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QT n. 20, 25 novembre 2006 Servizi

Corridoio del Brennero: le ragioni del No

Ricostruzione di un dibattito squilibrato. Seconda parte.

Nella prima parte di questo articolo, pubblicata sul numero scorso di QT (Corridoio del Brennero: le ragioni del Sì), abbiamo preso in considerazione le ragioni del “sì” e del “sì, ma” al Corridoio del Brennero. Passiamo ora in questa seconda e ultima parte a considerare le ragioni del “no”.

Le ragioni del “no” meritano un’attenzione particolare, per motivi, per così dire, di “par condicio”. Nel dibattito pubblico trentino sul tunnel del Brennero, le ragioni del “sì” (condizionato o meno) hanno infatti avuto a disposizione ben due convegni per farsi conoscere, mentre le ragioni del “no” finora sono di fatto rimaste invisibili. La discussione attorno all’argomento va dunque non solo allargata, ma anche riequilibrata.

“Questo progetto non ha nulla a che fare con la razionalità e molto con gli interessi delle imprese costruttrici e della politica”. Chi lo ha detto? Un no global? Un ambientalista radicale? No, lo ha detto niente meno che un economista, l’austriaco Sebastian Kummer, professore di Trasporti e Logistica all’Università di Vienna. Uno che se ne intende. Le ragioni del no, queste sconosciute, esistono, quindi, e non solo in Austria. Cerchiamo di scoprire quali sono con l’aiuto di un ambientalista, due politici e due professori. Dei primi due abbiamo raccolto brani di alcuni interventi scritti, gli ultimi due li abbiamo intervistati.

La differenza principale tra chi dà il proprio assenso all’opera o è disposto a darlo a certe condizioni e chi invece vi si oppone sta nella valutazione del rapporto tra costi e benefici. Per i sostenitori del tunnel, i benefici ch’esso porterà alla collettività saranno maggiori dei costi, e dunque l’opera sarà utile, per gli oppositori, viceversa, saranno i costi ad essere maggiori dei benefici, e dunque l’opera sarà non solo inutile, ma anche dannosa.

Partiamo dai costi. Non conteggiamo quelli ambientali, che pure ci saranno, e non saranno secondari. Limitiamoci qui a quelli economici. Quanto costano i 56 km del tunnel del Brennero?

“E chi lo sa con precisione?”, esclama Pierluigi Gaianigo, presidente del WWF Alto Adige.

“Le stime sui costi ballano notevolmente”, conferma Riccardo Dello Sbarba dei Verdi Alto Adige, Presidente del Consiglio Provinciale altoatesino. La cifra ufficiale, fornita dalla BBT-SE, la società europea incaricata di costruire il tunnel, parla di 4 miliardi e mezzo di euro. Teniamo per buona questa cifra, pur sapendo che c’è anche chi ha parlato di 15 miliardi, come l’esperto austriaco di infrastrutture trasportistiche Max Herry. Sempre stando alle cifre ufficiali, vanno poi aggiunti i 430 milioni del cunicolo pilota, propedeutico al tunnel di base, e i costi per la costruzione delle quattro tratte d’accesso sud, ovvero altri 4 miliardi (non conteggiamo qui i costi per gli accessi nord austriaci). Per esperienza internazionale e soprattutto italiana si sa che, per opere faraoniche come queste, i costi lievitano sempre in itinere, anche del 30-50%. Ma ipotizziamo che stavolta non accada e atteniamoci ai conteggi ufficiali. Anche in tal caso, osserva Gaianigo, “si tratta di cifre mostruose, che lo Stato italiano pesantemente indebitato non può permettersi”. Già, perché la gran parte dei costi graveranno sugli Stati nazionali, Austria e Italia. L’Unione Europea finanzierà il 50% del cunicolo pilota e il 20% del tunnel di base: il resto della spesa dovranno dividerselo i due Stati. Ci sono poi i 4 miliardi delle tratte d’accesso sud, tutti a carico del contribuente italiano.

Ma da dove usciranno tutti questi soldi? Questo è l’altro aspetto del problema-costi: non solo essi sono enormi, ma ad oggi sono quasi totalmente scoperti. “In questo momento, il tunnel del Brennero non è finanziato”, fa notare Dello Sbarba. Per quanto riguarda l’Unione Europea, osserva il Presidente del Consiglio Provinciale altoatesino, si sa solo che essa ha stanziato 7 miliardi di euro per le 30 reti transeuropee che si vorrebbero realizzare nei prossimi decenni. Di queste 30, le 18 ritenute in corso d’opera, tra cui anche il tunnel del Brennero, costeranno in tutto, secondo le stime ufficiali, 261 miliardi di euro. Questo vuol dire che i finanziamenti europei stanziati finora non coprono nemmeno il 3% del totale. Di qui la fretta della BBT-SE di iniziare i lavori quanto prima: “Chi prima arriva con progetto cantierabile, prima alloggia, cioè riceve i soldi”, spiega Gaianigo.

E l’Italia? Dove prenderà i soldi per le spese che le spettano? L’unico finanziamento messo finora a disposizione dal governo, ricorda Dello Sbarba, è pari a 65 milioni di euro: briciole. Le necessità di tirare la cinghia, evidenziate dal peso dell’ultima Finanziaria, non autorizzano a sperare in meglio. I sostenitori del progetto dicono che i soldi arriveranno dall’Autostrada del Brennero spa, che dal 1998 accantona proventi esentasse destinati a finanziare l’opera. Lo farà per tutta la durata della concessione, prorogata fino al 2014, quando saranno 550 i milioni messi da parte. Ancora pochi. Chi ci metterà il resto? “I nostri nonni e padri hanno pagato le autostrade con l’inflazione al 20% negli anni ’70, i nostri figli e nipoti pagheranno in futuro le TAV con altri sacrifici”, è la fosca previsione di Gaianigo.

Di fronte a una situazione di questo genere, il beneficio dell’opera dovrebbe essere manifestamente enorme, poiché solo di fronte ad un beneficio manifestamente enorme si può decidere di andare avanti anche se la spesa è tanta e i soldi non ci sono. Quale sia questo enorme beneficio secondo i sostenitori del Corridoio del Brennero, già lo sappiamo: spostare le merci dalla strada alla rotaia. Ma siamo così sicuri che serva il tunnel per ottenerlo?

Sottoutilizzata. La parola che ricorre di più sulle bocche dei detrattori si riferisce alla linea ferroviaria esistente. Sono le stesse Ferrovie dello Stato ad ammetterlo: oggi passano 130 treni al giorno su una linea che sarebbe capace di farne transitare 180. Sempre le Ferrovie fanno sapere un’altra cosa molto importante, ovvero che è già in atto un piano di ammodernamento (denominato “Piano d’azione Brennero”) che porterà a 244 treni al giorno la capacità della linea, con previsione di finire i lavori già l’anno prossimo. “Attenzione a questo numero: 244 treni”, ammonisce Dello Sbarba, ricordando che la capacità dichiarata nel progetto del tunnel di Base, a tunnel in esercizio, cioè nel 2015, è di 250 treni al giorno. “Dunque il ‘Piano d’azione Brennero’ fa raggiungere alla linea esistente la stessa capacità, ma molti anni prima e a costi infinitamente inferiori”.

In realtà, i sostenitori del progetto ricordano che, quando l’opera sarà completata anche nelle tratte d’accesso sud (ovvero nel 2030), la capacità sarà di 400 treni al giorno, aggiungendo che a quella data una capacità così ampia sarà quanto mai necessaria, poiché dovrà soddisfare una domanda che supererà di molto i 244 treni al giorno dell’attuale linea ammodernata. Il confronto tra sostenitori e detrattori a questo punto si sposta sul piano della valutazione della domanda di trasporti futura.

La domanda crescerà, dicono i sostenitori. Diminuirà, sostengono invece i detrattori.

“Nessuno considera l’effetto che sortiranno i tunnel svizzeri”. A parlare è l’ing. Erasmo Venosi, membro del Comitato Scientifico della Conferenza Permanente dei Sindaci del Veneto. “L’anno prossimo entrerà in funzione il tunnel del Lötschberg, nel 2011-12 sarà la volta di quello del San Gottardo, che permetterà di raggiungere Zurigo da Milano in due ore e mezza. Ben prima che sia finito il tunnel del Brennero, i due tunnel svizzeri aumenteranno del 23% la capacità complessiva dei tragitti ferroviari alpini che collegano l’Italia all’Europa. Questo lascia presupporre che buona parte del traffico merci si sposterà dal Brennero ai nuovi tragitti più veloci”. Anche perché gli svizzeri non rimarranno con le mani in mano, come ci spiega Sepp Kusstatscher, europalamentare altoatesino dei Verdi: “Gli svizzeri, consci del fatto che devono acquisire traffico per potersi pagare gli enormi investimenti effettuati, già oggi si occupano concretamente dell’organizzazione delle tratte di adduzione e hanno offerto una partecipazione finanziaria per elettrificare il tratto esistente Monaco-Memmingen-Lindau per collegare la capitale bavarese al nuovo asse. Se questo intento va in porto, e tutte le informazioni che trapelano dagli uffici competenti della Deutsche Bundesbahn e del Ministero dei Trasporti della Baviera e di Berlino sembrano confermarlo, il trasporto merci verso il Nordovest italiano avrà a disposizione una validissima alternativa all’asse del Brennero. E questo vale non solo per le spedizioni che arrivano a Milano, Genova e Livorno dalla regione di Stoccarda e dal Reno ma anche da e per l’intera Baviera”.

L’effetto dei tunnel svizzeri permetterà di ridurre la domanda fino al punto che la sola linea ferroviaria esistente e ammodernata, coi suoi 244 treni al giorno, sarà in grado di soddisfarla? Di certo, non lo permetteranno i tunnel svizzeri da soli. Altri fattori, ancora più importanti, saranno decisivi.

“Nel 2030, quando, se tutto andrà come previsto, sarà pronta la linea nuova da 400 treni al giorno, il mondo già non somiglierà più molto a quello di oggi”. Antonio Zecca, docente di Fisica all’Università di Trento, ci guida in un ragionamento fondamentale. “Nel 2030, usare il petrolio non sarà più economico da un pezzo, ed anche il gas naturale, che avrà raggiunto anch’esso il suo picco di produzione, non sarà più una fonte d’energia conveniente. Il carbone, per quanto unica fonte fossile ancora economica e disponibile in quantità, sarà già stato scartato, perché l’umanità dovrà aver già imboccato con decisione la strada della riduzione delle emissioni di anidride carbonica (che il carbone emette in quantità enormi), per contrastare l’effetto serra e scongiurare i cambiamenti climatici, di cui già oggi intravediamo la portata devastante”. Per spiegare che il tunnel del Brennero non serve, il professor Zecca parte da lontano e guarda lontano: “L’errore nelle previsioni si chiama ‘business as usual’, che significa prevedere il futuro sulla base delle tendenze del presente. Negli ultimi 50 anni l’economia è cresciuta? Ecco allora che applico il tasso di crescita degli ultimi 50 anni e così potrò prevedere un analogo futuro di crescita. Sembra incredibile, ma è questo lo schemino semplicistico e superficiale che più spesso viene applicato quando si tratta di fare previsioni economiche. Il settore dei trasporti non fa eccezione. I trasporti attraverso il Brennero sono cresciuti finora? Allora si prevede che cresceranno anche in futuro alla stessa velocità. Ma questi schemini sono destinati a fallire miseramente, poiché non tengono conto che in futuro, scomparso il fossile, l’energia disponibile sarà molta meno e molto meno a buon mercato, per cui le produzioni e i consumi, e dunque i trasporti, saranno destinati giocoforza a diminuire”.

Qualcuno, professore, obietterà che l’economia potrà continuare a crescere usando altre fonti d’energia, quelle rinnovabili…

“E si sbaglierebbe. Le rinnovabili non arriveranno mai a coprire fabbisogni energetici maggiori di quelli attuali. Questo varrà per tutti i settori, dall’industriale al civile, ma sarà particolarmente vero proprio per il settore dei trasporti. Quest’ultimo, infatti, si basa oggi pressoché completamente sulla fonte fossile più prossima ad esaurirsi, il petrolio. E, per quanto la tecnologia trasportistica possa progredire, un trasporto basato sulle rinnovabili che abbia le dimensioni odierne non è nemmeno lontanamente ipotizzabile. Bisogna quindi immaginare che nei prossimi 10-15 anni questo settore subirà una contrazione più forte degli altri. Andiamo incontro a un futuro nel quale ci si muoverà di meno. Sembra traumatico, ma non lo è, se si pensa a quanti spostamenti avvengono oggi senza necessità stringenti. Tutta questa esigenza di spostarsi si regge spesso su bisogni del tutto secondari. Gli esempi che fa Beppe Grillo a questo proposito sono molto calzanti”.

Beppe Grillo, ospite di Nimby Trentino a Gardolo lo scorso inverno, fece notare che Italia e Stati Uniti si scambiano ogni anno la stessa quantità di biscotti: “Saranno biscotti diversi, ma allora non farebbero meglio a scambiarsi le ricette?”, fu la battuta del comico. Il professor Zecca invita quindi a domandarsi: siamo sicuri di non voler bucare una montagna per far circolare merci inutili come i biscotti dell’esempio di Grillo?

E torniamo quindi ai famigerati 244 treni al giorno che garantirà la linea attuale una volta ammodernata. Basteranno quindi per le esigenze di trasporto del futuro? Il professor Zecca ne è convinto: “Basteranno sia per le merci sia per i passeggeri, considerando che anche le persone, per le stesse ragioni, dovranno riorganizzare la loro vita lavorativa in modo tale da ridurre l’esigenza di spostarsi. Le vere linee ad alta velocità diventeranno quelle informatiche, che in questo senso andranno sfruttate molto più di quanto non accade oggi”.

La soluzione indicata dal professor Zecca e dagli altri detrattori del tunnel del Brennero ha la tipica semplicità rivoluzionaria che hanno i suggerimenti più saggi: perché non aspettare di ammodernare la linea esistente, e vedere solo dopo se ci sarà ancora bisogno di bucare il Brennero? L’europarlamentare Kusstatscher estende la proposta riferendosi all’intero arco alpino: “Invece di creare qualche cantiere mastodontico che concentra tutti gli sforzi e tutti gli investimenti in pochi punti e nelle mani di pochi, la rete ferroviaria nelle Alpi ha bisogno di centinaia di cantieri, interventi di riqualificazione e di miglioramento infrastrutturale, nuove stazioni, strutture intermodali, terminali, circonvallazioni locali, barriere antirumore e nutriti investimenti nel materiale rotabile. Far funzionare la ferrovia non è solo ed esclusivamente una questione di investimenti mastodontici, ma la giusta combinazione fra know how gestionale ed interventi sulle infrastrutture. Alla base, però, ci deve essere la volontà politica di puntare su questa modalità”.

“Perché venga accettata una proposta del genere, dovrebbe cambiare completamente la visione del ruolo futuro che assegnano all’Italia molti di coloro che sostengono il tunnel del Brennero e le altre Grandi Opere”. L’ing. Venosi prova a individuare le motivazioni che stanno dietro al progetto. Non si tratta solo del mero guadagno in termini di ritorno dell’investimento su cui certo contano progettisti e costruttori. C’è qualcosa di più profondo: “Il tunnel del Brennero è un tassello importante del piano, incarnatosi nella cosiddetta Legge Obiettivo, che vuole trasformare l’Italia in una piattaforma logistica del trasporto merci europeo. Né più né meno di una sorta di gigantesco attracco. L’Italia diventerà il grande snodo di una produzione che coi grandi Corridoi transeuropei vuole diventare del tutto libera di delocalizzarsi”.

E’ quindi questo il grande ‘beneficio’ che porterà il tunnel?

“Sì, se di beneficio vogliamo parlare. Ma, ammesso che ci sarà, – conclude Venosi – certo sarà per pochi”.

A questo punto, ci fermiamo. Confidiamo di aver almeno in parte scoperto il velo che oscurava le ragioni del “no”. A dire il vero, ne abbiamo lette e ascoltate altre, di queste ragioni, più specifiche e circostanziate. Ma qui ci sembrava importante individuare quelle più generali, di fondo.

A queste ragioni i sostenitori del “sì”, incondizionato o condizionato che sia, hanno il dovere di ribattere. Il dibattito pubblico trentino non ha più bisogno di convegni a senso unico. Adesso ci vuole un confronto vero. Prima che, coi picconi e le ruspe già in movimento, il confronto diventi del tutto inutile.

Il corridoio e chi dovrebbe farlo

Il Corridoio del Brennero è il cuore del cosiddetto Asse Europeo n°1 che dovrà congiungere Berlino a Palermo. Si compone del Tunnel di Base da Fortezza a Innsbruck (57 km). Si prevede di ultimarlo entro il 2015. Propedeutico alla costruzione del Tunnel di Base è quella del Cunicolo Pilota, lungo 52 km, che si prevede di ultimare nel 2010.

Del progetto fanno parte in senso lato anche le tratte di accesso nord e sud. Le tratte di accesso sud, che si prevede di costruire su territorio italiano, sono quattro: il tunnel Fortezza-Ponte Gardena di 25 km, il tunnel di Bolzano di 13,5 km, il tunnel di Trento di 22 km e lo snodo di Verona di 10 km. Al momento, sono stati presentati solo i progetti preliminari (tranne per il tunnel di Trento, che non ha nemmeno quello).

La costruzione del Tunnel di Base e del Cunicolo Pilota è affidata alla Brenner BasisTunnel – Società Europea (Bbt – se), per metà austriaca (azionisti lo Stato e il Land Tirol) e per metà italiana (azionista la Tfb, finanziaria partecipata all’88% dalla Rete Ferroviaria Italiana e per la restante parte dalle Province di Bolzano e Trento con un 6% ciascuna).

La costruzione delle tratte di accesso sud è affidata alla Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), società al 100% posseduta dalle Ferrovie dello Stato.

I documenti

Pierluigi Gaianigo, Il tunnel del Brennero e la nuova fserrovia fino a Verona, dicembre 2005. www.ecceterra.org/doc/tunnel.brennero.verona.wwf.bolzano_29dic_05%201.pdf

Riccardo Dello Sbarba, Tunnel del Brennero: l’Europa nons ha soldi, febbraio 2006. www.grueneverdi.bz.it/it/mikrosites/riccardo-dello-sbarba/temi/ambiente/tunnel-del-brennero-leuropa-non-ha-soldi.html

Riccardo Dello Sbarba, Tunnel del Brennero: facciamo parlare i fatti, aprile 2006. www.grueneverdi.bz.it/it/mikrosites/riccardo-dellosbarba/temi/ambiente/tunnel-del-brennero-facciamo-parlare-i-fatti.html

Il Piano d’azione Brennero delle Ferrovie dello Stato. www.bmvbs.de/Anlage/original_22778/Piano-d-azione-Brennero-2005.pdf