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QT n. 10, ottobre 2021 Servizi

Via i soldati, avanti la scienza

Due consiglieri comunali propongono un cambio di rotta urbanistico nell'area delle ex caserme che rimette in discussione molte cose. Intervista ad uno di loro: Alessandro Dalrì.

Il Cibio (Centre for Integrative Biology), la facoltà di Medicina, quella di scienze infermieristiche. Tutto in uno, vicine tra loro e contigue al futuro nuovo ospedale.

Questa in sintesi la proposta contenuta in una mozione presentata nei giorni scorsi dai consiglieri comunali Alessandro Dalrì del Pd e Renato Tomasi dell’UPT che chiede al Comune di farsi regista di una operazione che avrebbe il pregio della razionalità urbanistica e della funzionalità, ma il difetto di arrivare all’ultimo minuto utile e di rimettere in discussione decisioni urbanistiche che parevano consolidate.

Perché la proposta di Dalrì e Tomasi prevede di far saltare un altro progetto: quello degli alloggi per i militari che la Provincia deve costruire in ottemperanza ad un accordo stipulato con lo Stato nel lontano 2001.

L’area dell’ex caserma "Chiesa"

Il riassunto veloce delle precedenti puntate ci dice che all’origine ci fu l’Accordo di programma del 2001 col quale lo Stato, sotto forma di Ministero della Difesa, cedeva 55 ettari di terreno militare - tutte le caserme di Trento Sud, in cambio della costruzione o del reperimento, a spese della Provincia, di alcuni grandi complessi per funzioni statali: il carcere, la questura, l’agenzia delle entrate, il tribunale e una nuova sede per i soldati. I primi tre tasselli sono andati a posto già da tempo, ma la sede per i militari è stata per anni oggetto di discussione.

L’iniziale proposta di una cittadella militare nelle campagne a nord di Mattarello fu cassata, dopo aver peraltro già espropriato i terreni necessari. L’area della caserma Chiesa fin dall’inizio doveva far parte del grande spazio riservato ad uso sanitario, leggi nuovo ospedale e annessi e connessi. Poi, nel 2017, l’accordo venne modificato e si decise di comune accordo tra Provincia e Difesa che gli alloggi dei militari - tre blocchi di appartamenti che complessivamente hanno bisogno di circa 2 ettari e mezzo - potevano anche stare in via al Desert, riportando una parte dell’area dell’ex caserma Chiesa a utilizzo militare.

E su quella strada si è andati avanti fino al mese scorso quando sono partite le prime procedure per l’appalto. In specifico è già partita la gara per affidare la progettazione del complesso abitativo per i soldati.

Nel frattempo però alcune cose sono cambiate. Primo, il Cibio ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi anni e richiede da tempo una sede molto più ampia dell’attuale; secondo, la Provincia ha deciso di istituire una Facoltà di Medicina. Tutte attività che più sono contigue ad un ospedale e meglio possono lavorare.

La proposta di Dalrì e Tomasi (a cui ci dicono si aggiungeranno certamente altri consiglieri di maggioranza, ma che è guardata con interesse anche dalle minoranze in Comune) ha la forza della logica.

La sede del CIBIO

Ma si scontra con le macchine lente, ma inesorabili, delle procedure amministrative già partite.

Ad Alessandro Dal Rì abbiamo fatto alcune domande su questo problema.

Costruire gli alloggi per i militari nell’ex caserma Chiesa non sembra un problema di quanta superficie viene occupata, quanto piuttosto di posizionamento: si trovano infatti dentro l’area che potrebbe ospitare il Polo Biomedico.

Il complesso militare è certamente disomogeneo a quella che dovrebbe essere l’area ospedaliera. Lì di fronte c’è già Protonterapia. Contiguo c’è il Not e poi magari la Facoltà di Medicina. Quindi cosa facciamo: il Cibio, la Facoltà e in mezzo le case per i militari? Con la possibilità che tra qualche anno ci sia ulteriore necessità di ampliare l’area sanitaria?

Nel capitolato per la costruzione delle case militari, si specifica che saranno privilegiati i progetti che lasciano più spazio aperto possibile nel lato che confina con l’ospedale.

Non posso dirlo con certezza, ma la mia interpretazione è che quando hanno fatto il capitolato forse si sono resi conto che andavano a costruire nel posto sbagliato”.

Avete fatto una valutazione di quanto spazio servirebbe per il Polo Biomedico?

No. La nostra mozione non dice costruiamo questo e quello, ma semplicemente: fate un tavolo con tutti gli attori coinvolti e capiamo cosa è intelligente mettere in quel posto”.

Ma che tipo di percorso è praticabile per rimettere in discussione la procedura di appalto?

Quello che possiamo provare a fare è votare questa mozione, sperando che possa arrivare ad un amplissimo consenso e che a quel punto il sindaco o chi per lui possa parlare con chi sta gestendo la cosa dalla parte del Ministero della Difesa per dire: la mia città mi ha impegnato a fare le cose diversamente”.

Quindi c’è solo una strada di accordo politico puro?

Questo è il punto cardine. Poi, in realtà, esiste la possibilità di bloccare l’appalto per ragioni di interesse generale. Ovviamente però questo strumento può essere usato se alla base c’è un accordo politico-istituzionale tra tutti i soggetti coinvolti”.

Per ottenere questo risultato sarebbe necessario che i vari gruppi in Consiglio comunale facessero pressione sui loro rispettivi referenti a livello governativo e del ministero della Difesa. Sono disposti a questo?

Ho parlato con vari esponenti, anche delle minoranze, e mi pare che l’interesse sia molto concreto”.

Il Comune potrebbe avere qualche leva specifica, ad esempio di tipo urbanistico?

Alessandro Dalrì

Probabilmente non di tipo urbanistico, visto che ha già consentito lo scorso anno al progetto modificando il Piano Regolatore per ridestinare ad uso militare l’area che era stata demarcata per uso sanitario. Però oggi potremmo avere qualcosa da dare in cambio al Ministero della Difesa. Per esempio i nuovi alloggi già previsti nell’area Italcementi potrebbero essere destinati ai mlitari. Anche perché personalmente non vedo bene l’area della ricerca all’Italcementi. Ha più senso se è contigua all’ospedale”.

Infine Alessandro Dalrì sottolinea un effetto collaterale di questa soluzione: lo spostamento del Cibio libererebbe spazio in quel di Povo. Lì anche le altre strutture di ricerca stanno strettine e avere a disposizione l’edificio lasciato libero dal Cibio risolverebbe pure i loro problemi. Quella che gli inglesi chiamano una soluzione win-win, ovvero che tutti ci guadagnano.

Ma per far quadrare il cerchio mancano due soggetti e non dei meno influenti. La Provincia, che dovrebbe fare propria questa proposta e mettere tutto il suo peso per convincere governo e militari all’ennesimo cambio di rotta. E su questo i consiglieri Dalrì e Tomasi stanno lavorando sottotraccia, ma ancora non si sa con quale risposta.

I militari poi si troverebbero davanti ad un ennesimo cambio di rotta che forse non li fa felici. Anche perché questa soluzione potrebbe avere un effetto valanga su un’altra grande decisione: quella di mantenere la caserma Pizzolato - anch’essa originariamente destinata ad area civile - come sede operativa dell’esercito. Decisione presa ugualmente nella modifica dell’Accordo del 2017. Ma anche per i soldati la distanza tra gli spazi a loro destinati non sembra ininfluente: non a caso tra l’area per gli alloggi e la caserma Pizzolato viene previsto, nel capitolato, un collegamento video permanente.

In conclusione ci pare che l’idea sia giusta, logica e razionale. Ma vedremo fino a che punto potrà superare assetti acquisiti, rigidità e difficoltà burocratiche. In questi casi si dice: ci vuole la volontà politica.

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