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A proposito di Usi Civici

Fabio Giacomoni

Vorremmo affrontare il tema delicato e complesso degli Usi Civici e delle Amministrazioni Separate (frazionali) degli Usi Civici (ASUC), cercando di lasciar da parte nostalgie e passioni.

Nel Trentino la superficie gravata da Usi Civici è pari a circa il 54% del territorio provinciale (essenzialmente boschi e prati pascoli) pari a 336.000 ha; di questi circa 75.000 sono oggi amministrati da 99 ASUC presenti in 42 comuni, mentre la parte restante più consistente rimane in gestione fiduciaria ai consigli comunali.

Lo Statuto regionale del ’48 ha affidato alle Province competenza primaria in materia di Usi Civici. Nel ’52 è stata emanata la legge provinciale n.1 "Amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico"; nel ’72 un progetto di legge Kessler-Pancheri sullo stesso argomento non è poi stato trasformato in legge; in seguito altri progetti di legge vennero presentati, finché il 13 marzo 2002 dopo un accordo unanime in commissione è stato approvata la legge n. 5 "Disciplina dell’amministrazione dei beni di uso civico" presentata dall’assessore Grisenti e derivante dall’unificazione con un progetto di legge Andreotti.

La legge del 2002 ha avuto la consulenza dell’esperto prof. Pietro Nervi e ha trovato, oltre al consenso della maggioranza, anche la benevola astensione della Lega e di Forza Italia. In sede di discussione in Consiglio, tutti gli intervenuti hanno messo in evidenza come la legge debba rendere la disciplina dell’uso civico più aderente alle mutate esigenze odierne, dato che i diritti che gravano sui beni di usi civico oggi non riguardano tanto il legnatico, il pascolo, lo sfalcio del fieno, lo stramatico, ma hanno un significato ben più ampio: di carattere ecologico, sociale, culturale ed economico, come la difesa dell’ambiente, la tutela della montagna, la salvaguardia del territorio, oltre a presentare nuovi consistenti interessi in campi come i parchi, le piste da sci e gli impianti di risalita, i campi da golf, gli eliporti, l’agriturismo, i biotopi, ecc.

Tutti hanno sottolineato come la presenza delle amministrazioni separate frazionali ASUC crei un fecondo legame della gente con il territorio, come si rafforzi significativamente il senso di appartenenza e di autodisciplina di chi vive in montagna, come si rinsaldi il legame della gente con la propria terra e si crei una simbiosi col territorio, valorizzando le autonomie locali e il principio di sussidiarietà. Per cui tutti sono stati concordi nella proposta di "tutelare e valorizzare i beni di uso civico quali elementi fondamentali per la vita e per lo sviluppo delle popolazioni rurali e quali strumenti primari per la salvaguardia ambientale e culturale del patrimonio e del paesaggio agro-silvo-pastorale trentino " (art. 1della legge 2002).

Nessun rappresentante della sinistra è intervenuto nella discussione.

In sintesi i punti più qualificanti della nuova legge del 2002:

-supera l’antico sistema di votazione previsto per capifamiglia, introducendo il suffragio universale;

- contempla una certa autonomia statutaria;

- prevede che l’estinzione del vincolo di uso civico avvenga su proposta e previo assenso delle ASUC;

- permette che l’esproprio per la realizzazione di un’opera pubblica possa attuarsi solo se il promotore è un ente pubblico e l’espropriazione serve a realizzare opere di pubblica utilità finalizzate ad assicurare l’erogazione di servizi pubblici essenziali, escludendo le piste, gli impianti da sci, ecc. per i quali è prevista la giusta (?) remunerazione per l’estinzione del vincolo, anche se vengono fissati per questo dei prezzi massimi e minimi.

Ben presto però è nata una forte opposizione alla legge da parte di diverse ASUC, che ha portato nel marzo 2003 ad un cambiamento radicale nella dirigenza della Associazione provinciale delle ASUC, e ad un giudizio molto negativo della legge (una legge "disastrosa da abrogare"), dal momento che metterebbe in discussione la sopravvivenza delle ASUC stesse. La nuova dirigenza della Associazione, oltre alle dure critiche fa anche delle proposte:

- al primo posto pone la questione della proprietà delle terre di uso civico, che a tutti gli effetti devono appartenere alle ASUC, per cui queste devono poter decidere da sole sui propri terreni: in sostanza, "qui comandiamo noi";

- nessuna ingerenza dei Comuni e della PAT: la vera autonomia è libertà;

- voto ai capifamiglia, niente suffragio universale, nostalgia per l’ancien régime;

- no alla calmierazione dei prezzi.

Se si accettassero le proposte della presidente dell’Associazione ASUC oggi avremmo:

1. 99 comitati frazionali ASUC (le frazioni un tempo erano dei piccoli comuni) formati da 3 o 5 capifamiglia, quasi tutti maschi anziani, eletti dalle assemblee di capifamiglia, spesso ristrette a pochi gruppi parentali; questi comitati ristretti di montagna dovrebbero decidere da soli della sorte dei propri beni (che sono parte consistente del territorio provinciale), in piena autonomia e indipendenza dal Comune e dalla PAT.

Non c’è il pericolo, che questi piccoli comitati parentali formati da maschi anziani delle frazioni di montagna dei nostri già troppo piccoli comuni, rimangano attaccati ad interessi locali, di campanile, di frazione di campanile, con scarsa capacità e coscienza di affrontare dei problemi più generali, più vasti ? Che permanga qui una mentalità conservatrice e di chiusura più rivolta al passato che al futuro, con buona pace della partecipazione e della sussidiarietà ? Che il richiamo alle tradizioni, parte importante dell’identità, non diventi nostalgia per i bei tempi andati? Che l’ancestrale mentalità rurale di attaccamento alla terra e alla proprietà, in passato garanzia di sopravvivenza, possa bloccare molte iniziative di più ampio respiro e riguardanti magari dimensioni di valle o provinciali?

2. Se siamo veramente convinti che "i beni di uso civico sono elementi fondamentali per la vita e per lo sviluppo delle popolazioni rurali e sono strumenti primari per la salvaguardia ambientale e culturale del patrimonio e del paesaggio agro-silvo-pastorale trentino" (art. 1 legge 2002) perché non cerchiamo di creare dei comitati frazionali (ASUC) anche nei territori amplissimi di uso civico in affidamento ai consigli comunali?

3. L’accusa principale alla legge Grisenti-Andreotti è che consentirebbe ai Comuni di fare il bello e cattivo tempo con gli Usi Civici; che toglierebbe le terre di uso civico alle ASUC per darle in mano direttamente ai Comuni, i quali a loro volta non sarebbero in grado di opporsi ai potenti gruppi di pressione fatti da immobiliaristi e da funiviari, che potrebbero prevalere sui sindaci. Fino ad oggi non ho sentito nessuna presa di posizione e difesa da parte dei Comuni. Quindi è vero che è in atto un tentativo da parte dei Comuni di togliere le terre alle ASUC e che sui sindaci possono prevalere gli aggressivi gruppi di pressione?

4. L’avv. Bruno Kessler, da tutti considerato un modernizzatore e un padre nobile dell’autonomismo trentino, assieme all’allora assessore Enrico Pancheri, ha presentato nel ’72 un progetto di legge ("Amministrazione dei beni comunali e frazionali di uso civico") nel quale le ASUC dovevano ridursi ad organo consultivo e di proposta, mentre i beni di uso civico dovevano essere amministrati dai Comuni, in modo da disciplinare e semplificare l’amministrazione, evitare duplicazioni di centri decisionali e armonizzare il Comune con le frazioni.

5. Il tema complesso e delicato degli Usi Civici dovrebbe far parte - io credo - del più ampio discorso riguardante la ‘riforma istituzionale’ (solo il cons. Valduga si è richiamato a questo in Consiglio).

Il preoccupante accentramento provinciale, da tutti biasimato, ma anche l’eccessiva polverizzazione dei Comuni trentini, che li pone in una condizione di non essere spesso all’altezza dei compiti che si prospettano, comporta la necessità di individuare ambiti e ruoli nuovi, una nuova riorganizzazione istituzionale: gli usi civici non dovrebbero essere estranei a queste problematiche, ma dovrebbero essere un tassello sia pur marginale all’interno delle riforme per il Trentino futuro.

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