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Macroregione, eine Schnaps-Idee?

Cioè: un’idea da ubriachi…

L’idea lanciata dal presidente del Trentino - e fino a ottobre presidente dell’Euregio - di una macroregione che comprenda Trentino, Alto Adige, Friuli ed Emilia Romagna, è passata quasi sotto silenzio in Sudtirolo. La prima reazione è che si tratti di una “Schnaps-Idee”, che tradotto fa: Idea prodotta dalle troppe bevute di grappa.

I commenti dei lettori e lettrici alla notizia apparsa su salto.bz sono ironiche (“Se la Svp approva o non fa niente contro questa idea da avvinazzati, ciò rimarrà per sempre nei libri di storia”); meravigliate (“C’è davvero bisogno di una macroregione per aprire un dialogo con altre province o regioni?”); preoccupate (“Perché altre cattedrali costosissime, invece di cercare coi vicini la soluzione di un problema comune?”); allarmate (“Dio ci scampi da queste idee nazionaliste - e quasi fasciste - che hanno lo scopo di assimilare noi sudtirolesi e derubarci della nostra autonomia”); e infine indice di quanto la proposta può essere usata dalla propaganda nazionalista (“Speriamo che prima o poi riusciamo a liberarci dei trentini sia nella Regione che nell’Euregio, i quali possono poi unirsi come vogliono ad altre regioni. L’autonomia per il Trentino comunque non ha senso”).

Quest’ultima rappresenta una diffusa convinzione anche all’interno del partito di maggioranza e fra le persone di lingua tedesca. L’iniziativa di Fugatti rischia di far riemergere un vecchio sentimento ostile, frutto di antiche incomprensioni. La macroregione, a parte l’Emilia Romagna che non c’entra un fico secco, evoca il Triveneto o peggio le Tre Venezie del ventennio fascista.

Il consigliere Knoll della Südtiroler Freiheit (STF) ha subito sparato a zero: “Richiamando in vita la grande regione Triveneto; - ha scritto - il Sudtirolo diventerebbe una normale provincia italiana, in cui i sudtirolesi sarebbero la minoranza assoluta. Anche la nostra autonomia non avrebbe alcun ruolo da svolgere... L’autonomia del Sudtirolo è un’autonomia etnica per la difesa dei sudtirolesi tedeschi e ladini come minoranza austriaca nel territorio italiano e dunque non può essere compromessa da una macroregione Triveneto”. E ha invitato Fugatti a decidere fra “un futuro con l’Italia o col Tirolo del nord, sud ed est”. Per la STF “il nostro futuro è nell’Europaregion Tirol, senza Italia!“.

La Volkspartei ha taciuto per un’intera settimana, complici le (o con l’aiuto delle) feste natalizie, e soprattutto tace imbarazzata l’ala destra, molto vicina alla Lega. Solo il 29 dicembre, il presidente Kompatscher, rispondendo a una domanda della stampa, ha bocciato la proposta di Fugatti: “La macroregione non è il nostro progetto. Ricorda un po’ il Triveneto, che per noi è stato una bruttissima esperienza”.

Kompatscher coordina le regioni e provincie ad autonomia speciale e sarà ascoltato su alcuni aspetti del disegno di legge Calderoli sulla riforma delle autonomie. I mass media hanno significativamente messo la proposta in un angolo.

D’altronde ben altri problemi deve affrontare il partito etnico di maggioranza. Natale è arrivato a calmare un po’ le acque dell’ennesimo attacco diretto a Kompatscher del gruppo che, dalla direzione del partito, trama contro di lui per avere mano libera in affari non proprio per il bene pubblico. Dopo la pubblicazione, la scorsa primavera, del libro “Freunde im Edelweiß” (Amici nella stella alpina), in cui due coraggiosi giornalisti hanno portato alla luce vicende incredibili, non solo con documenti e testimonianze, ma con le intercettazioni che migliaia di persone hanno ascoltato, il partito è stato scosso da un terremoto e da una perdita di consensi senza precedenti, con iscritti che si sono allontanati, funzionari che rifiutano le cariche nelle aree periferiche e sondaggi al ribasso.

Il segretario politico Achammer, sbilanciato verso la cordata, che è protetta dai proprietari del quasi monopolio dei mass media in provincia, non ha mantenuto la promessa di punire chi ha danneggiato il partito. Oltre all’assessore Widmann, ben pochi sono stati costretti a dimettersi (peraltro dalle cariche di partito e non dal Consiglio provinciale). In autunno, con carte dimostratesi false (per fortuna esistono ancora alcuni mass media coraggiosi e indipendenti), Kompatscher è stato oggetto di una campagna di stampa in cui lo si accusava di corruzione.

Il segretario Achammer non ha fatto nulla per difenderlo, anche se era a conoscenza della falsità delle accuse. E alla fine è stato il presidente a fare ciò che doveva fare il partito, e cioè denunciare chi lo accusa. Kompatscher ha atteso la fine di novembre per annunciare che si ricandiderà per la terza volta alle elezioni provinciali del 2023, superando la voglia di andarsene.

Beninteso, Kompatscher non è il nostro eroe. Promette atti concreti per la conversione ecologica, attenzione al sociale e alla sanità pubblica, ma dove vanno i soldi lo decidono le lobby; il clima è al primo posto, dice, ma fa l’aeroporto, getta centinaia di milioni di euro per le Olimpiadi del cemento; lascia devastare il centro storico di Bolzano, costruire parcheggi enormi nei centri che attirano altre migliaia di auto. I poveri, i pensionati non sono nelle sue corde, come non gli interessa il destino delle classi medio-basse messe in crisi dai prezzi fuori controllo. Non ha idea delle aree urbane, lasciate in mano ad amministrazioni mediocri e non rispettose dei loro stessi cittadini.

Ma Kompatscher è il meglio che la Svp può mettere in campo: è scostante ma ha stile, gli piace fare l’uomo di stato, è onesto (qualità rara), riceve molti più voti del suo partito. Nella lettera di ricandidatura ha ripetuto la sua condizione: che il partito sia leale. Si fida, nonostante i precedenti, della parola dell’Obmann? E – incredibile - di quella dei “Freunde im Edelweiß”?

Una sindaca, nonché segretaria della Svp per l’area meranese, in un’intervista al Tageszeitung, ha accusato di inerzia il segretario Achammer e detto che la mancata risposta all’indignazione della base verso il comportamento immorale e indecente di una parte della direzione, costerà cara alle prossime elezioni. Invece di rispondere alle sue critiche nel merito, contro di lei sono stati scatenati i mass media del monopolio, e lei ha ritrattato. Un episodio di sapore stalinista e un esempio di efficienza nel colpire chi chiede chiarezza e pulizia, rimanendo inerte invece di fronte a chi fa giochi sporchi. È chiaro che l’attacco a Kompatscher era volto a fargli abbandonare il campo. È stato convinto dall’insistenza della base. Per parlare della situazione si è deciso di convocare una riunione allargata a funzionari, eletti, esponenti a vario titolo del partito, per il 17 dicembre, poi rinviata a data da destinarsi. Un confronto con la base sarebbe molto difficile per il segretario e per una parte della direzione.

Alle prossime elezioni, dalla Svp tutti si aspettano una sconfitta, pronti alcuni ad attribuirla allo stesso presidente candidato di punta (in provincia di Bolzano non viene eletto direttamente il presidente). Il partito di maggioranza forse limiterà i danni, perché l’opposizione non costituisce un’alternativa, e perché in fondo tutti i politici qui tengono la testa bassa, per timore di venire ignorati o denigrati dai giornali e dalle radio del monopolio mediatico. Quindi, comunque vada, la politica continuerà a lasciare le scelte di bilancio alle lobby dei grossi contadini, degli albergatori e dei cementificatori. È in questo clima di tensione interna che cade la proposta di macroregione.

Le vere questioni

A che serve una Macroregione? A Bolzano, prima di Natale, un migrante di 19 anni è morto di freddo e una settimana dopo è morto un cuoco di 64 anni, a Bressanone, in una baracca. Entrambi, il ragazzo appena arrivato e il lavoratore, non avevano un’abitazione.

Queste morti hanno scosso profondamente la popolazione e hanno anche messo in luce l’effetto di una politica che regala i terreni agli speculatori e non costruisce da anni case per le persone “normali”.

Il 30% di chi si iscrive all’Università di Bolzano non rimane, per mancanza di alloggi, e molte giovani famiglie se ne vanno in luoghi dove affitti e prezzi sono meno esosi.

Le dichiarazioni di cordoglio per i morti sono lacrime di coccodrillo: ci sono tante caserme vuote dotate di servizi, migliaia di alloggi vuoti, e tante canoniche e altri numerosi edifici che i proprietari potrebbero mettere a disposizione. Si dicono commossi e poi dimenticano tutto in fretta, nelle prime pagine dei giornali si parla con soddisfazione dei numeri dei visitatori dei mercatini di natale. Il resto è dimenticato. I nostri politici si litigano le responsabilità delle morti, come la responsabilità delle morti dei pedoni e dei ciclisti travolti dai camion liberi di correre in piena città, ma non fanno nulla.

Chiamano “emergenza” un fenomeno stabile come la migrazione o il traffico mostruoso, che durano da anni. Ma non ci sono progetti di lungo respiro per i poveri e i senzatetto. I migranti sono tutti concentrati nel capoluogo, negli altri comuni sono stati chiusi e perfino abbattuti (Laives) i CAS, cioè gli alloggi con servizi che esistevano fino al 2020.

In questa situazione, con una provincia molto ricca che però sul piano sociale e sanitario contiene enormi carenze, a che servirebbe una macroregione? Dopo tanta fatica per ottenere competenze amministrative e politiche e per allentare il più possibile le relazioni con il Trentino, per quale ragione la Provincia di Bolzano dovrebbe collaborare a creare un nuovo costoso carrozzone clientelare, all’interno del quale il punto di vista sudtirolese avrebbe un ruolo marginalissimo? Già l’Euregio costa tanto ed è soprattutto una passerella per politici in vena di esibizioni.

Le macroregioni furono proposte negli anni '90 dalla Fondazione Agnelli in un progetto di riforma federalista della Repubblica. L’obiettivo dei proponenti era allora di realizzare una riorganizzazione amministrativa e politica efficiente, con una ripartizione diversa dei poteri e delle competenze e alleggerire lo Stato da compiti che non è in grado di affrontare decentemente.

Il federalismo significa portare le decisioni vicine alle cittadine e ai cittadini, per accrescere la partecipazione, cioè la democrazia. Ma in Italia accadde allora che il tema divenne cosa propria della Lega Nord, che voleva – con Miglio – creare regioni etnicamente omogenee (liberandosi prima dei meridionali e poi dei migranti). Da parte del centro-sinistra, dove i partiti erano centralisti, non c’è stata mai una proposta alternativa concreta.

Le ragioni del rifiuto della proposta di macroregione sono molto diverse. Per chi scrive, si tratta di difendere i i principi che sono alla base dell’autonomia sudtirolese: la convivenza, il rispetto delle differenze, il concetto di tetto comune per persone di lingua, religione, culture diverse, che sono estranei al concetto di autonomia della Lega, che non ha mai rinnegato l’obiettivo della secessione economica delle regioni economicamente forti.

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