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Sceneggiate post-elettorali

“Non ho perso. Se ho perso, è colpa degli elettori. O del partito. Comunque continuerò così”.

La prima, inevitabile sceneggiata è il commento riguardante l’esito della propria lista. Si sperava che con le evidenze del maggioritario scomparissero le bugie e le interpretazioni cervellotiche. Illusione. Un Andreotti ridicolizzato si consola così: "Il risultato della coalizione di centro-sinistra è inferiore alle loro aspettative. Dellai aveva annunciato che avrebbe avuto il triplo dei miei voti: ha ottenuto solo il doppio". Il segretario leghista Bertolini, così vincente da essersi dovuto dimettere, esulta: "Il giudizio non può che essere positivo… abbiamo sconfessato gli uccelli del malaugurio che ci collocavano al 3% o al 4%"; ed anche Divina, assieme a qualche considerazione più realistica, non esita a dirsi "moderatamente soddisfatto".

Firmani (Italia dei valori) si consola definendo l’esperienza elettorale, conclusasi per lui con un miserando 1.5%, "una buona occasione per entrare in contatto con tanta gente". Il più disinvolto è però Giorgio Leonardi (Udeur, 0.6%), che valuta il proprio risultato "non buono ma ottimo" . E al cronista esterrefatto, spiega: "Guardi che non mi sono candidato per diventare presidente". Evidentemente avevamo capito male…

Più problematico un suo compagno di lista, l’emergente Carmelo Lentino (81 voti personali, più o meno uno per ogni e-mail di propaganda spedita in questi mesi): "Il risultato non è eccellente".

Gigi Olivieri , infine - e qui passiamo dalle valutazioni bizzarre ai dati di fatto stravolti - parla di "risultato ottimo: siamo riusciti a piazzare i nostri rappresentanti nei primi dieci posti" della lista Ds. Ma è lo stesso giornalista a rilevare che i rappresentanti della corrente riformista si sono piazzati semmai entro i primi 13, e nessuno di loro, comunque, è stato eletto.

Quando poi il candidato è così depresso da non riuscir nemmeno a dire le bugie, si passa alla seconda sceneggiata, quella del destino ingrato: io ero bravo, meritavo un mare di preferenze, è colpa degli elettori che non mi hanno capito. "Si vede che i pensionati non ci hanno capito" - dice appunto il leader del partito dei pensionati.

[/a]"Quello dei trentini è stato un voto ideologico, senza aperture alle alternative oneste" - spiega Gasperotti ("Su la testa"). Ma il più stupefacente è Luigi Merler, grande oppositore dell’inceneritore di Dellai, e passato per questo, poco prima del voto, dalla Margherita a Forza Italia: "Evidentemente ai trentini l’inceneritore di Dellai va bene. Non posso che prenderne atto. Certo che adesso non mi metterò più a combattere quella battaglia" . Della serie "Sono l’ombelico del mondo".

Più spesso, però, la colpa della mancata elezione ricade sul partito, e qui la lista sarebbe lunga: basti come esempio l’interpretazione del vicesindaco di Pergine Marco Osler: "Il mio nome non è stato supportato come convenuto". Il ruolo dell’elettore, evidentemente è molto marginale: il voto dipende dalle indicazioni dei partiti, dalla quantità di santini diffusi, dalla inclusione nelle varie cordate. Il che può essere parzialmente vero, ma una tale cinica accettazione di una evidente distorsione della democrazia, fa un po’ schifo.

Del tutto particolare, infine, il caso del trombato Maurizio Perego, che a quanto leggiamo sull’Adige "minaccia di andarsene dal partito sbattendo la porta" perché non è stato eletto e perché il nuovo gruppo consiliare di Forza Italia comprenderà solo ex democristiani e un ex leghista, e nessuno del gruppo fondatore del partito. "Non si può decapitare un partito. Qualcuno lo ha fatto. I primi tre eletti sono di fatto degli esterni" - protesta Perego, e non si capisce con chi sia arrabbiato, se non col famoso destino cinico e baro.

Infine, alcuni leader sconfitti - quelli almeno più sensibili - si preoccupano di dare ai propri elettori, scontenti per aver disperso il voto, il dubbio contentino di una promessa: la loro non era un’avventura elettorale senza seguito puramente indirizzata alla conquista di un seggio in Consiglio, ma un progetto ben meditato, che dunque procederà nonostante la sconfitta: "Continueremo a lavorare per i diritti dei cittadini" - promette Gasperotti. "Intendo continuare a far politica" - garantisce Taverna. "Continueremo a lavorare come prima" - assicura il leader dei pensionati.

E in questo caso crediamo che la sceneggiata possa avere un fondo di sincerità; peccato che questa coerenza finirà per tradursi, alla prossima elezione, in una ulteriore dispersione di voti. A questo proposito, uno di cui assolutamente non dubitiamo è Nicola Zoller, che incurante di tutto ribadisce eroicamente: "Io non mi chino e non mi inchino a nessuno: sono nato socialista e morirò socialista".

Tutti questi atteggiamenti censurabili- si dirà - non sono certo una novità. Appunto. Ma l’Italia non è l’Irak: siamo in democrazia da quasi sessant’anni, ormai abbiamo una qualche pratica di certi meccanismi; eppure la considerazione di certi politici nei confronti dell’elettore è sempre la stessa, non proprio lusinghiera...