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QT n. 20, 25 novembre 2006 Monitor

Sir James Galway

Equilibrio, leggerezza, grazia, nel concerto del grande flautista.

Sir James si è esibito come sanno fare i grandi. Suono brillante, difficoltà tecniche e note tenute a lungo sono state alcune delle caratteristiche di un’esibizione che meritava l’attenzione che ha provocato. C’erano molte persone in attesa, anche i biglietti per gli eventuali posti disponibili erano stati presi d’assalto. La scomodità è stata ricompensata dal frizzante programma, seguito da ben sei bis. Sir James Galway, accompaganto da Philip Moll al pianoforte, ha eseguito la sonata di Poulanc, il madrigale di Gaubert e le variazioni di Schubert con brio. Dopo un intervallo cogruo siamo stati informati che invece della fantasia di Doppler, avremmo ascoltato Il pastore svizzero di Morlacchi. Quando sul palco è salita anche Lady Jeanne Galway, si è potuto apprezzare come la tecnica sopraffina di due grandi interpreti possa benficiare ulteriormente dal confronto e dallo stimolo di una collaborazione tanto stretta. L’equilibrio, la leggerezza e la grazia della performance non hanno nemmeno risentito dell’immancabile scampanio del Duomo. Sir James ha aggiunto fra i bis il brano che è diventato un po’ la sua firma musicale: la melodia tradizionale irlandese Danny Boy e, per i bambini presenti, il Volo del calabrone. Il concerto è terminato con una veloce resa del cigno di Saint-Saens. Abbiamo potuto rivolgere al “flauto d’oro” alcune domande sula sua sfolgorante carriera.

Dalla provincia dell’ Impero britannico, a Londra, Berlino, una carriera che è fonte d’ispirazione per giovani musicisti in tutto il mondo: quanto la condiziona nelle sue scelte l’ambiente in cui è nato?

“Penso sia più una questione di anima, che di luoghi. Io prego prima di ogni concerto e lo dedico a Dio, cui devo il mio talento. Mi sento privilegiato per il fatto di potermi esibire e faccio del mio meglio per comunicare questo al pubblico”.

Talento, carattere, buone scelte. Quale percentualehanno avuto questi elementi nella sua carriera?

“Penso di aver adoperato il mio talento come meglio potevo. Certo, le scelte sono state importanti, come ad esempio lasciare i Berliner per intraprendere una carriera solista. Quello è stato un momento decisivo, in cui penso di aver fatto una buona scelta...”.

Gli artisti hanno qualche specifico obbligo morale verso la società?

“Quando si hanno certi privilegi bisognerebbe aiutare le persone meno fortunate, usando la propria influenza sui media”.

La musica è ovunque in questa società ultratecnologizzata. Cosa pensa della musica classica usata come suoneria dei telefoni cellulari?

“L’unica vera musica di cui possiamo parlare è quella scritta dai compositori e che ci viene proposta da un interprete”.

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