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Tutto sbagliato tutto da rifare?

L’Istituto regionale di studi e ricerche sociali (quello che organizza l’università della terza età) è un ente inutile. Parola di Cavagnoli & Molinari. E se c’entrasse la politica?

Ci eravamo cascati. Per anni abbiamo ritenuto che l’Istituto regionale di studi e ricerca sociale, quello per capirci che tra l’altro organizza da vent’anni i corsi dell’Università della terza età (56 sedi, 350 insegnanti, 6.300 iscritti) fosse una cosa seria e ben funzionante, e in termini positivi ne abbiamo più volte scritto, forse condizionati dalla suadente loquela del suo direttore, Giampiero Girardi, e in questo confermati dall’apparente assenza di voci critiche.

E’ stato un abbaglio: l’Istituto in realtà è una chiavica, o quanto meno un carrozzone, una specie di ente inutile, tutto da rifare. La scoperta, improvvisa, è del nuovo presidente Paolo Cavagnoli (già al vertice dell’Itea), nonché dell’assessore provinciale alla cultura Claudio Molinari che l’ha insediato in quella carica con l’obiettivo "di riorganizzare completamente l’istituto, rivoltandolo da cima a fondo e, come dice Cavagnoli, ‘trovandogli una nuova missione’".

La bomba scoppia su L’Adige del 20 ottobre e riscoppia sull’Alto Adige del giorno dopo: "Così non si può andare avanti. Non regge un istituto che fa corsi e corsetti di tutto un po’, senza una caratterizzazione specifica. O si cambia, o si chiude… Se al direttore non va bene quello che stiamo facendo, se ne vada" - attacca Cavagnoli ; mentre Molinari minaccia di tagliare i fondi se le cose non cambieranno.

I due avranno senz’altro ragione, ma perché, di grazia, tanto repentino furore?

E soprattutto, qual è la "nuova missione" cui l’istituto è chiamato? "Può diventare un istituto che lavora insieme all’università, fornendo il bagaglio di tirocinio al diploma universitario", oppure "un piccolo Censis trentino che possa servire alla Provincia come braccio operativo quando ha bisogno di consulenze", o - perché no? - "svolgere un ruolo di qualificazione del personale che opera nel sociale". Insomma, "bisogna alzare il livello. Coinvolgere l’università. Per esempio il professor Scaglia di Sociologia. E io ho già preso contatti in questa direzione. Quanto fatto fino ad oggi è superato…. Non c’è poi nulla che riguardi Bolzano. L’assessore non è più disposto a finanziare un corsificio…". Il quale assessore, per suo conto, mette altra carne al fuoco: "Dovrebbe essere funzionale a delle esigenze concrete, oggettive… potrebbe diventare un centro specializzato in ricerca sociale… credo che possa avere spazio anche nella gestione dei fondi europei nel campo della formazione, ma che possa anche ricollocarsi nell’ambito della formazione permanente".

Sarà magari qualunquismo, il nostro, ma questi, più che progetti, ci sembrano slogan, magari strumentali. Un sospetto che si rafforza ricordando che - come scrive il cronista - "l’attuale gestione ha trovato forte accoglienza di pubblico. Su 6 miliardi di bilancio, 5 vengono da convenzioni per prestazioni svolte e solo uno da contributi pubblici".

Un sospetto che diviene quasi certezza notando come sia l’assessore Molinari che il presidente Cavagnoli, come pure il prof. Scaglia (il sociologo contattato da Cavagnoli in vista di non meglio precisati coinvolgimenti dell’università) sono tutti e tre centristi di centro, mentre l’aborrito direttore Girardi è un cristiano-sociale.

Alla domanda in tal senso che il giornalista gli rivolge, Molinari dà all’Adige una risposta sibillina: "L’Istituto ha una tradizione cattolica. Credo però che le diverse anime del mondo cattolico trentino debbano imparare a dialogare. Le altre componenti devono saper dialogare con il presidente Cavagnoli"; mentre dalle colonne dell’Alto Adige replica più a tono, naturalmente smentendo la supposizione, definita "bizzarra", per poi concludere con l’auspicio - condiviso da Dellai - "che la riflessione all’interno dell’istituto prosegua senza che i rapporti personali tra i responsabili della struttura (Cavagnoli e Girardi) pregiudichino la necessaria serenità".

Ora, è ben vero che il direttore Girardi reagisce pacatamente ("l’innovazione è benvenuta… ma se è semplice azzeramento di quanto fatto fino ad ora, non è produttiva"), ma illudersi che dopo sputacchiamenti e minacce di licenziamento si possa mantenere "la necessaria serenità", questo sì che è bizzarro!