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QT n. 11, 31 maggio 2003 Monitor

“Confessioni di una mente pericolosa”

Recensito il film di George Clooney, qui regista, oltre che attore. Un lavoro sulla trash -Tv americana inquietante, soprattutto nell'Italia di oggi, ahinoi soggetta, anche politicamente, proprio alla trash-Tv.

L a cattiva televisione uccide. E’ dimostrato. "Confessioni di una mente pericolosa", il primo film di George Clooney regista, racconta la storia di un produttore televisivo, Chuck Barris. E’ l’inventore di programmi come "Il gioco delle coppie" o "La corrida". Ci verrebbe da dire programmi-spazzatura, se non fosse che il trash dei palinsesti di oggi scoraggia ogni confronto. Insomma, quella cattiva televisione degli anni Settanta americani (Ottanta da noi) è stata ampiamente superata da un peggio che, nel suo cadere a precipizio, non ha ancora trovato un fondo.

George Clooney.

Se la storia delle invenzioni catodiche di Chuck Barris è già di per sé interessante, a rendere la trama assolutamente surreale è il fatto che questo produttore televisivo - nell’"autobiografia non autorizzata" da cui il film è tratto - sostiene di essere stato un agente della CIA. Non un semplice informatore, proprio un killer, opportunamente addestrato a tirare alle sagome di Breznev, Mao e Fidel Castro. Il suo lavoro sotto la luce degli spot televisivi fungeva da insospettabile copertura alle azioni notturne di eliminazione dei cattivi, oggi come allora gli "anti-americani".

Se tutta questa faccenda sia l’ennesimo parto fantasioso di una mente, oltre che pericolosa, assai fervida, alla fin fine ci interessa poco. Ci interessa molto il simbolo, invece. Un uomo che fa il produttore televisivo e l’agente della CIA. L’incarnazione della sinergia tra televisione e politica. La televisione alleata della CIA contro il comunismo, peraltro declinato, oggi come allora, in termini larghi e onnicomprensivi. Capitalismo, culto del denaro, consumismo, tv-spazzatura, anti-comunismo "agenti segreti gli uni degli altri", reciprocamente pronti a coprirsi le spalle e a fornirsi di mentite spoglie.

Durante il film di Clooney ci si stupisce a verificare come i vari programmi televisivi inventati da Chuck Barris trovano con esatta precisione una loro traduzione - via Fininvest - in italiano: "The dating game" è "Il gioco delle coppie", "The Newlywed Game" ci pare sia "Tra moglie e marito", "The Gong Show" è "La corrida". Più che piangere lacrime amare e inutili sul colonialismo culturale a stelle e strisce, ci viene da pensare agli scambi di calciatori fra Italia e Giappone: mandiamo lì vecchi giocatori a fine carriera - gli Schillaci, i Massaro - che vengono strapagati e adulati. Naturalmente, a noi suscitano una patetica compassione, sia i vecchi calciatori che i giapponesi, contenti così. Chissà cosa penseranno gli americani di noi, che stiamo ancora a guardare "La corrida" nel 2003, mentre per loro è un pacifico ricordo degli anni Settanta.

Chuck Barris, comunque, in quanto inventore del reality show, è un genio misconosciuto. Ha scoperto che la gente vuole andare in televisione "purchessia", anche a fare la figura dello stupido, a farsi prendere in giro, a esibire un’imbarazzante intimità. Non si può imputargli la colpa di aver scoperchiato questo vaso di Pandora. Certo, questa apertura degli spazi televisivi alle masse, invece di portare a una presumibile democratizzazione, si è trasformata subito in una corsa a chi fa peggio. Siamo ridotti come dice Woody Allen: la vita imita la cattiva televisione; che a sua volta imita la vita, simulandola nei reality show, e così via a rincorrersi. E’ una schizofrenia continua, un corto circuito tra "vero" e "più vero del vero". Si arriva davanti a qualche milione di persone a riscuotere i quindici minuti di celebrità promessi da Andy Warhol e cosa ci si ritrova a fare? A parlare la "ocolingua" di cui scrive George Orwell, quella riduzione estrema del linguaggio per la quale si riesce ad "articolare il discorso nella stessa laringe, senza chiamare in causa i centri del cervello". La conclusione di "1984" dice: "Ora, tutto era definitivamente sistemato, la lotta era finita. Egli era riuscito vincitore su sé medesimo. Amava il Grande Fratello." Non siamo già adesso alla fine del romanzo?

A questo punto, comunque, dobbiamo ammetterlo: è dall’inizio dell’articolo che non facciamo che pensare a Berlusconi (bisogna pur nominarlo…), mentre continuiamo a non dire niente su quanto vale George Clooney come regista. Il meno bello dei due è proprio diventato un’ossessione.

Da un pezzo ci chiediamo in quanta parte Berlusconi si sia costruito attraverso le TV l’ideologia che ha fatto da erbetta alla sua discesa in campo. Se lo sono chiesti in tanti. Peppino Ortoleva, ad esempio, sostiene che, in qualche modo, Berlusconi ha solo incarnato una fantasmagoria che era nell’aria. Come Chuck Barris - il produttore, l’agente CIA - ha scoperchiato il vaso.

Come Chuck Barris? Attimo di gelo. Il sospetto che viene spiegherebbe davvero tante cose. Quindi, per sicurezza: se incontriamo Berlusconi da solo di notte, non stiamo a gridargli "buffone". Pensiamo a scappare.

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