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Caino a morte o no?

Congelata la proposta europea di fermare la pratica della pena capitale. D’altronde, finché gli Usa non saranno d’accordo...

Adistanza di quasi due anni è tornata all’Onu la questione della pena di morte. Una speranza purtroppo subito spenta. Il 3 aprile 1998, in occasione del cinquantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, l’Assemblea generale aveva votato su proposta dell’Italia una risoluzione che raccomandava "ai paesi che tuttora adottano la pena di morte di operare tempestivamente per una sua progressiva abolizione".

Poiché l’Onu non emette decreti, né può interferire nella legislazione dei singoli Stati, la risoluzione doveva considerarsi soltanto un segnale importante. Ora pareva che l’Unione Europea volesse compiere un altro passo in avanti trasformando il segnale in un effettivo impegno ad abolire, o quanto meno a sospendere la pena di morte. Se la nuova risoluzione fosse passata, si sarebbe trattato di un vero salto di qualità nella cultura giuridica internazionale. I paesi favorevoli sono al momento 74, ma per il successo dell’iniziativa sarebbero occorsi 88 voti. Fra i contrari ci sono paesi importanti come il Giappone, la Cina e soprattutto gli Stati Uniti.

Purtroppo fra la sorpresa generale con motivazioni non convincenti l’Unione Europea ha congelato in questi giorni la proposta in attesa di tempi migliori. Qualche riflessione è opportuna, perché la questione della pena di morte non è semplice. Essa appartiene da migliaia di anni alla storia dell’umanità, e corrisponde ad una pulsione profonda dell’animo umano. Alzi la mano chi, di fronte a un efferato delitto (per esempio lo stupro e l’uccisione di una bambina) non ha pensato alla morte del colpevole come all’unica pena adeguata.

La pena di morte ha radici bibliche: "Occhio per occhio, vita per vita". Tutti gli ordinamenti giuridici, compreso quello dello Stato pontificio, per secoli hanno inserito nei loro codici la pena capitale. Tra gli argomenti a favore vi è che la pena di morte attua radicalmente la prevenzione nei confronti dei criminali recidivi o pericolosi. Si ricorda spesso il caso del criminale inglese, condannato per aver violentato e ucciso due bambine, il quale riuscì a fuggire dal carcere dove scontava la pena e prima di essere nuovamente catturato violentò e uccise un’altra bambina. Se fosse stato giustiziato la prima volta, il secondo delitto non sarebbe accaduto.

La pena di morte inoltre ha la massima forza intimidatrice e preventiva. Si faccia il caso di un criminale che compie un delitto per cui è prevista la pena dell’ergastolo: senza la pena di morte potrebbe essere indotto ad aggravare il reato, commettendo un duplice invece che un singolo omicidio, perché tanto la pena resterebbe uguale.

Fra gli argomenti contro la pena di morte vi è che la pena capitale rende impossibile la rieducazione del condannato, che dovrebbe invece essere uno degli scopi della sanzione penale. Si aggiunge che la pena di morte è esempio e scuola di ferocia, abitua alla soppressione della vita umana e ha quindi funzione diseducativa. Si contesta inoltre fin dai tempi di Cesare Beccaria che abbia funzione deterrente: in effetti nei paesi dove vige la pena di morte non diminuisce il numero dei reati. Non vi è dubbio infine che la pena di morte rende impossibile la riparazione di eventuali errori giudiziari.

Sembra di poter concludere che le ragioni a favore dell’abolizione siano più numerose e forti di quelle contrarie. In linea di principio inoltre si può indicare un motivo giuridico che ha radici religiose ed etiche: il comandamento "non uccidere", che si ritrova in tutte le religioni, se vale per l’individuo non può non valere anche per la collettività e lo Stato. In Italia infatti la pena di morte, ripristinata durante il fascismo, è stata definitivamente abolita con l’art. 27 della Costituzione che stabilisce: "Non è ammessa la pena di morte". Il secondo comma ne spiega le ragioni: "Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Ritengo che il tentativo di abolire o almeno di sospendere la pena di morte sarebbe fallito anche senza la cattiva sorpresa del congelamento della proposta, perché la potenza egemone è contraria. Fino a quando gli Stati Uniti non riusciranno a liberarsi dall’incantesimo del "boia di Stato", la pena di morte nel mondo non verrà abolita né sospesa.

E’ sorprendente che la cultura americana, che ha fatto dell’habeas corpus, pur tra mille contraddizioni e orribili vicende (il genocidio dei pellerossa, la discriminazione contro i neri), una bandiera di civiltà, e che del rispetto dell’accusato e dei suoi diritti ha fatto un’ideologia e un marchio d’identità, rimanga intruppata con nazioni illiberali e arretrate come lo Yemen, l’Afghanistan o il Congo a difendere l’uso della forca. Le cause probabilmente sono molteplici: l’origine violenta della nazione americana, la radice religiosa puritana, la semplificazione culturale che rende onnipotenti i sondaggi di opinione con la conseguenza che l’élite politica ha rinunciato da tempo alla funzione educativa ed è soggetta alla tirannide degli "opinion polls".

A questo proposito Vittorio Zucconi ha acutamente osservato che "la demagogia alimenta i sondaggi e i sondaggi alimentano la demagogia" (La Repubblica, 8 novembre). Così il cappio si chiude intorno al collo della politica. L’accusa di essere tenero (soft) con il crimine ha negli Stati Uniti la stessa efficacia deterrente di quella un tempo maccartista di essere tenero con il comunismo. Nessun politico, né di destra né di sinistra, vuole sfidare questa accusa e così il capestro continua a chiudersi (o la sedia elettrica a funzionare) per i 3.100 condannati a morte parcheggiati nelle carceri americane. I dirigenti politici statunitensi non si sono ancora resi conto che il mantenimento della pena di morte ha un fortissimo effetto diseducativo. Infatti sull’esempio del boia di Stato, ogni mentecatto "che entra armato in un asilo, in un palazzo, in una scuola si sente in cuor suo un giudice autorizzato a giustiziare chi egli consideri in quel momento il male da estirpare e vendicare" (Zucconi, ibidem).

L’effetto diseducativo è tale che è arrivato a toccare l’infanzia. Da qualche tempo va di moda negli Usa una sedia elettrica "giocattolo", dove una leva regola l’intensità della corrente elettrica. Vince chi resiste per più tempo al voltaggio più alto. Il giocattolo ha avuto un successo di massa e lo usano anche gli adulti. La sedia elettrica come divertimento per gli innocenti: questo è il messaggio. E’ giusto quindi che essa sia la punizione definitiva per i colpevoli. Ne consegue che fino a quando negli Stati Uniti non avverrà una profonda rivoluzione culturale (fino ad ora anche gli appelli del Papa si sono rivelati vani) gli strumenti del "boia di Stato" continueranno a funzionare, nonostante le risoluzioni dell’Onu.

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