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QT n. 3, marzo 2022 Servizi

Come ti smonto il Museo

La cultura come puro marketing: iI caso di San Michele.

Nei mesi scorsi abbiamo assistito ad alcuni episodi, diversi ma tutti dello stesso segno, che hanno riguardato alcune istituzioni culturali trentine: la Fondazione Mach, il Museo Diocesano e il Museo degli Usi e Costumi di San Michele. Ad accomunare questi ed altri casi analoghi, manifestatisi con rimozioni e/o spostamenti di figure dirigenziali di caratura scientifica, c'è l'idea di una cultura intesa in termini puramente aziendali. Lo studio e la ricerca, che dovrebbero essere la prima funzione di un ente culturale, per i nostri governanti provinciali sono orpelli trascurabili e fastidiosi. A dirigere un museo non serve lo studioso, basta il ragioniere, il manager, il commercialista, il funzionario, presumibilmente più flessibile alle volontà del potere e soprattutto attento esclusivamente ai “numeri”; che ovviamente sono importanti, ma non possono essere il solo obiettivo. Altrimenti le trasmissioni di Barbara D'Urso, coi loro indici di ascolto, dovrebbero costituire un esempio di buona televisione.

L'episodio più emblematico di questa politica culturale è stato senz'altro l'allontanamento di Giovanni Kezich dalla direzione scientifica del Museo di San Michele, con tutto quello che ne è seguito. Un allontanamento avvenuto, a due anni dal pensionamento, con modalità particolarmente brutali. Dopo trent'anni di un impegno universalmente riconosciuto, Kezich è stato spostato a un incarico appositamente creato, in uno di quei progetti – scriveva l'Adige - “che in genere in Provincia fioriscono quando c'è l'esigenza di 'parcheggiare' i dirigenti che si vogliono spostare”.

Una rimozione, per di più, avvenuta senza alcun preavviso. L'assessore Bisesti ha negato la circostanza, affermando che con Kezich c'era stata una “interlocuzione” in proposito.

“Sì, una telefonata di meno di cinque minuti” - ha precisato Kezich.

La fitta pioggia di reazioni unanimemente indignate, di privati cittadini come di esperti del settore, dovrebbe di per sé dimostrare l'insensatezza di questa decisione; ultima in ordine di arrivo, una lettera aperta a Fugatti e Bisesti firmata da una decina di rappresentanti di istituzioni culturali del settore, fra cui i direttori della Scuola di Specializzazione in Beni Demoetnoantropologici presso l'Università La Sapienza di Roma e l'Università di Perugia.

Un'altra reazione al siluramento del direttore sono state le dimissioni di due membri del Comitato Scientifico del Museo: lo storico Mauro Nequirito e l'etnografa Herlinde Menardi, già Direttrice del Tiroler Volkskunstmuseum di Innsbruck; che così si rivolge al Presidente del Museo Ezio Amistadi “Vorrei esprimere il mio disagio e il mio profondo rammarico per la situazione attuale, che sta danneggiando il Museo, che è uno dei più importanti musei etnologici in Italia e dell’Euregio... Il compito del Presidente dovrebbe essere il bene dell’istituzione e della gente che ci lavora. Signor Presidente, Lei segue una linea che scredita o misconosce il lavoro passato, che non posso condividere”.

Ma non è finita: a completare lo sfascio, ecco la rimozione – anche qui senza preavviso e senza motivazioni - della vicedirettrice Antonella Mott, che gli autori della lettera aperta sopra citata definiscono “etnolinguista di comprovata esperienza, che ha al proprio attivo la preziosa coadiuzione etnografica ad opere di assoluto prestigio quali 'Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina. Nuova guida illustrata' e il 'Dizionario del dialetto di Montagne di Trento', e la redazione in proprio del grande 'Atlante etnografico del paesaggio trentino'”. Anche lei – a quanto pare – trasferita volente o nolente nella neonata “Unità di Missione Semplice per la Rete etnografica dei piccoli musei ed ecomuseale” dove già è stato spostato a forza Kezich e della cui funzione, al momento, non è dato sapere granché.

Ed eccoci all'ultima tappa della vicenda: i termini del bando per la nomina del nuovo direttore scientifico. Sarà una cosa lunga, dicono, ma non c'è fretta. Il Presidente Amistadi non è preoccupato, perché “abbiamo comunque il direttore amministrativo. E poi in altri musei, come ad esempio il Mart, fanno anche a meno del direttore scientifico”.

Difatti la figura prevista come prossimo direttore scientifico è sostanzialmente un manager. Che dovrà esibirsi, per giustificare il ricambio e il conseguente avvilimento della funzione culturale del Museo di San Michele, in grandi numeri ed effetti speciali. Staremo a vedere.