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QT n. 4, 23 febbraio 2002 Cover story

Quelli che... Trento è una metropoli

Un parco stralciato, milioni di metri cubi di cemento, un progetto di interramento sempre troppo vago eppur condizionante. Come la maggioranza al Comune di Trento ha ritrovato coesione: abbracciando il partito del mattone.

E’ stato Alessandro Pietracci, vecchia volpe della politica trentina, sopravvissuto anche a Tangentopoli pur essendo stato beccato con una mazzetta dell’Autobrennero, a chiarire i termini del problema, nell’aula del consiglio comunale di Trento. Dichiarandosi "sostenitore rigido" dell’attuale Variante al Prg, ammetteva: "E’ vero, dieci anni fa, allo Scalo Filzi, con una di quelle mosse di generosità a poco prezzo(sottolineatura nostra, n.d.r.) si scelse di farne un parco. Ma oggi…". Ma oggi la situazione è cambiata perché bla bla bla, continua Pietracci; ma oggi siamo arrivati alle scelte vere, quelle che spostano soldi, e allora il parco ve lo sognate - traduciamo noi.

Il sindaco di Trento, Alberto Pacher (Ds).

La questione del parco allo Scalo Filzi ci sembra emblematica di un modo di governare la città. Quando le scelte sono lontane, si fanno le "mosse di generosità" che non costano niente; quando si arriva al dunque, si cancella tutto, e in cambio si compie una nuova "mossa di generosità" da un’altra parte, dove le scelte, non ancora mature, sono al momento gratis.

Così il parco allo Scalo Filzi era stato previsto come rimedio all’edificazione convulsa di Trento nord; adesso invece lì si costruisce, e si progetta il Parco Fluviale alle caserme; quando poi le aree delle caserme saranno disponibili…

Lo stralcio del parco in favore di nuove costruzioni viene sorretto da due motivazioni: la prima è che, per pagare l’interramento della ferrovia, occorre creare convenienza economica; la seconda è che "un parco delimitato da due viali (via Brennero e il boulevard) senza abitazioni, non è certo un’idea brillante - come ha affermato il presidente della Commissione Urbanistica Stefano Albergoni (DS) - Per riqualificare quella porzione di città occorre la continuità del costruito."

Questa motivazione della "continuità urbana", a più voci ribadita, ci sembra una sciocchezza. Piazza Dante (circondata da viali senza residenza) e Piazza Venezia interrompono forse la "continuità urbana"? O gli Champs Elysés a Parigi e Central Park a New York, che interrompono il costruito del relativo boulevard e della quinta strada, sono forse da cementificare?

"Perché, un parco forse non è qualità urbana? - polemizza Aldo Pompermaier, consigliere dei Verdi - Io non capisco con che coraggio un’amministrazione che si vuole di centro-sinistra decida di cancellare un parco già programmato."

"In generale, gli spazi verdi e aperti, le passeggiate, le piazze sono un elemento chiave della riqualificazione urbana - risponde l’arch. Renato Bocchi, uno dei tre consulenti del Prg, poi messi alla porta, prima affiancati e poi sostituiti dall’arch. Busquets - Anche nell’esperienza di Barcellona, per illustrare la quale l’arch. Busquets era stato invitato una prima volta a Trento; e nella sua relazione si era soffermato proprio sull’importanza del ‘non-costruito’.

Detto questo, la volontà di Busquets di avere una continuità fisica (e quindi continuità di utilizzo, di passeggio, ecc.) lungo via Brennero ha una sua ragion d’essere, che viene rafforzata dalla presenza del boulevard, che è un elemento di decongestione. La cosa quindi non è in sé scandalosa. Il punto è il suo insieme, il peso complessivo di tutti questi nuovi metri cubi allo Scalo Filzi, alle aree inquinate, a Centochiavi. E il pericolo è la logica del sacrificio delle aree verdi; se si estende questo principio per cui le aree a parco sono degli optional, è un disastro."

Si ritorna quindi al punto che abbiamo evidenziato il mese scorso (PRG di Trento: per una città più congestionata). I tre consulenti del Prg (Bocchi, Mioni, Zanon) avevano progettato un tipo di città; Busquets ne ha presentato un altro. Senza dire nulla, senza alcun dibattito, la giunta comunale ha silurato i "tre saggi" ed è andata avanti sulla strada proposta dall’architetto catalano.

"Noi nel nostro documento programmatico abbiamo proposto una città che si fondasse sull’equilibrio, sulla qualificazione delle periferie, la valorizzazione dei loro centri storici, una città fatta per parti diverse - precisa l’arch. Alberto Mioni - Adesso invece vedo che si va verso la città tutta centripeta, si segue il modello della metropoli pullulante di attività. E per di più senza alcuna giustificazione tecnico-scientifica: nessuno studio supporta l’idea che Trento abbia bisogno di tutti questi volumi per nuove attività, nuovo terziario, nuove residenze."

Robuste obiezioni. Che abbiamo proposto (in attesa del sindaco Alberto Pacher, che da tre mesi non riesce a trovare il tempo per parlare con noi) al presidente della Commissione Urbanistica Albergoni; che spiega: "Noi abbiamo apprezzato il lavoro dei tre consulenti. E l’insieme del Piano è quello redatto da loro, proprio con l’attenzione alle periferie da loro proposta. Poi allo Scalo Filzi abbiamo sbagliato: presentando prima un progetto con migliaia di metri cubi, per poi dimezzarli dopo un accordo con parte delle minoranze. Come se il risultato finale (che prevede un ampliamento dell’area verde del campo Coni, una piazza, dei giardini) fosse una concessione alle opposizioni, e non un’esigenza anche nostra".

"Il dato di fondo è che avevamo delle grandi opportunità: il recupero di territorio in zone centrali. E noi lo sprechiamo, allo Scalo Filzi come alla ex-Michelin, andandovi a costruire sopra ancora case. Di cui per di più non c’è alcun bisogno" - obietta Pompermaier.

Anche perché, la logica vera, quella di costruire sul verde già programmato per creare convenienze economiche, è fatale che si estenda. Il nuovo ospedale è previsto nella zona delle caserme, circondato dal Parco fluviale: scommettiamo che quando quelle aree saranno libere, verranno rese edificabili, mandando a quel paese il Parco, per ricavarne le "convenienze" che permettano la costruzione dell’ospedale (del quale peraltro continuiamo a non capire la necessità, visto che il "vecchio" Santa Chiara è stato inaugurato 30 anni fa e ora viene ristrutturato - vedi Se mille miliardi vi sembran pochi...)?

"E’ un pericolo forse possibile - risponde Albergoni - Però il Parco fluviale ha pienezza di senso urbanistico, ha un fascino percepito dalla popolazione. E’ un progetto forte, difficile da smantellare".

Il fatto è che questa Giunta, partita con certe idee, è approdata ad altre. O meglio: al suo interno c’è stata sempre una forte tensione fra la sinistra e l’ala affaristica della Margherita. Poi la svolta: si sono silurati i tre saggi (fortemente invisi al partito del mattone), si sono presentate nuove aree edificabili per milioni di metri cubi, si sono spese promesse per nuovi ampliamenti: dei sottotetti, delle aree artigianali, dell’edificazione in collina. E nella maggioranza è scoppiata la pace: il capogruppo della Margherita Giorgio Casagranda, vicino al partito del mattone, prima sempre critico verso i tre saggi e irrequieto in Giunta, è diventato un entusiasta supporter della Casa dell’Ulivo (Una bella sorpresa, la Casa dell'Ulivo); e per converso l’assessore all’Urbanistica Alessandro Andreatta, dell’ala utopistica della Margherita, che veniva deriso e sbeffeggiato dai suoi compagni di partito ("è un professorino, non capisce niente, lì di certo non ci rimane a lungo") è ora apprezzato e portato ad esempio.

Insomma, la Giunta Pacher è normalizzata: ha imparato a soddisfare le esigenze dei poteri forti, e da questi è ora rispettata. Al suo interno l’ala sinistra (Solidarietà e Rete) ha forti perplessità ("Nei documenti preparatori si proclamava ‘finita la fase espansiva della città’; e ora vedo nuove aree edificabili e milioni di nuovi metri cubi, come mai?" - si è chiesto nel suo intervento in aula Luigi Calzà), ma alla prova dei fatti si limiterà a qualche astensione. I danni si fermeranno alla perdita del consigliere verde Pompermaier.

All’esterno l’opposizione più robusta è Forza Italia. E il partito di Berlusconi (che, come è noto, a Milano i primi miliardi li ha fatti con i Prg delle giunte craxiane) tutto vuole tranne che scontentare il partito degli affari: e quindi si è subito ammansita dopo una riduzione di volumetria delle costruzioni allo Scalo Filzi.

E i poteri forti hanno annusato il vento. Hanno subito visto la possibilità di bissare il colpo dell’area Michelin. L’amministratore delegato di Unicredito, Alessandro Profumo, ha lestamente proposto Caritro come partner finanziario per i costi dell’interramento. Naturalmente "per il bene della città". E’ facile prevedere come, quando si arriverà al dunque, scatterà lo stesso meccanismo visto con Iniziative Urbane (la società privata cui colpevolmente il Comune ha "passato" l’area Michelin, vedi Trento: l'ingombrante lascito di Dellai; e il cui presidente, Mario Fedrizzi, è pure presidente di Caritro): si passerà dal mieloso "bene della città" al più logico "siamo dei privati, dobbiamo guadagnarci" e giù contenziosi su metri cubi, destinazioni, tempi.

Hanno ragione, ma per favore, non si presentino come benefattori. E l’ente pubblico non finga di crederci.

Il discorso dell’interramento della ferrovia è in effetti centrale, ora più che mai. "Avevamo predisposto un bel meccanismo - ci dice il prof. Mioni - Un piano strategico che doveva contenere le grandi opzioni, quelle come interramento, ospedale, carcere, che verranno realizzate nel corso di decenni; il Prg per quello che è maturo, fattibile; la Variante per pochissimi interventi urgenti. Ora invece si mette in Variante l’interramento; ma questo significa rendere determinante, vincolante, tutta la normativa collegata, sui terreni adiacenti: sia quella favorevole, i terreni edificabili, sia quella sfavorevole, i vincoli".

"Le costruzioni allo Scalo Filzi - aggiunge Bocchi - senza interramento e quindi senza boulevard, porterebbero una congestione inaccettabile."

E in effetti c’è chi teme che tutta la partita possa poi ridursi a un giochetto in cui la città risulta gabbata due volte: senza interramento, e con le migliaia di metri cubi.

"Perché vanno considerati anche altri aspetti - asserisce Tullio Buffa, consigliere di An - La ferrovia interrata sarà una diga sottoterra profonda 12 metri e lunga tre chilometri, che interromperà il deflusso naturale delle rogge e acque sotterranee verso il fiume. Quando piove, dove andranno le acque?"

"Anche perché - incalza Luigi Calzà di Solidarietà - il deflusso naturale porterebbe nella zona golenale presso l’attuale Dorigoni. Dove, con scarsa sensibilità verso il territorio, questa variante prevede una serie di costruzioni e impermeabilizzazioni. A tutto si può rimediare: ma quanto costerà? E ci siamo chiesti quanto siamo disposti a pagare l’interramento? Anche duemila miliardi? Anche diecimila?"

Forse, non era meglio avere tutte le carte in mano prima di decidere?

"Possiamo tranquillizzare chi paventa che si finirà con la normativa dell’interramento, ma senza l’interramento - risponde Albergoni - Il progetto lo faremo. E i costi, dalle prime verifiche che abbiamo in mano, sono abbordabili".