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Gigi Emiliani

Forte senso etico, umanità piena e delicata: le caratteristiche salienti di Emiliani, nostro compagno di battaglie e di impegno civile.

La sua vita pubblica iniziò con quell’anno scolastico 1970-71 in cui fu preside della scuola media di Mori, la borgata nella quale era cresciuto. Non era uno studente sessantottino, Gigi Emiliani, a noi che lo incontrammo allora appariva come un uomo già maturo. Aveva poco più di trent’anni, ma aveva alle spalle più di dieci anni di insegnamento, era sposato, si presentava con modi che nulla avevano a che fare con lo stile degli aspiranti rivoluzionari di allora. E rivoluzionario non era nemmeno in senso ideologico: a costituire il suo bagaglio erano le lezioni della pedagogia progressista e la lettura ugualitaria della Costituzione che usciva dalle pagine di don Milani, non le suggestioni del pensiero politico.

Il dovere etico e civile di promuovere attraverso la scuola una società senza privilegi di classe fu per lui, come per molti altri, la spinta determinante ad un impegno che si misurava innanzitutto con il lavoro quotidiano.

E qui Gigi mostrò il suo peculiare estremismo: era un uomo che credeva si dovessero fare davvero, le cose che si proclamavano giuste. In quell’incarico di preside che durò appena un anno attivò un doposcuola sperimentale che sconvolgeva l’organizzazione didattica, mise in discussione la comoda centralità del libro di testo, sostenne l’intollerabilità di un sistema di valutazione che ratificava le gerarchie sociali.

La battaglia che si scatenò intorno a queste “impazienti” innovazioni lo vide soccombente, ma fornì ulteriori motivazioni ad un impegno che si fece politico in senso più pieno. Fu per noi, per la generazione roveretana dei ventenni di allora, un leader il cui carisma stava principalmente nella serietà che si avvertiva standogli insieme, cercando insieme i percorsi di una politica che ci sembrava di poter costruire dal basso.

Il Manifesto, il Pdup, la loro faticosa ed effimera unificazione, l’intreccio tra lotte nella scuola e un sindacalismo di fabbrica che non era allora per noi un riferimento astratto, ma il vitalissimo laboratorio di una società nuova. In quel clima, nel 1974, Gigi capeggiò una lista del Pdup per il consiglio comunale di Rovereto che ebbe discreto successo e che lo portò in municipio dove rimase, come combattivo consigliere di opposizione fino al 1990.

Fu rieletto altre due volte, in liste diverse, come indipendente prima nel PSI e poi nel PCI, in coerenza con una concezione della sinistra alternativa, unitaria ma mai accomodante.

Nei suoi ruoli pubblici, anche nelle diverse forme del suo impegno successivo, Gigi Emiliani ha esercitato spesso una critica aspra, appena attenuata dalla correttezza dei modi e dal rispetto per le persone.

La straordinaria delicatezza del suo animo, l’umanità piena che ci è così presente mentre ne compiangiamo la scomparsa, si combinavano senza contrasto con la forza delle indignazioni e con la severità dei giudizi.

Fra le tante immagini care che si affollano oggi, non vogliamo dimenticare quelle del suo viso spesso arrossato dalla passione, nel denunciare l’intollerabilità delle ingiustizie e nel reclamare la nostra capacità di contrastarle.