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QT n. 11, novembre 2020 Trentagiorni

Lucia se n’è andata

Una paladina dei diritti delle persone con disabilità, che devono poter vivere decorosamente in autonomia in abitazioni adeguate, accedere al mercato del lavoro e avvicinarsi più possibile a un'esistenza normale

Lucia Fogolari con l’allora sindaco di Rovereto Roberto Maffei

Tutto cominciò nel 1985 con una telefonata: una lettrice di Questotrentino, Lucia Fogolari, ci chiedeva un incontro, desiderava che trattassimo alcune tematiche relative alla disabilità. E l’incontro avvenne a casa sua, a Rovereto, ad un’ora decisamente inusuale, poco dopo le 7 del mattino, giusto il tempo per una chiacchierata d’insieme prima che raggiungessi la scuola di Ala dove insegnavo.

Lucia si aiutava con un bastone ma camminava ancora abbastanza bene, tanto da potersi occupare anche dell’anziana madre, che viveva con lei.

La lista delle questioni che mi prospettò era infinita: l’autonomia personale, il lavoro, l’accessibilità delle strade e degli edifici pubblici, le provvidenze economiche... Fu il primo di innumerevoli incontri e telefonate da cui scaturirono decine di articoli, resi possibili dalle sue competenze e dai numerosi contatti che mi indicò, da Pino Melchionna a Natale Marzari, a Graziella Anesi, per limitarmi alle figure che in Trentino, negli anni Ottanta-Novanta, più si spesero per sensibilizzare la cittadinanza ed ottenere risultati concreti dai detentori del potere. Rimase famosa, in quegli anni, il suo sopralluogo per le strade di Rovereto in compagnia dell’allora sindaco Roberto Maffei – entrambi in carrozzina - perché il primo cittadino si rendesse conto di persona della crudele invadenza delle barriere architettoniche.

Lucia era esigente: le situazioni discriminatorie andavano assolutamente abolite, le persone con handicap dovevano arrivare al punto di poter vivere decorosamente in autonomia e questo comportava l’assegnazione di abitazioni adeguate, l’effettiva possibilità di accedere al mercato del lavoro, la creazione di quei servizi (dall’assistenza domiciliare a un sistema efficiente di trasporti ed accompagnamento) che consentisse a delle persone, già penalizzate dalle condizioni fisiche, di avvicinarsi il più possibile a un’esistenza “normale”. La sua bestia nera, insomma, erano gli istituti, che per lei rappresentavano delle intollerabili prigioni.

Lucia è stata coerente fino all’ultimo con questa sua visione: nonostante il progressivo aggravarsi delle sue patologie – da un pezzo non guidava più la macchina e raramente ormai usciva di casa – è venuta mancare nella sua casa, il 24 settembre scorso. Ed è stato giusto che i quotidiani locali l’abbiano ricordata come paladina dei diritti dei disabili.