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Renato Porro: un ricordo privato

Un ricordo privato

Un giornale, anche piccolo come il nostro, dà la possibilità di conoscere tanta gente e di intrecciare rapporti secondo le più diverse modalità: c'è l'interlocutore di una singola occasione, che non ti ricapita più di incontrare, come pure possono nascere delle vere amicizie. Renato Porro era uno di quelli con cui avevamo un rapporto ormai da tempo consolidato, con ricorrenti periodi di frequentazione assidua intervallati da mesi in cui non ci si vedeva; ma ormai sapevamo che prima o dopo ci saremmo ancora rivisti.

Lo conoscemmo casualmente, per via di comuni conoscenze, una quindicina d'anni fa e per qualche tempo, finché abitò a Rovereto, ci incontravamo a casa sua per le riunioni di redazione che tenevamo ogni quindici giorni in quella città. Di lui sapevamo che era un sociologo che si occupava di mass-media: non aveva ancora conquistato quella larga considerazione e quella visibilità di cui si è avuta una bella manifestazione nei giorni scorsi; aveva più o meno la nostra età, eppure lo percepivamo in qualche modo come un fratello maggiore. Anzitutto per la competenza in un settore che noi, presuntuosamente, credevamo già di conoscere, e del quale lui sapeva ogni volta indicarci gli aspetti nuovi e le tendenze (basti ricordare con quanto anticipo previde il disastro delle tivù locali). E un poco anche per quel suo carattere schivo, apparentemente ombroso, pieno di pudori che non si limitavano alla sfera privata.

Parlando di informazione e non solo gli piaceva fare il cinico, lo spietato realista, e solo dopo aver lungamente delineato scenari sconfortanti che non lasciavano uno spiraglio di luce, apriva delle prospettive non solo di speranza, ma perfino di utopia. Ci teneva comunque a chiarire che la nostra esperienza giornalistica, con la fragilità organizzativa e il duro rapporto col mercato che la caratterizzavano, in quel suo panorama non era prevista, era tecnicamente impossibile; e concludeva paragonando l'uscita di ogni numero di Questotrentino ad un ricorrente, puntuale scioglimento del sangue di San Gennaro. Un miracolo insomma: un giudizio che per noi, ovviamente, era molto gratificante.

E' difficile capire se noi e Renato potessimo considerarci amici nel pieno senso del termine: basti dire che le varie tappe del suo percorso professionale le apprendevamo regolarmente dai quotidiani, o da terze persone; e che neppure sapevamo fino a che punto fosse malato. La sua solita riservatezza. Ma di sicuro voleva bene a questo giornale, dimostrando nei suoi confronti una disponibilità e una generosità su cui sapevamo di poter contare in ogni momento. Ci aiutò scrivendo, informandoci, contribuendo alla discussione, aiutandoci nell'organizzazione delle "Voci dell 'Italietta ", mettendo in piedi dei seminari di formazione giornalistica per piccole testate come la nostra provenienti da tutta Italia. Fino alla sua ultima visita in redazione, quando venne a darci qualche consiglio mentre discutevamo sul come uscire dalle difficoltà economiche che ancora ci angustiano.

Questo è il Renato Porro che abbiamo conosciuto e che vogliamo ricordare, cioè un importante compagno di strada; importante anche se non fosse stato il personaggio pubblico giustamente celebrato nelle commemorazioni ufficiali: l'acuto docente universitario, il presidente del Corerat o il principale artefice della Carta di Treviso sui diritti dei minori nell'informazione.

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