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La formazione teatrale, malgrado tutto

Intervista i direttori artistici in tempi di teatri chiusi

Da più di due mesi le attività teatrali dal vivo sono bloccate, e sulla loro ripresa non ci sono indicazioni. Anche la formazione ha ovviamente subito un contraccolpo, costringendo le scuole di teatro cittadine ad un ripensamento dell’offerta didattica.

Abbiamo interpellato sul tema i direttori artistici e/o formativi di Estro, Portland, Emit Flesti e Spazio 14, associazioni che da oltre 15 anni operano professionalmente nel settore, rivolgendosi ad una platea di un migliaio di soci. Le prime tre hanno già redatto un comunicato congiunto, diffuso tramite stampa e social, e la quarta si sta aggiungendo a questo fronte. Scegliendo di trattare di formazione, ci concentreremo su queste realtà, che però non sono le sole del territorio che in queste settimane stanno cercando di far sentire la loro voce.

Partiamo da Estro. Andrea Visibelli segue da vicino la formazione e traccia la linea della scuola: "Non abbiamo pensato a videolezioni in sostituzione della normale didattica, per lo svolgimento della quale riteniamo essenziale la compresenza dal vivo. Abbiamo offerto una didattica alternativa". Da qui la scelta di offrire incontri online di dizione e lettura interpretata, oltre che la possibilità di lezioni singole uno a uno. Estro punta poi a tenere viva la comunità: si leggano così iniziative social come lo scioglilinguachallenge o, ancor di più, l’illustraudio a puntate “Le avventure di Pinocchio”, un progetto di qualità pensato per i più piccoli, ma non solo. "Sono tutte cose - racconta Mirko Corradini - che cercano di tenere vicine le persone, di non farle annoiare. Credo che in questo momento gli artisti abbiano questo dovere. Non siamo medici e non salviamo il mondo, ma possiamo rendere la vita più bella agli altri".

Al Portland, spiega Andrea Brunello, agli insegnanti è stato chiesto di trasportare il loro percorso di formazione dal vivo all’online, attraverso incontri virtuali con gli allievi. Il passaggio non è automatico: c’è stato parecchio lavoro per ripensarne la struttura, adattandola alla contingenza. Dove possibile, la didattica prosegue online: dizione, fonetica, lettura interpretata, mentre tutto ciò che richiede una presenza fisica è ovviamente rimandato. In generale, la situazione ha messo l’associazione nella condizione di dover ripensare tutto, dal nuovo piano didattico fino alla stagione, in attesa di indicazioni sulla ripartenza. Per mantenere i contatti, inoltre, sono stati attivati gli “stuzzichini”, incontri del sabato sera aperti a soci e allievi. Momenti dove gli insegnanti favoriscono cambi di idee e piccoli momenti formativi. Una proposta molto apprezzata, dato che ad ognuno ci sono una trentina di persone collegate.

Anche Emit Flesti ha scelto di riorganizzare i corsi attraverso una formula online. In questa modalità, riferisce Alessio Dalla Costa, chiaramente si perde il lavoro sull’espressione corporea, ma si può fare una piccola parte di training fisico e vocale, e soprattutto andare in profondità a livello vocale e interpretativo. Emit Flesti sta provando ad utilizzare l’online come un’opportunità di linguaggio, stimolando gli allievi a sperimentare individualmente l’approccio comunicativo in video. Si mantiene così, anche a distanza, una bella relazione umana, fermo però restando che "il teatro è socialità, condivisione dello spazio, condivisione di un’energia". Nel prossimo futuro, almeno fino a dicembre, una parte dei corsi sarà online: Emit Flesti sta ragionando come renderli il più possibile efficaci e utili.

Terminiamo la ricognizione con Spazio 14. Elena Marino riferisce che l’associazione ha cercato di portare a compimento via Skype i corsi attivi, pur naturalmente senza spettacoli finali. Una soluzione che "ovviamente non è fare teatro, non è fare il corso completo, però è molto d’aiuto per le persone", specie a livello psicologico, oltre che per il lavoro su voce e interpretazione. Soprattutto, Elena Marino punta sulla necessità, per gli operatori teatrali del territorio, di fare fronte per concordare strategie comuni, ponendosi come interlocutore unitario con l’ente pubblico e condividendo idee e risorse – spazi, soprattutto – che possano portare vantaggio a tutti. Il tutto, ça va sans dire, in attesa di disposizioni per poter ripartire ("Abbiamo uno spazio molto grande, 350 mq, per cui siamo in grado di assicurare la distanza"), senza le quali le idee originali non bastano.

Il tema del fronte comune è molto sentito. Visibelli sottolinea con fierezza il meccanismo che si è attivato, auspicando con speranza positiva che il dialogo e la collaborazione rimangano anche ad emergenza passata. E Dalla Costa racconta di come si stia cominciando a creare un confronto in cui c’è, rispetto al passato, molto più ascolto, rispetto, morbidezza reciproca: "La parola che ricorre di più è fare rete, condivisione, capire come possiamo aiutarci".

Alle realtà del territorio le soluzioni, formative ma non solo, per arginare la mancanza del teatro in presenza non mancano. Come non manca la capacità di presentarsi unite per far sentire più forte i propri appelli. Noi li raccogliamo e li sosteniamo, perché pensiamo che la cultura non sia un bene inutile né sacrificabile.

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