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Inquinamento: lettera aperta al sindaco Pacher

Fulvio Flammini

Egregio Signor Sindaco, appartengo a quella schiera di persone pervasa da una visione romantica della politica fondata su valori ed ideali. Nella predominante cultura (globale come locale) del bipolarismo, a mio avviso dichiararsi di sinistra (o progressista) significa ancora rappresentare gli interessi dei gruppi sociali subalterni ed esclusi; affermare la propria identità di destra (o conservatrice) palesa le ragioni dell’economia liberista, della grande finanza, della ricchezza. Questo a prescindere da quanto la variabile moderata (o "centrista") riesca a contagiare i due opposti schieramenti. Sono conscio di come possa risultare modesto ridurre questa nobile arte alla dicotomia appena esposta e di ciò mi scuso anticipatamente con Lei. La semplificazione è dovuta a mere ragioni spazio-temporali.

Ma non credo sia questo l’argomento che possa dividerci, cioè le rappresentazioni materiali della politica, quanto il concetto stesso di politica intesa come scienza del governare.

Le decisioni che Ella, nell’esercizio dei Suoi poteri, ha di recente assunto in tema di misure antinquinamento per la città, dimostrano inequivocabilmente come Lei sia ben lungi da quella visione romantica della politica di cui accennavo in premessa.

Il Suo modo di amministrare mi riporta alla mente il discorso che il Manzoni fa pronunciare a Renzo Tramaglino nel suo romanzo: "Eh! caro il mio galantuomo! ho dovuto parlare con un po’ di politica, per non dire in pubblico i fatti miei …".

Non mi soffermerò ad argomentare sulle Sue contraddittorie scelte in materia ambientale, urbanistica, di viabilità del capoluogo tridentino; né mi cimenterò nel rammentarLe l’iniquità dell’ordinanza per ridurre i "livelli di inquinamento atmosferico"; e neanche mi tratterrò sui danni economici e sociali provocati dalle Sue scelte ad ampi settori della cittadinanza. Altri, prima di me, hanno dimostrato con grande rigore che esiste una vistosa incoerenza scientifica fra il Suo provvedimento "antinquinamento" e le Sue concezioni sulla tutela ambientale della città; che sussiste un’evidente inconciliabilità logica fra ciò che Lei afferma di salvaguardare e quali interessi effettivamente custodisce; che emerge una clamorosa antinomia fra le professate idee di governo municipale e la gestione quotidiana della res publica.

Il mio sommesso intento è quello di provare a dimostrare - nella brevità d’una lettera - come, mediante l’uso della politica in chiave manzoniana, si possano privare i cittadini di alcuni dei loro diritti costituzionalmente protetti, evocando la tutela (in realtà meramente teorica) di altri diritti, anch’essi di medesimo grado, ma di fatto platealmente disattesi o, per meglio dire, non garantiti nei fatti.

Non credo di poter essere smentito se affermo che il Suo provvedimento - teso a ridurre i livelli di inquinamento atmosferico della città - prenda implicitamente spunto dall’articolo 32, comma 1, della nostra Carta Costituzionale, la quale afferma che "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività". Dunque, la salute da un punto di vista individuale e soggettivo, disciplinata come "fondamentale diritto dell’individuo", e la salute dal lato sociale ed oggettivo, ordinata come "interesse della collettività".

Ciò, comunque, è stato indiscutibilmente assunto a pregiudizio di almeno tre altri diritti di rango costituzionale.

Il primo, qualificabile come principio supremo della nostra Carta fondamentale, dispone che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" (art. 3, comma 1). E’ palese che coloro i quali non posseggano un reddito sufficiente all’acquisto di una nuova autovettura, pur proprietari di altro veicolo regolarmente omologato, non "hanno pari dignità sociale", non "sono eguali davanti alla legge", siano discriminati per "condizioni personali e sociali".

Il secondo riguarda la libertà di circolazione ed il più generale diritto alla mobilità: "Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza" (art. 16, comma 1). Esso rientra nel titolo che tratta dei rapporti fra i cittadini e l’organizzazione dello Stato, definibile come catalogo delle libertà civili. E’ di tutta evidenza che l’impedimento dell’uso d’una particolare autovettura limiti la libera circolazione del cittadino.

Il terzo ed ultimo, pur non rientrando fra i cosiddetti diritti civili e quindi non inviolabile, riguarda la proprietà privata, la quale "è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti" (art. 42, comma 2). Esso è dunque riconosciuto come diritto solo se adempie ad una funzione sociale ed è notoriamente qualificato quale abile compromesso fra le diverse culture dei padri costituenti. Però, nel caso in questione, non sembra ravvisarsi la necessità di limitarne la portata "allo scopo di assicurarne la funzione sociale",ovvero "di renderla accessibile a tutti". Si tratta pur sempre d’un veicolo, non certo di un’area di pubblica utilità.

Da questa breve esposizione emergerebbe un contrasto fra regole di rango costituzionale che indurrebbe ad introdurre il complesso argomento della gerarchia di norme all’interno di una Costituzione "rigida" qual è quella italiana e quali scelte operare per determinarne un bilanciamento dei valori. La questione potrebbe essere demandata alla Corte Costituzionale che avrebbe tutti gli strumenti per risolvere il problema.

Ma io credo che, nel caso ivi trattato, non serva scomodare i giudici delle leggi. E’ ampiamente provato dalle rilevazioni scientifiche (vedasi la comparazione dei bollettini emessi dall’A.P.P.A. di Trento nel lungo periodo di divieto della circolazione per i veicoli classificati ante Euro 2 disposto ad inizio anno) che il Suo provvedimento non ha in alcun modo garantito quel preminente diritto costituzionale alla salute della cittadinanza di Trento, mentre è abbondantemente dimostrata dai fatti la compressione degli altri diritti appena enunciati, a scapito di una larga parte della società civile meno facoltosa.

Un "governatore" locale, finanche una personalità prestigiosa come la Sua, che mette in discussione i sacri principi della legge fondamentale dello Stato mediante un atto amministrativo non merita la fiducia dei cittadini. Non me ne voglia se non La voterò.

Cordialmente.

Fulvio Flammini
Sindacalista CGIL Trasporti