendimento nel complesso scende all’80-85%. È una soluzione ottimale nel caso in cui si riesce a consumare contemporaneamente calore ed energia elettrica. In ogni caso, si tratta di un rendimento superiore del 40% rispetto all’utilizzo di energia termica ed elettrica ottenuta con produzione separata”.

Ci sono vincoli sulle essenze di legname da usare?

Possono essere utilizzate tutte le essenze disponibili nella nostra regione: faggio, abete rosso o bianco, larice. I legni duri come il faggio o il rovere hanno un contenuto energetico (potere calorifico) superiore a parità di volume e sono considerati come i più pregiati. C’è poi un aspetto legato alla quota in cui è cresciuto l’albero: la stessa essenza ha potere calorifico maggiore se tagliata in quota rispetto al taglio in fondovalle. La differenza sta nella densità di peso, che è maggiore in quota. Nella maggior parte dei casi, in Alto Adige, il cippato è costituito da legno di abete rosso, più facilmente reperibile”.

Ci sono vincoli sull’uso di cippato?

Dipende dal processo che si vuole adottare. Per la gassificazione, e quindi per la produzione di energia elettrica mediante cogenerazione con gas di sintesi, il cippato deve avere delle caratteristiche ben definite: deve essere praticamente secco e molto omogeneo dal punto di vista dimensionale. Non è ammesso un mix tra pezzi di cippato e segatura di legno e solitamente il contenuto di umidità deve essere inferiore al 10%. Le caldaie di teleriscaldamento invece sono molto più flessibili e funzionano anche con legno più umido e con differenti pezzature o con segatura”.

È possibile usare legno di recupero?

Se intendiamo vecchi mobili, residui di legno trattato, assolutamente no: la loro combustione è una potenziale fonte di inquinamento atmosferico. Oltre all’emissione dei tipici sottoprodotti dell’ossidazione del combustibile (NOx, SO2, CO, CO2), vi è l’eventuale rilascio di sostanze di impatto ambientale come particolato atmosferico (PM), metalli pesanti, microinquinanti organici, tra cui diossine e furani altamente dannosi per la salute umana. Per queste tecnologie si dovrebbe utilizzare solo materiale di scarto dal taglio o dalla lavorazione del legno, altrimenti si perde il senso di energia pulita”.

E per quanto riguarda le PM, le particelle microscopiche presenti nell’aria da combustione di biomassa?

“Il problema del particolato PM10 esiste in tutte le caldaie che bruciano biomassa di legno. Si tratta però di un problema risolvibile installando filtri per il trattamento di fumi: il costo di installazione e manutenzione dei filtri è elevato, ma sopportabile per una centrale di teleriscaldamento. Diversa è la situazione sulle caldaie domestiche, per cui il costo del filtro supera quello della stessa caldaia”.

Quindi abbiamo una fonte rinnovabile a portata di mano?

La centrale di teleriscaldamento di Dobbiaco.

Nel territorio del Trentino-Alto Adige sicuramente sì. È una fonte di energia più vantaggiosa del petrolio, soprattutto se si usa il cippato locale, a portata di mano, valorizzando il nostro patrimonio boschivo. Se invece si importa cippato da altre regioni, nella valutazione dell’impatto ambientale andrebbe tenuto conto anche dell’impatto che il trasporto di queste biomasse ha sul territorio in termini di emissioni di CO2 ma non solo”.

Costi e benefici dell’uso di cippato: l’esempio degli alberghi

Nel maggio 2011 in un convegno nell’ambito della fiera di settore “Professione Legno Energia”, tenutasi a Longarone (Belluno), sono stati presentati i dati di una ricerca svolta da AIEL (Associazione italiana Energie Agroforestali), che ha preso in considerazione 139 hotel stagionali in Trentino, a 3 stelle in ambito montano, con almeno 40 stanze. Il risultato è stato chiaro: circa il 56% del campione si riscaldava col gasolio e il 10% col GPL. Si tratta di una spesa energetica enorme, che può essere sensibilmente ridotta con l’utilizzo di fonti alternative di energia termica: il cippato, ad esempio.

Confronto tra fonti energetiche 10 MWh termici equivalgono a Combustibile Costo energia primaria (€/MW) maggio 2011
1.000 Nm3Metano70
1.000 litriGasolio108
1.466 litriGPL168
3,2 tonnellateCippato30
2,13 tonnellatePellet Gold/EN plus46

Si veda la tabella, che mostra l’equivalenza energetica tra vari combustibili per produrre 10 MWh di energia termica (secondo i prezzi medi del 2011).

Appare evidente come il cippato sia decisamente una opzione da valutare, per gli hotel, anche solo a partire dal ridotto costo di acquisto della materia prima. Bisogna poi considerare la possibilità di recuperare questo materiale praticamente a chilometro zero: il Trentino ha una grande quantità di risorse disponibili, grazie alle vaste foreste che coprono il suo territorio e alla larga diffusione di attività economiche legate al legno.

Da un’indagine svolta per conto della Camera di Commercio di Trento (“La filiera Foresta-Legno-Energia, 2008-2009”) risulta che tutti i produttori di calore o energia dal legno coinvolti nella ricerca usano materiale proveniente dal distretto forestale locale, a parte un caso isolato che si rivolge comunque a un mercato il cui raggio non supera i 70 chilometri.

Dalla ricerca risulta anche che c’è tanta materia prima: l’offerta di cippato in Trentino è molto superiore alla domanda e quindi ha un costo molto basso. La materia legnosa proviene per l’83% da segherie e per il resto dal settore forestale e dal verde agricolo, ed è anche di buona qualità. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per far sì che questa fonte di energia possa essere conveniente e val la pena ragionare sugli investimenti da fare. Una rete di teleriscaldamento fra hotel di una determinata zona, ad esempio, potrebbe ridurre i costi e aiutare economicamente il territorio, visti i risparmi notevoli che si ottengono utilizzando questa fonte di energia disponibile a pochi chilometri.

In Alto Adige, territorio all’avanguardia da questo punto di vista, diversi Comuni hanno adottato questa soluzione, attivando centrali (si veda quella di Dobbiaco in foto, oppure quella di Varna, in Val d’Isarco) che erogano riscaldamento ai cittadini che intendono allacciarsi alla rete di distribuzione: nei periodi in cui la richiesta di riscaldamento è inferiore (in estate), si produce energia elettrica da immettere sulla rete.

Inquinamento

Su questo argomento, ci sono diverse interpretazioni, su cui è bene far chiarezza: non tutto quello che brucia è necessariamente inquinante. Se viene bruciato cippato derivato dalla lavorazione di legno vergine, la quantità di anidride carbonica liberata equivale a tutta l’anidride carbonica che la pianta ha assorbito nel corso della sua vita biologica. Il che significa zero emissioni: l’anidride carbonica ritorna da dove è arrivata, nessun contributo a effetto serra o altro. Il problema semmai è costituito dalla bruciatura di Tetra Pak, plastiche, carta, giornali e resti di mobilio e truciolato: tutti materiali che, combusti, emettono sostanze chimiche nell’aria (vernici, colle, metalli) che vanno ad aumentare il tasso di inquinanti.

C’è poi anche un aspetto virtuoso che spinge verso la creazione di centrali di teleriscaldamento. Nei territori in cui il metano non arriva, è preferibile fare una centrale di teleriscaldamento che possa coprire più utenze, e quindi garantire il filtraggio dei fumi, piuttosto che installare tante singole caldaie domestiche, che difficilmente riusciranno a gestire le emissioni di PM.

Conclusioni (provvisorie)

Dando una scorsa alle varie polemiche nate in questi anni attorno a vari progetti di impianto proposti in Trentino (Canazei, Cembra, Novaledo -Menz & Gasser e ultimamente Levico Terme) pare che i dubbi principali vertano su due elementi essenziali: l’effettiva quantità di cippato disponibile in Trentino, su cui non abbiamo trovato dati più recenti del 2011, e l’incidenza dell’inquinamento provocato sul territorio circostante. Sulla disponibilità del cippato ci riproponiamo di approfondire; esso è sicuramente una risorsa da utilizzare, più discutibile ne è l’importazione.

Sull’inquinamento occorre, quando si progetta un impianto di questo tipo, un’attenta valutazione delle condizioni ambientali, sanitarie, socio-economiche del contesto in cui l’impianto si va a inserire; e questo vale sia per i comitati locali, che rischiano talvolta di rinunciare a un’opportunità di sviluppo sostenibile, sia per la committenza, che magari con ottime intenzioni rischia di creare un problema ambientale.