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QT n. 10, 19 maggio 2001 Cover story

L’isola dell’Ulivo

Come e perchè il centro-sinistra è riuscito a perdere in Italia, ma a vincere in Trentino. Viaggio tra i vincitori: l’alleanza con la Svp, il riequilibrio a favore della sinistra, il crollo della coalizione (e della Margherita) dove si è voluto imporre l’affarismo. E ora?

Ha avuto ragione lei, l’Iva Zanicchi che con passione invitava: "Ma facciamolo governare quest’uomo! Proviamolo! Se poi non va bene, tra cinque anni lo cambiamo!" Neanche fosse un paio di pantaloni, il governo della nazione.

Eppure ha avuto ragione. La vittoria di Berlusconi non è stata, come vedremo, irresistibile; e si configura in questa maniera, come un tentativo, un punto di passaggio nell’incompiuto tragitto dalla prima Repubblica, iniziato nel ’92 e ancora tutt’altro che concluso. Proviamo con Silvio, e gli altri mandiamoli a casa ("Bisogna fare piazza pulita!" - mi diceva un mese fa un cameriere in una trattoria romana): perché sono i soliti, nomenklature vecchie e nuove, gli stucchevoli giochetti di partito, i Chicco Testa e i Franco Tatò con le loro amanti, i Lamberto Dini con moglie e relativa Telekom Serbia, e poi, via via, i Mastella, i Boselli, i Del Turco, il duo D’Alema-Veltroni che si scambia le poltrone, ecc.

E’ qualunquismo? Sì, certo: supportato, giustificato, amplificato dal battage dei media e degli intellettuali berlusconiani. Ma in Italia questo stato d’animo non è stato mai vincente: per decenni si sparlava della DC al bar, ma poi la si votava nella cabina.

Qui non si tratta solo di qualunquismo, ma anche di aspettative di mutamento tradite; di disorientamento in una società che cambia tumultuosamente; di sfiducia in uno Stato che tanto chiede, che forse non dà abbastanza, che di sicuro è delegittimato da tanti degli stessi che dovrebbero rappresentarlo.

E’ profondamente sbagliato descrivere gli italiani come un popolo di rissosi, ignoranti egoisti. Di fronte ad un obiettivo chiaro, condiviso, come l’ingresso d’Europa, abbiamo stretto la cinghia senza battere ciglio: mai, forse, governo fu popolare come quello di Prodi, che pose e raggiunse una meta giusta per quanto difficile. I problemi per il centro-sinistra sono nati dopo, e se li è tutti creati da solo: raggiunta l’Europa, il governo si è trovato senza obiettivi, e il ceto politico è ritornato agli antichi ludi della spartizione del potere; si è distrutto l’Ulivo, riaffermata la primazia dei partiti e dei partitini, il gioco dei transfughi, dei ribaltoni e ribaltini, la priorità delle tattiche interpartitiche sopra l’azione di governo (clamorosa la questione giustizia, barattata in un gioco di rapporti personali - e suicidi - fra D’Alema e Berlusconi).

E gli stessi governi D’Alema e Amato non hanno avuto (tranne, nel bene e nel male, la guerra in Kossovo) alcun momento caratterizzante: se non un riformismo meritorio ma minimalista. Quando ci si è cimentati con grandi riforme sociali (scuola, sanità), i ministri (Bindi, Berlinguer, De Mauro) sono stati lasciati soli e\o rimossi.

Etutto questo non è ancora bastato a Berlusconi per vincere. Le sue risicate vittorie alla Camera (+ 1,7% rispetto all’Ulivo) e al Senato (+ 3,8%) si sarebbero ribaltate nel loro contrario, se l’Ulivo avesse saputo aggregare l’Italia dei Valori (4,1% all’uninominale) o Rifondazione comunista (5%). "Tutta colpa di Bertinotti e Di Pietro, che sono dei narcisi, non hanno voluto sentire ragioni…" - dicono i maggiorenti diessini.

E’ l’eterno ritornello, per cui se si perde è colpa del destino cinico e baro. L’Ulivo avrebbe dovuto fare delle politiche per venire incontro alle istanze rappresentate dalle due formazioni, non limitarsi a trattative e schermaglie con i leader. Anche Bossi ha un ego che non scherza, eppure per venirgli incontro Berlusconi ha saputo far virare la Casa delle Libertà verso un federalismo convinto (anzi, sbracato). Siamo convinti che, magari con più coerenza, il centro-sinistra potesse fare lo stesso nei confronti dei suoi potenziali alleati. Forse ci potevano essere delle difficoltà con Rifondazione (la politica può essere una coperta troppo corta: se la si tira a sinistra, si scopre il centro; ma non è detto: per esempio un’attenzione maggiore alle istanze del popolo di Seattle poteva benissimo essere prestata). E con Di Pietro difficoltà proprio non dovevano essercene: bastava che sulla giustizia (vedi L'odore dei soldi) si attuasse il programma dell’Ulivo e non quello di Previti; che non si lasciasse languire la lotta alla mafia; che non si decretasse la fine della questione morale. A quel punto il centro-sinistra avrebbe reso un grande servizio all’Italia, spuntato le unghie a Berlusconi, e incamerato il pur bizzoso Di Pietro e\o i suoi voti.

Invece ha fatto harakiri.

Vedremo ora se saprà risollevarsi, ritornare credibile. Attualmente l’unico segnale confortante viene da Rutelli, che nell’ultima fase elettorale, e nelle prime ore del dopo-elezioni, ha dimostrato di aver acquisito statura e credibilità. Desolante invece il panorama a sinistra, fra il compiaciuto Bertinotti (finalmente una bella opposizione!) e i frastornati diessini (dediti a giochi e sgambetti interni, con Veltroni da tre mesi fuggito nel Comune di Roma, e D’Alema che fa il reduce dell’eroica battaglia di Gallipoli). Ma la sinistra all’opposizione è (o era?) abituata: da lì, se non sono intervenute mutazioni genetiche, dovrebbe sapere come combattere per risorgere.

Diverso il discorso del Trentino, con la vittoria, in gran parte inaspettata, dell’Ulivo. Inaspettata anche perché il Trentino sembrava seguire senza grilli per la testa la tendenza nazionale: rigorosamente berlusconiano nel ’94, convinto ulivista nel ’96.

In realtà, a ben vedere, anche in queste elezioni sono state seguite alcune tendenze di fondo. Forza Italia è il primo partito, e di gran lunga (25,4%); si sono dissolti i partitini (verdi e socialisti insieme, 2,2%; Ccd-Cdu 3,7%); è crollata la Lega (dal 20,8% e primo partito del ‘96, al 6,6%).

Due dinamiche invece in controtendenza: la vittoria dell’Ulivo anzitutto e poi la crescita diessina, parallela al deciso calo della Margherita: esattamente il contrario di quanto avvenuto in Italia.

Approfondiamo i due discorsi.

La vittoria dell’Ulivo ha varie motivazioni. Prima delle quali è l’alleanza con la SVP. Voluta da Dellai per riparare allo schieramento del PATT sul fronte berlusconiano, si è rivelata una carta vincente: ha assorbito i voti degli autonomisti, lasciato a casa il loro improbabile segretario Bezzi, procurato i voti decisivi in due collegi in Trentino (Val di Non e Valsugana) oltre a Bolzano e Bassa Atesina. Ma soprattutto ha segnato nuovi comportamenti. In Alto Adige il candidato SVP Peterlini ha fatto il porta a porta nei quartieri italiani, nell’associazionismo, accompagnato e presentato dagli esponenti ulivisti italiani; e analogamente il candidato dell’Ulivo Bressa, portato per mano dalla SVP nei quartieri tedeschi. Risultato: gli elettori, italiani e tedeschi, hanno festeggiato nelle piazze e nei circoli questo superamento delle barriere, e lo hanno confermato nelle urne.

Ma anche in Trentino, i vari Magnago, Durnwalder, Brugger, sono venuti a fare - addirittura a chiudere - la campagna elettorale: il Los von Trient è ormai alle spalle, lo ha esplicitamente dichiarato lo stesso Magnago.

Questo apre prospettive nuove in Alto Adige (su questo non concordiamo con la posizione - che ci sembra ancorata a un rifiuto troppo schematico - del pur generoso Movimento Obiettori Etnici, e anche della maggioranza degli interventi del nostro Forum on line).

Ma anche per il Trentino: non nel senso di ritenere vincolata la SVP all’Ulivo (da cui anzi, con una certa dose di disinvoltura, il partito tedesco, non appena aperte le urne, ha subito preso le distanze); ma di aver aperto la strada per una rinnovata edizione della Regione, di cui anche il Sudtirolo sente l’esigenza. Certo, non tutto è oro quello che luccica: Durnwalder nel comizio di Rovereto, franco come sempre, ha motivato la necessità sudtirolese dell’alleanza con il Trentino con la forza contrattuale a Roma, per i soldi dell’Autonomia; cioè per poter continuare con l’attuale sviluppo assistito. Insomma, è sul piatto il problema del modello di sviluppo: quello clientelare-assistenziale caro ai dorotei, quello tumultuoso del Nord-Est, quello alpino?

Alla vittoria ulivista ha poi concorso un insieme di motivazioni differenti, con idealità e interessi assai variegati.

I mondi del volontariato cattolico e dell’associazionismo culturale della sinistra si sono trovati a lavorare per lo stesso obiettivo perseguito da chi, particolarmente nelle valli, ha usato gli strumenti tradizionali del potere, secondo consuetudini e metodi consolidati da decenni.

Così c’è stata l’assemblea dei cooperatori, quella del mondo del volontariato, quella dell’associazionismo che si occupa della disabilità. Nessuna ha dato indicazioni di voto, ma l’aria che tirava era molto chiara: l’individualismo edonista, lo Stato (sociale) leggero, non erano di casa. Così la presentazione del libro di Marco Travaglio, organizzata per canalizzare un voto, sia pur molto critico, verso l’Ulivo.

Alle inziative di questi mondi si è poi sovrapposto e intersecato l’antico moderatismo dei trentini, per il quale Berlusconi rappresenta l’inaffidabilità, l’avventura; giudizio rafforzato da varie improvvide sparate dei candidati del centro-destra, e da alcune disastrose piazzate di gruppetti fascistoidi (Alleanza Nazionale non cresce mai?).

La seconda caratterizzazione del voto trentino è venuta dalla dinamica di Margherita e DS. Come mostra il grafico, la Margherita ha perso di brutto, in voti e percentuali, rispetto alle trionfali regionali del ’98.

Allora c’era l’effetto Dellai? Si, ma non solo. Nel ’99, al Comune di Trento, la Margherita pur senza Dellai raggiunse il 32%; oggi, sempre a Trento, si è quasi dimezzata: 18%.

I DS invece, che a livello nazionale sono stati batostati, qui hanno continuato la loro crescita, evidenziata dal grafico. Dati confermati dal risultato di Trento, dove hanno ripetuto la percentuale del ’99 (17%), quando peraltro erano trainati da Alberto Pacher, il sindaco eletto con percentuali bulgare.

Questi dati circolano nel centro-sinistra: dove si parla di un riequilibrio (di peso politico, se non di posti in Giunta) tra sinistra e dellaiani.

Che poi la frana della Margherita non sia tutta da attribuire alla pur grave e greve polemica scatenata dallo stesso Dellai contro il suo candidato Mattarella, lo indicano altri dati. In Fiemme, Fassa (vedi riquadro), Primiero, a Pinzolo, vale a dire nelle località dove si sono calpestati regole e buon senso per dare il via libera a impianti dirompenti e foraggiati (rispettivamente Cermis con il parcheggio nell’alveo dell’Avisio, Val Jumela, col Bricon con l’impianto nella zona a riserva integrale del parco di San Martino, collegamento Pinzolo-Campiglio) ha vinto la Casa delle Libertà. A riprova di un fatto: se il centro-sinistra sbertuccia i propri valori e programmi, e attua realizzazioni ispirandosi ai principi del centro-destra, perché poi gli elettori non dovrebbero premiare la versione doc, cioè quelli che fanno le stesse cose, ma senza lungaggini, senza rinvii, senza mal di pancia?

Tutto questo a cosa porterà? Dellai esce indenne da una prova difficilissima; ne esce anche rafforzato? E cosa succederà quando si riproporranno tutti gli argomenti nascosti sotto il tappeto durante il periodo elettorale (PiRuBi, aeroporto, terza corsia per inziare)?

Il segretario dei DS Mauro Bondi inopinatamente si chiama fuori: "In questo momento la cosa più importante è distinguere i ruoli: la prima parte della mia segreteria è stata dedicata - con risultati non pienamente soddisfacenti - a mettere ordine nel programma della coalizione, prima di tutto per cercare di rispettare le compatibilità ambientali; ora invece mi dedicherò a fare il segretario, in particolare a rivolgere attenzione verso quelle parti politiche (penso ai socialisti) di cui è ragionevole prevedere una nuova collocazione, alla luce dei risultati elettorali."

Il discorso dell’attenzione ai partitini disgregati è ovvio e può incontrare terreno fertile ("Vedremo. Certo che qualcosa dobbiamo fare" - ci conferma il consigliere Mauro Leveghi, di uno SDI ridotto all’1%). Ma in via Suffragio c’è subito chi disapprova il chiamarsi fuori di Bondi: "E’ lo stesso discorso che contestò al precedente segretario Albergoni: pensare di aggregare la sinistra a prescindere dai contenuti. Sulla priorità di quello che si fa quando si è al governo, Bondi ha vinto l’ultimo congresso. E adesso invece…"

In consiglio provinciale la capogruppo diessina Wanda Chiodi parte da un altro punto di vista: "Questa campagna elettorale ci ha insegnato varie cose: anzitutto ad avere un rapporto con il territorio, da cui è emersa l’esigenza di esprimersi e di essere ascoltati. E poi la richiesta di unità, di evitare le contrapposizioni."

Ottime parole. Ma se poi Dellai, così come vi ha imposto la Jumela (prendere o andare a casa), pretenderà di imporvi la PiRuBi?

"Bisognerà allargare la discussione, non limitarla alla giunta, ma alla maggioranza, alle forze politiche. La questione è rivedere il metodo con cui si arriva alle decisioni. Ma soprattutto credo che dopo quest’esperienza noi dovremmo partire da una visione positiva dei nostri rapporti" - conclude la Chiodi, con tutta la buona volontà di chi, dopo una prima separazione, vuole riannodare un rapporto su basi nuove.

Più esplicite invece le dichiarazioni di Margherita Cogo, presidente della Giunta Regionale, reduce dal successo personale come candidata diessina al proporzionale, dove pur mancando il seggio di Montecitorio ha ottenuto un livello inaspettato di consensi: "I risultati debbono far riflettere sulla giunta, sui contenuti, non sugli assetti (cioè non si mettono in discussione le seggiole, n.d.r.) - ha dichiarato - Penso prima di tutto alle politiche ambientali e ad una certa etica della politica, come il caso Malossini (eletto nel consiglio di amministrazione della Palacongressi n.d.r.)."

Sentiamo l’opinione dell’uomo nuovo del centro-sinistra, Giovanni Kessler, vincitore nel collegio di Trento: "Il centro-sinistra trentino non deve chiudersi nell’appagamento della vittoria locale. Deve imparare quanto successo a livello nazionale: lavorare su contenuti condivisi e presentarsi unito."

I punti posti dalla Cogo: questione ambientale e morale?

"Non ci sono dubbi, sono delle priorità. Sulla questione morale in particolare mi ero già espresso in campagna elettorale, proprio sul caso Malossini. Se non si agisce su questi temi, si perdono (o non si recuperano) fasce consistenti di elettori, da chi ha votato Di Pietro a chi sostiene Costruire Comunità; e non è solo questione di elezioni, ma di senso dell’attività di governo."

Chi governa è la Giunta Provinciale…

"Certo. Ma gli indirizzi politici li devono dare i soggetti politici; che però oggi, a iniziare da Margherita e DS, sono deboli. Ecco quindi la necessità di rifondare l’Ulivo trentino: lavorare insieme, tralasciando divisioni artificiose, per creare un soggetto politico che raccolga le sensibilità che oggi confluiscono sì nelle attuali strutture, ma anche in altre: Italia dei Valori, Costruire Comunità... Guai se DS e Margherita si fermano a contemplare il relativo successo, e deludono l’attesa, che si è visto esserci anche a livello di base, di una rinascita dell’Ulivo che vada oltre i giorni del voto."