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Bond argentini: un dramma sociale

Marta Rossaro

La vicenda dei bond argentini ha assunto in Trentino dimensioni enormi. Sono 2.750 i trentini che hanno acquistato presso le Casse Rurali bond argentini. Per alcuni è stato un modo per aumentare ulteriormente una ricchezza già acquisita e consolidata. Per molti ha costituito lo strumento di "rifugio" per i risparmi di una vita.

Molti, troppi investitori si trovano oggi in enormi difficoltà economiche. Da problema "bancario" la vicenda dei bond argentini si è trasformata in un disastro socio-economico. Infatti quelle famiglie che per decenni hanno con enormi sacrifici messo da parte qualche risparmio percepiscono ora stipendi ai limiti della povertà per lo spaventoso incremento del costo della vita.

Fino ad oggi le Casse Rurali Trentine proprio perché "banche legate al territorio, di proprietà collettiva" erano sentite dalla comunità parte integrante della vita sociale in cui avere la massima fiducia.

Tutto questo è crollato e sarebbe augurabile che il governo provinciale ripristinasse con uno strumento legislativo quel rapporto di reciproca stima e certezza che ha sempre caratterizzato i clienti. Sono tre le sentenze che hanno obbligato le banche a restituire le somme investite in bond. La sentenza del Tribunale di Mantova del 18.03.2004 è certamente la più importante in quanto ha dichiarato la nullità del contratto di borsa volto all’acquisto di bond argentini. Il giudice ha stabilito che la banca avrebbe dovuto "fornire una completa informazione circa i rischi connessi a quella specifica operazione che il cliente intendeva porre in essere (obbligo imposto dall’art. 28 co. II del regolamento Consob n. 11522), informazione che, trattandosi di soggetto tenuto ad agire con la diligenza dell’operatore particolarmente qualificato (cfr. artt. 21 lett. a) d. lgs. 58/98, 26 lett. e) reg. Consob cit. e 1176 II co. c.c.) nell’ambito di un rapporto in cui gli è imposto di tutelare l’interesse dei clienti (v. artt. 5 e 21 lett. a) del d. lgs. 58/98, non senza dimenticare che la tutela del risparmio è addirittura imposta dall’art. 47 della Costituzione), necessariamente comprendeva l’indicazione, non generica, della natura altamente rischiosa dell’investimento operata dalle maggiori agenzie specializzate in materia, dovendosi ritenere, sotto tale profilo, che la banca sia obbligata a conoscere tali dati e, conseguentemente, a riferirli al cliente." Le Casse Rurali Trentine secondo la documentazione esaminata degli investitori rientrano certamente nella sentenza del Tribunale di Mantova perché non avrebbero rispettato gli articoli 21 (servizi di investimento) e 94 (sollecitazione all’investimento) del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Inoltre l’art. 47 della Costituzione Italiana (La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese) è stato calpestato e disatteso. Recentemente la Cassa Rurale di Rovereto ha pagato tre intere pagine per negare qualsiasi possibilità di rimborso agli investitori. Il presidente Diego Schelfi ha offerto "solidarietà" che in campo economico significa una presa in giro. E’ un dramma sociale più che un problema bancario quello dei bond argentini Cirio e Parmalat e come tale richiede misure che vanno al di là delle regole bancarie in un Trentino in cui le Casse Rurali hanno sempre avuto un ruolo determinante nel mantenimento della solidarietà del tessuto sociale.