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Minareti e coperchietti per dentifricio

Le assurdità del trasporto merci nelle zone alpine

In Svizzera non si fanno solo referendum razzisti, come quello sui minareti. Un ben tristo uso della democrazia diretta, che purtroppo in Sudtirolo è stato accolto con giubilo non solo dai partitini di estrema destra sudtirolesi, ma anche dal coordinatore del movimento della democrazia diretta, incredibilmente (per un abitante di una terra che vede la minoranza meglio tutelata del mondo) ignaro di quanto sia pericoloso e ingiusto far decidere con il principio di maggioranza sui diritti delle minoranze.

Se questo è l’inizio, ne vedremo delle belle, ora che il comune di Cortaccia ha approvato l’abbassamento del quorum referendario al 15% e che una buona parte dei comuni intende seguirne l’esempio. Era un bel colpo allo strapotere della Svp, subito dopo la bocciatura del referendum sul referendum, e uno schiaffo all’impero mediatico che la sostiene sfacciatamente. Ora la scelta di Cortaccia è purtroppo anche fonte di inquietudine.

Però in Svizzera vi è ben altro. Assai meno seguito dai mass media è la lotta popolare per l’attuazione del progetto, nato proprio da un referendum del 1994, di far transitare tutto il traffico di transito su rotaia, e di costruire per questo le infrastrutture necessarie. Il nuovo tunnel ferroviario del Lötschberg sta aumentando le sue quote di traffico. Ma per attuare il progetto approvato dal popolo, servono misure a favore del treno e limitazioni del traffico su strada. A chi vuole raddoppiare il traforo del Gottardo, si obietta che favorirebbe ancora il transito su strada.

Al centro per il traffico pesante di Ripshausen, all’imbocco del Gottardo, i Tir vengono controllati per verificare il rispetto delle normative. Un redattore della rivista Eco ha chiesto a 50 autisti che cosa portano: il risultato è sconsolante, perché si inquina e si distrugge una natura meravigliosa e un ambiente di vita per far transitare: pannolini, rotoli di plastica, carta igienica, pneumatici, margarina, granulato di caucciù, carta acrilica, mobili, automobili, cellulosa, tessili, feltro; dal Belgio in Italia Fiat Panda nuove di fabbrica (italiana); dalla Francia a Napoli quintali di coperchietti per dentifrici. Tutte merci che sarebbe meglio trasportare con il treno, per non parlare del 25% di vuoti. Gli abitanti del Cantone di Uri non accettano che le loro case e i loro prati siano distrutti dai pesanti camion che si incrociano, portando acqua minerale dal nord al sud e dal sud al nord, perché nell’Europa impoverita dalla crisi mondiale, ma sempre sprecona, si ritiene un diritto bere al nord acqua del sud e viceversa.

La lunga lotta degli elvetici per salvaguardare la loro terra dall’insensatezza dei trasporti non trova un paragone nella valle dell’Adige. Qui la ricca Autobrennero è scossa da lotte intestine, e le dimissioni dell’ex-potentissimo Willeit dalla presidenza delle due società figlie di A22 non si inquadrano in una lettura di avvenimenti che in qualche modo corrispondano a interessi pubblici comprensibili.

Eppure la mancanza ormai accertata di denaro per costruire le nuove vie di collegamento al traforo, salvaguardando l’abitabilità delle valli a sud di Fortezza, rende cinico da parte dei politici far proseguire gli scavi per il mega-tunnel del Brennero.

Sarebbe ora di decidere che cosa fare del denaro eventualmente a disposizione, anche messo in disparte dalla stessa Autobrennero, per migliorare la linea attuale e le opere di salvaguardia di chi vi abita vicino. Si deve riprendere a considerare la questione nei termini già da molto tempo posta dagli esperti indipendenti, e di recente raccomandata da un progetto di ricerca della UE: “borsa dei transiti” e “internalizzazione” dei costi, cioè far pagare ai trasporti il prezzo delle infrastrutture e dei danni ambientali e sociali. Ma soprattutto si deve cominciare a pretendere che i trasporti e le infrastrutture di comunicazione servano alla qualità di vita e non siano asserviti a un’economia nemica dell’umanità.

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