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QT n. 18, 29 ottobre 2005 Cover story

Scuola trentina uguale scuola parrocchiale?

Ancora sulla legge Salvaterra: il bambino (il riordino della formazione professionale) e l’acqua sporca (la subordinazione della scuola alle comunità locali, la perdita di centralità della scuola pubblica) in due interviste parallele a Vincenzo Bonmassar (Uil) e Margherita Cogo (Ds, vicepresidente della Giunta provinciale).

Ha suscitato interesse e discussione il servizio di Lucia Coppola "La scuola trentina di Salvaterra ritorna al modello Moratti" sull’ultimo numero di QT. Riteniamo quindi utile proseguire il discorso, dando la parola a due protagonisti del dibattito sulla scuola che ci avevano avanzato perplessità sull’impostazione di Coppola: Vincenzo Bonmassar, sindacalista della Uil-scuola (e tenace sostenitore dei valori della laicità) e Margherita Cogo, vice-presidente della Giunta provinciale, che forse più di ogni altro, all’interno della sinistra al governo, si è spesa perché la scuola trentina fosse il meno possibile "morattiana". Nell’articolo successivo, quindi, Fabrizio Rasera ci illustra le problematiche aperte dalla concorrenza (ineguale) tra scuole pubbliche e private come esito dell’attuazione della nuova legge.

Il punto che Bonmassar intende chiarire è l’adesione o meno alla legge Moratti: "L’istruzione è nazionale: tipologia di scuole, obiettivi, discipline fondamentali, accesso e requisiti del personale, certificazione dei titoli, monte ore annuale, sono tutte cose che devono fare riferimento al sistema nazionale dell’istruzione, che tale rimane anche dopo l’approvazione della devolution. La battaglia della sinistra radicale per una differenziazione trentina in chiave anti-Moratti, postula - magari inconsapevolmente - il federalismo dell’istruzione. Che invece, per fortuna, non c’è".

Il punto su cui si discute è: se la riforma Moratti non partirà nel resto d’Italia, perché deve partire da noi?

"La riforma Moratti partirà in Italia - se partirà - nel settembre del 2007. E così in Trentino. Il punto è un altro: da noi c’è stato il demenziale protocollo PAT-MIUR (Ministero dell’istruzione n.d.r.) del giugno 2002, che intendeva anticipare la riforma, e che è stato purtroppo approvato in alcune scuole superiori del Trentino, sotto la pressione e il ricatto dell’amministrazione provinciale, che faceva temere la perdita dei posti di lavoro".

Con quali contenuti?

"Il problema è soprattutto organizzativo. Queste scuole, modificatesi in base a una riforma che non c’era, ora, di fronte alla riforma che c’è, si trovano di fronte a una situazione di confusa legittimità. Tanto è vero che le altre regioni d’Italia, di fronte all’invito della Moratti ad approvare analoghi protocolli, si sono rifiutate tutte, quelle di destra come di sinistra. L’unica, fiore all’occhiello del Ministro, è stata la Pat".

E il disegno di legge Salvaterra, come interviene?

"Salvaterra, entrato all’assessorato nel 2003, invece di anticipare la riforma, la segue: e, per quanto detto prima, non può fare altrimenti, perché la Provincia ha competenze concorrenti, e deve quindi seguire l’ordinamento nazionale. Invece i problemi dello sciagurato protocollo PAT-MIUR, rimangono, e si sono trasferiti a livello delle scuole che vi avevano aderito. Quando (e se) la riforma Moratti sarà operativa, in termini nel frattempo mutati, queste scuole dovranno riorganizzarsi ancora da capo.
E non è cosa di poco conto, bensì una situazione di disorientamento, a iniziare dalle famiglie e dagli studenti: ad esempio, ci si iscrive a Ragioneria, e ci si trova a fare un Liceo linguistico".

Sull’impossibilità di discostarsi dal solco della legge Moratti, concorda anche Margherita Cogo. Che, come Lucia Coppola, ritiene positivo il modello di scuola "a tre gambe" (licei, istituti tecnici, formazione professionale) liquidato invece da Moratti con l’eliminazione degli istituti tecnici. Ma fa presente che "Trento, avendo competenze concorrenti, deve adeguarsi ai principi stabiliti a Roma, altrimenti i titoli di studio rilasciati in Trentino non hanno valore su tutto il territorio nazionale. E d’altra parte bisogna dare indicazioni certe ai genitori che iscrivono i figli già in gennaio 2006 alle superiori. Quindi, anche perché sappiamo che alla società servono quadri tecnici, ci si è mossi in due direzioni: da una parte utilizzando la potestà della Provincia di ritoccare i programmi per il 30%, in modo da istituire un indirizzo di liceo con la preponderanza di materie tecniche (una cosa che cerca di avvicinarsi all’attuale ITI); dall’altra prevedendo dei meccanismi che consentano un rapido ritorno agli istituti tecnici, nel caso in cui il prossimo anno ci sia un nuovo governo di centrosinistra che torni a quell’impostazione".

Sulla formazione professionale si esprime Bonmassar, che in merito dà un giudizio positivo del disegno di legge Salvaterra, "di cui sarebbe bene buttare l’acqua sporca, che c’è, ma non il bambino. E il bambino è il riordino della formazione professionale. Struttura caratteristica della formazione trentina, da sempre ritenuta positiva, ma che per tutta una serie di aspetti (ad esempio i titoli e il reclutamento degli insegnanti, gli organi collegiali, la personalità giuridica) abbisogna di un riordino. Il ddl affronta il problema e individua situazioni percorribili. E inoltre inserisce l’Alta formazione professionale, cioè, dopo il triennio, un quadriennio di completamento e ulteriore professionalizzazione, cui si potrà accedere, oltre che dal triennio professionale, anche dai licei tecnologici; con possibilità di passaggio in un senso e nell’altro".

Vincenzo Bonmassar, segretario della Uil-scuola.

Non è un’università di serie B? O forse C?

"Non tutti devono fare il liceo. Chi intraprende la formazione professionale, o perché la sceglie dall’inizio, o perché vi arriva dal liceo che non trova rispondente, deve potere nel prosieguo degli studi, se vuole, approfondire la propria formazione; e magari, dopo due anni di Alta formazione, può poter decidere di passare, sia pur attraverso corsi integrativi e un esame, all’Università. In questa pluralità e flessibilità di percorsi formativi, il ddl promette di dare risultati. Che poi bisognerà verificare nell’attuazione; ma comunque questo è un bambino da salvare."

Sull’Alta formazione è peraltro la stessa Cogo ad avvertire: "Deve essere veramente tale, altamente professionalizzante, nei fatti e non solo nelle intenzioni. E quindi deve essere rivolta a un numero limitato di studenti, e non a tutte le specializzazioni: per esempio, il cuoco che vuole diventare uno chef, l’elettricista che intende progettare impianti ad alta tecnologia, ecc; ma il cameriere o l’addetto alle pulizie non può professionalizzarsi più di tanto".

Questo è il bambino, per dirla con Bonmassar, che peraltro riconosce al ddl anche il non secondario merito di essere un testo unico, che riunisce un arcipelago di norme. Poi c’è l’acqua sporca.

"C’è un pesante intervento nell’autonomia delle scuole pubbliche - afferma il sindacalista - Il Consiglio d’Istituto diventa il consiglio dell’Istituzione Scolastica, in cui la rappresentanza viene alterata a favore delle cosiddette ‘realtà territoriali’, secondo meccanismi elettorali decisi dalla Giunta Provinciale. Tale Consiglio così formato avrà il compito di definire i regolamenti entro i quali può operare il Collegio dei Docenti."

E allora?

"E’ un meccanismo fortemente centralista, nel quale l’autonomia della scuola e dei docenti diventa formale, subordinata ai poteri politici centrali e alle comunità organizzate sul territorio. E’ un modello tipico della scuola comunitaria, che si definisce per la condivisione dei valori di una comunità, ovviamente ristretta; invece di rapportarsi con i principi generali della collettività, concetto più ampio cui fa riferimento la scuola pubblica".

Da tutto questo come esce il docente?

"Risulta compresso dalle comunità locali e dai loro valori. E’ l’associazionismo localistico, con le sue tradizioni, il dominus della scuola: la parrocchia, gli scout, l’associazione alpini, le cooperative...".

Una scuola rivolta all’indietro?

Margherita Cogo, Ds, vicepresidente della Giunta provinciale.

"Senz’altro. Si riafferma un Trentino, come ha sostenuto Dellai, fatto di consolidate tradizioni, delle quali la classe politica si fa interprete".

Margherita Cogo non accetta questa interpretazione: "Io non vedo questo pericolo di una scuola trentina egemonizzata dalle comunità. Ma comunque, se ci sono tali preoccupazioni, dico subito che possiamo dare qualche segnale operando opportuni aggiustamenti.

Nel merito: il Consiglio dell’Istituzione da una parte non può intaccare l’autonomia del Collegio Docenti, dall’altra è giusto che rappresenti la realtà locale, anche quella economica. Su questo collegamento la Moratti non ha torto, anche se poi lei prefigura una subordinazione della scuola al mondo economico, mentre noi vogliamo un aggancio."

Ma non è che Salvaterra subordini la scuola all’associazionismo locale, dalle parrocchie alle cooperative?

"La scuola dev’essere l’avanguardia culturale: quindi alla realtà, all’associazionismo locale deve essere collegata, non subordinata.
E difatti il ddl, nelle prime parole dell’art. 22 recita
‘Il consiglio dell’Istituzione, nel rispetto delle scelte didattiche definite dal collegio dei docenti’. Mi sembra che non ci siano dubbi sui limiti alla sua operatività ed invadenza. Bisogna però convenire che vi è enfatizzato il riferimento alle associazioni presenti nella comunità, mentre andrebbe specificato che si parla di realtà socio-economiche. Come pure, quando ci si riferisce alle famiglie, deve essere chiaro che si parla delle famiglie degli studenti dell’istituto, non a generiche associazioni di famiglie. In questo senso si dovrà andare a una ripulitura del progetto".

Rimane il problema dell’autonomia del Collegio Docenti: c’è poco da stare allegri quando il ddl prevede che è il Consiglio dell’Istituzione a "disciplinare le modalità di costituzione e di funzionamento nonché i compiti specifici del collegio dei docenti".

"Questa non è una formulazione accettabile: se è così – per questa precisazione, poco prima di andare in stampa, abbiamo raggiunto la Cogo in Consiglio Provinciale, e non aveva sottomano l’ultima delle tante formulazioni del ddl – se è così andrà sicuramente modificato.
Non sta né in cielo né in terra che il Collegio Docenti sia subordinato al Consiglio dell’Istituzione".

L’acqua sporca non è finita qui. Infatti il punto che forse ha suscitato più scalpore riguarda le scuole private (ossia cattoliche; quando poi ci sarà la richiesta di scuole islamiche ne vedremo delle belle, a sottolineare il fiato corto delle visioni ristrette).

"Si afferma che il sistema dell’istruzione è comprensivo del sistema paritario. E che la Provincia, nell’elaborare il piano provinciale, comprende le istituzioni scolastiche private –- afferma Bonmassar - Di qui due conseguenze: primo, la distribuzione territoriale delle private viene gestita dalla Provincia, che ovviamente le sosterrà finanziariamente. Secondo, la scuola pubblica, per decisione della Provincia, potrà retrocedere di fronte alle scuole paritarie; le quali comunque hanno nel Dna di essere scuole comunitarie, e quindi preferite dal potere provinciale, che non a caso ha inserito anche nelle scuole pubbliche, pur orientate verso l’insieme della collettività, l’esigenza di soddisfare i valori della comunità".

E’ il caso, appunto, di Rovereto, dove la Pat ha finanziato al 90% la nuova Arcivescovile, che sorgerà, come liceo linguistico, di fronte al Liceo Rosmini, in pesante concorrenza. E un indirizzo dell’assessorato – poi rinnegato, per ora – prevedeva l’esaurimento del linguistico nella scuola pubblica Rosmini, e il passaggio delle sue funzioni alla privata Arcivescovile, come scriviamo nell’articolo successivo.

"E’ un discorso culturale che pervade la legge Salvaterra – sostiene Bonmassar – Che fa continuamente riferimento al termine ‘educazione’, di uso comunitario, che compete infatti alla famiglia e prevede una trasmissione acritica dei propri valori. A differenza del termine ‘istruzione’, caratteristico della scuola pubblica, termine laico, relativista e storicista".

Tutto questo è costituzionale?

"Secondo me assolutamente no. Solo che le leggi regionali sono approvate salvo ricorso da parte del governo italiano, dove peraltro sono egemoni i teo-con alla Moratti. Occorrerà il ricorso in Tribunale di qualcuno che può lamentare la violazione di un proprio diritto".

Può farlo il sindacato?

"No".

Possono farlo i docenti di un istituto pubblico che viene chiuso o ridimensionato a favore di una scuola privata?

"Questa è un’ipotesi su cui impegnarsi".

Il disegno di legge Salvaterra richiama la Costituzione in tutti gli articoli fondamentali - afferma Margherita Cogo - Certo, il sistema scolastico trentino è costituito da scuole statali e non statali, la situazione è questa: il ddl non fa altro che lasciare le cose come stanno, parlando di sistema integrato composto di scuole statali e scuole paritarie".

Parla però di pianificazione del sistema integrato. Il che vuol dire non creare doppioni. E a Rovereto abbiamo visto il tentativo di eliminare una scuola pubblica in favore di una privata.

"Io non intendo la norma in questo senso. Gli istituti pubblici e quelli privati non dovranno essere complementari. Non voglio, e con me tutto il gruppo dei Ds, che lo studente trentino possa essere obbligato a frequentare una scuola privata perché in zona manca la proposta pubblica. Questa deve esserci, sempre e di qualità. E proprio questa presenza costituirà il presupposto per la libera scelta se accedere alla pubblica o alla privata. Questo è un punto non mediabile; anzi, non ulteriormente mediabile, perché le mediazioni già ci sono state".

Intendete modificare quella parte della legge?

"Non serve. Quel che conta è il momento in cui si programma il sistema. Il ddl riconosce il quadro dato, con la presenza delle scuole private; e se c’è la richiesta di nuovi istituti privati, verrà valutata. Ma sicuramente è impensabile che diamo risorse al privato perché integri il sistema pubblico".

Il sistema pubblico deve essere completo da solo?

"Certo. Salvo l’eccezione, storicamente consolidata, delle professionali."

Mi sembra che siate ridotti a interpretare la legge: è una posizione debole. Non sarebbe più forte imporre una legge inequivoca?

"Non esiste legge inequivoca. Quello che conta è lo spirito alla base del ddl, e soprattutto il già detto da parte delle forze politiche: che convergono sulla centralità della scuola pubblica".

Sarà. Si vede anche una fortissima spinta a favore della privata.

"Questa non è la nostra posizione. E non è nemmeno un punto su cui ci si debba confrontare. Alla scuola privata abbiamo già dato. E molto."