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QT n. 3, 6 febbraio 1999 Servizi

Artisti di strada

Nati negli Stati Uniti, graffiti e pitture murali sono da tempo comparsi anche nelle nostre città. E il Comune di Trento ne ha preso atto...

Tempi duri per il popolo dei writers (termine che gli autori di scritte e pitture murali usano per definirsi). L’anno nuovo ha infatti portato a Milano una sorpresa: taglie sugli autori di graffiti, scritte, murales; è l’ ultima trovata del sindaco Albertini, seguita da quella del solerte assessore all’ urbanistica Lupi: perché non addebitare la responsabilità delle scritte agli organizzatori degli ultimi cortei studenteschi?

Insomma una Milano esplosiva ed eclettica nella sua intolleranza e miopia politica, non soltanto nelle risposte ai recenti episodi di violenza, ma anche negli atteggiamenti punitivi verso i più innocui writers.

Per il cittadino che, alla vista del vandalo all’ opera sul muro metropolitano, segnali l’episodio all’Amministrazione, è infatti previsto un "premio collaborazione" di un milione di lire.

Probabilmente il sindaco Albertini, nel mettere le taglie sui writers, non comprende che i graffiti, come qualsiasi altra manifestazione culturale urbana, hanno luogo, tempo e storia propri, oltre che un interessante cammino alle spalle. Il writing nasce a New York negli anni ’60-’70 inizialmente praticato sui vagoni della metropolitana, per poi esplodere come fenomeno urbano su muri, cartelli pubblicitar,i e nelle università.

In principio espressione di una cultura proletaria e di matrice nera, ben presto il writing esce dal ghetto, diventa non solo rabbia ed esigenza di auto-affermazione, ma anche atto di contestazione e di denuncia, a volte espressamente politica.

Anche la tecnica si evolve: dall’ uso del semplice pennarello a punta larga a quello di vernici, colori acrilici, aerografi e soprattutto alle bombolette spray, simbolo più attuale dell’ Art-graffiti.

Agli inizi del movimento non ci sono stili né regole, si tratta di costruire una cultura senza limitazioni, inventando un genere: proprio per questo i primi writers lavorano quasi sempre di getto, senza progetti sulla carta, sui quali poi basarsi per la realizzazione a spray.

Da subito comunque assumono centralità la lettera e la firma, segni in continua evoluzione, tratti inconfondibili di ogni artista; va infatti ricordato che i primi lavori dei writers sono tutti basati sulla scelta di un proprio marchio e sulla sua elaborazione grafica, effettuata in modo tale da rendere l’autore unico nel suo stile, perfettamente distinguibile tra gli altri.

A partire dal 1988 i controlli alla metropolitana si infittiscono e i vagoni vengono ripuliti dai lavori dei writers con sempre maggior solerzia; avviene quindi un dirottamento nella ricerca di altri spazi creativi: nuovi punti di riferimento diventano così muri e cartelloni pubblicitari, anche se al "vero" writer resterà comunque il senso di perdita del luogo di lavoro originario: il vagone viene infatti considerato tuttora come l’insostituibile tela d’acciaio dell’artista.

Spostando la visuale dal nuovo al vecchio continente ci accorgiamo che l’Art-graffiti, seppur americana per nascita, si diffonde anche in Europa e, quanto meno ai suoi inizi, in analoghe cornici metropolitane.

Berlino, Amsterdam, Milano, Parigi sono i grossi centri interessati per primi al fenomeno che, col passare del tempo, si diffonde anche in centri minori, tant’è che ormai non possiamo più parlare di writing a partire dal binomio esclusivo writers-metropoli, anche se i grossi centri restano comunque i poli di attrazione e di convergenza principali, zone nevralgiche al cui interno si rinnovano generi e correnti.

Senz’altro il graffito europeo affonda le proprie radici nella cultura americana, più precisamente in quella nera e portoricana del ghetto, cultura della rabbia e dell’ auto-affermazione che diventano impulso creativo, realizzazione artistica.

Il fenomeno europeo però assume ben presto caratteristiche proprie, che lo contraddistinguono nettamente da quello statunitense: in primo luogo i writers europei raramente emergono dall’ anonimato, se non con la loro firma, evitando comunque di fare di sé dei "personaggi" metropolitani, al contrario di numerosi colleghi d’oltreoceano, i cui nomi sono ormai entrati nei testi di storia dell’arte contemporanea.

Ma soprattutto il graffito europeo, sebbene sia anch’esso permeato dallo stesso spirito contestatore e rabbioso di quello americano, risulta avere un impatto meno polemico e più dialogico con la cornice metropolitana in cui si contestualizza, riuscendo spesso ad inserirsi armonicamente nell’architettura urbana vivacizzando e personalizzando le linee architettoniche di periferie devastate da uno sviluppo edilizio selvaggio.

Inoltre, proprio con la scomparsa del concetto di protagonismo dell’artista, si modifica anche la tematica dell’opera: non vediamo più solo firme e marchi, tipici del contesto statunitense, ma anche e soprattutto creazioni artistiche più elaborate, con soggetto e svolgimento propri, mutuati dal mondo fumettistico, disneyano, musicale e, talvolta, politico.

Dunque la creazione a soggetto si impone sullo scenario europeo, determinando un nuovo impulso vitale per il movimento, ed anche un avvicinamento alla tecnica dei murales, forma artistica che può in qualche modo rappresentare la radice "nobile"del writing, una sorta di figlio illegittimo proprio dell’arte di muralisti storici di scuola messicana, quali Rivera, Orozco e Siqueiros.

Una storia lunga, quindi, quella dell’Art-graffiti, l’interessante evoluzione di un movimento artistico urbano, ma anche di una forma espressiva non canonica né controllata, libera quindi di generare creazioni molteplici, talvolta straordinarie per valore artistico, talvolta prove meramente imitative, di scarsa originalità, seppur molto spesso tecnicamente ben eseguite; certo è che l’opera dei writers (ciao Sara e Lollo PS. Sara i love You) rimane nel suo insieme un forte segnale di reazione al comunemente detto "degrado urbano", la testimonianza del permanere di una cultura giovanile e popolare, in grado di eleborare il disagio e la rabbia trasformandoli in espressione creativa. Il writing rappresenta dunque la capacità di mettere in discussione, talvolta in modo rabbioso e inconsapevole, talvolta in modo artisticamente sorprendente, il monopolio culturale e comunicativo deigrandi media e la loro pretesa di stabilire a priori i confini fra arte e vandalismo, legalità e illegalità, e, soprattutto, legittimità e illegittimità di espressione. Certo, quando un fenomeno urbano si fa pressante, è inevitabile che sorgano dei problemi: muri, case e palazzi ricoperti di scritti e scarabocchi, frequenti attacchi a proprietà pubbliche e private, talvolta veri e propri atti di vandalismo. In questo caso entrano in campo le istituzioni, per fare pulizia dei graffiti molesti e, viste le ultime trovate di Albertini, anche dei molesti graffitisti.

Il problema è innegabile, però nell’affrontarlo è doveroso il distinguo tra coloro che, senza ambizione artistica alcuna, ricoprono i muri cittadini di scritte (più o meno sensate o condivisibili) e che certo non possono definirsi writers e coloro che, invece, praticando ed amando il writing, sono inevitabilmente alla ricerca di spazi nei quali poter realizzare i propri lavori.

Tra i writers stessi esiste inoltre un regolamento non scritto, una sorta di etica professionale, che proibisce innanzitutto di disegnare sul lavoro di un altro, ma soprattutto su edifici artisticamente e storicamente rilevanti.

"Per questo ci arrabbiamo moltissimo quando la gente non distingue tra scritta e writing - ci dice uno di loro - come quando ci associano al vandalo di turno o al grafomane tifoso di calcio".

Operato il doveroso distinguo, resta pur sempre il nodo irrisolto degli spazi e del rapporto writers-istituzione, a partire dalle ormai storiche retate alla metropolitana di New York; l’atteggiamento polemico ed antiistituzionale è quasi un comune denominatore di una cultura che si è vista già ai suoi albori "bocciata" come illegittima.

E'proprio a proposito di questo nodo irrisolto che, restringendo la visuale dallo scenario mondiale a quello trentino, passiamo ad illustrare un segnale positivo di controtendenza venuto proprio da Trento.

A metà ottobre infatti il piccolo gruppo di writers trentini, una decina di persone, si è rivolto all’ UdS (Unione degli Studenti) lamentando la mancanza di spazi nei quali poter lavorare e chiedendo all’associazione una soluzione "istituzionale" al problema.

Soluzione che è arrivata proprio nel corso delle trattative che il sindacato studentesco ha condotto con l’Amministrazione comunale su tematiche riguardanti, oltre ai mezzi di trasporto pubblici, anche gli spazi giovanili e studenteschi.

E’ stata data infatti la possibilità per i writers di decorare il nuovo palazzo del ghiaccio di via delle Ghiaie, recente struttura che dovrebbe diventare nuovo polo sportivo e aggregativo della città.

La struttura verrà dipinta parzialmente con lavori a tema riguardanti gli sport sul ghiaccio, mentre uno spazio sarà destinato all’espressione grafica libera.

Al momento il gruppo di decoratori sta lavorando alla preparazione dei bozzetti su carta, da presentare entro breve al direttore del palaghiaccio; una volta rivisti i progetti, i lavori potranno avere inizio.

Proprio l’ esperienza trentina, finora felice nei suoi sviluppi, costituisce una sorta di vittoria del dialogo e della scelta democratica; assistiamo infatti alla realizzazione di un progetto che vede collaborare forze istituzionali e studentesche, all’interno del quale un’associazione studentesca riesce a dare voce ad un’esigenza ed a trovare risposte effettive, sino a conquistare uno spazio per la realizzazione artistica spontanea e per la libera espressione. Un’esperienza diversa, quindi, da altre realizzazioni - in apparenza simili - come le pitture murali realizzate a Rovereto dagli studenti dell’istituto d’arte nel sottopassaggio della stazione o sui muri della piscina.

"Anche noi - dichiara Lorenzo Andreatta a nome dell’Amministrazione comunale - riteniamo l’esperienza positiva. Siamo soddisfatti della sinergia che si é venuta a creare e speriamo che questo percorso possa ampliarsi, sia grazie ad associazioni come l’UdS come intermdiarie, sia per mezzo di contatti personali.

Interventi di questo genere sono infatti positivi nei luoghi pubblici, in particolare laddove mancano colore e vivacità".

Forse meno entusiasta si rivela Alessio, uno dei writers cittadini: "Senz’altro siamo contenti per il palaghiaccio, ma credo anche che, se il movimento prendesse piede a Trento, la città forse non la prenderebbe molto bene. Il writing, in fondo, nasce nell’ illegalità".

Perplessità sul futuro del movimento trentino a parte, per quel che riguarda l’esperienza del palazzo del ghiaccio numerose restano le incognite: innanzi tutto se il progetto arriverà ad una conclusione soddisfacente sia per gli amministratori della struttura, sia per i decoratori; e poi, come giustamente fa notare Alessio, resta da vedere come la città intera accoglierà il risultato.

D’ altra parte, nonostante le incognite del progetto, possiamo quanto meno affermare di essere orientati nelle giusta direzione sulla strada del dialogo e della comunicazione civile e democratica, fortunatamente lontani da taglie, strategie punitive e valutazioni semplicistiche e superficiali.